Secondo
ciclo
Anno
liturgico C (2006-2007)
Tempo
di Natale
Maria ss. Madre di
Dio
(1 gennaio
2007)
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Nm 6,22-27; sal 66;
Gal 4,4-7; Lc 2,16-21
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Nel calendario
liturgico, l’ottavo giorno dopo il Natale del Signore fu consacrato a onorare
la Vergine Maria, Madre di Dio. A partire dal 1969, l’antica festività di
“Maria Santissima Madre di Dio” venne ripristinata in tutta la sua solennità il
1° gennaio, con la chiesa che continua a sottolineare la verità e la veridicità
dell’incarnazione del Figlio di Dio, Salvatore, ricordando, da una parte, la
gloria della madre nella sua divina maternità, ‘madre del Cristo e di tutta la
chiesa’, come recita la preghiera dopo la comunione espressamente voluta da
papa Paolo VI e, dall’altra, il rito della circoncisione e dell’imposizione del
nome al bambino nell’ottavo giorno. Consacrando poi la giornata
all’intercessione per la pace, la chiesa annunzia al mondo che in Cristo è
fatta pace tra cielo e terra e che la pace tra gli uomini ne è come il
riverbero, lo splendore di benedizione.
Con lei, la
Vergine Madre, che ha dato alla luce il Salvatore, si è compiuta in tutta la
sua estensione l’antica benedizione di Israele: “Ti benedica il Signore e ti
protegga…”. Come devono risplendere gli occhi di Dio guardando questa sua umile
ancella! Dante, nell’ultimo canto del Paradiso, dopo aver innalzato una lode
sublime alla Regina del cielo, di lei dice: “Gli occhi da Dio diletti e
venerati …”. Chi ha provato l’estasi di uno sguardo amoroso sa a quale intimità
si allude, quale ‘benedizione’ si riceve e quale gioia ciò procura. Il mistero
grande è il fatto che anche Dio è rapito dallo splendore dello sguardo della
Vergine tanto è puro e sconfinato, specchio limpidissimo dell’amore di Dio per
lei e per tutta l’umanità. Sì, perché la bellezza della Vergine è in funzione
della bellezza, resa visibile, del Figlio Unigenito, nostro Salvatore, il cui
amore per noi lo renderà disposto a perdere ogni ‘bellezza d’uomo’ per ridare a
noi quella bellezza che attira il suo sguardo. In questo sguardo di Dio su di
lei si concentra tutto il senso della sua intercessione allo scopo di ottenerci
la suprema benedizione che si risolve nel voler vedere Dio, vedere il volto di
Dio che risplende su di noi.
‘Il nome di Dio
è ormai posto su di noi’: non c’è più motivo di paura e se la paura non fa più
presa sui cuori, allora vengono meno anche la violenza e l’ingiustizia che di
quella paura sono gli strumenti di offesa per autodifesa. Quel nome di Dio, pur
nel suo mistero, ha un volto, risponde a un nome che è stato scelto umanamente,
anche se dietro suggerimento angelico, che definisce il figlio della Vergine
Maria, Gesù. Quel ‘Gesù’, che ora adoriamo bambino nella stalla di
Betlemme – questa è la bella notizia per
il mondo intero! – è ormai la benedizione e la protezione di Dio per gli
uomini, è il volto di Dio che risplende benevolo e misericordioso, è il sigillo
della pace di Dio sugli uomini, come la solenne preghiera di benedizione
israelita profetizzava: “Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore
faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su
di te il suo volto e ti conceda pace”. Ora possiamo vedere che il Signore ha
effettivamente benedetto, ha rivolto il suo volto e ci ha concesso la sua pace.
È un bambino ‘nato da donna’, a sottolineare che è veramente figlio,
contemporaneamente suo e del Padre, motivo per cui coloro che come tale lo
riconosceranno, a loro volta saranno chiamati figli di Dio. Ma chi sono coloro
che sono chiamati figli di Dio? Coloro che lo Spirito Santo guida, coloro che
lo Spirito Santo governa, coloro che in forza di quello Spirito saranno
operatori di pace (‘beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli
di Dio’). Nella lettera ai Galati s. Paolo scrive: “… Dio ha mandato nei nostri
cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più
schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio”. Operare
la pace da figli, non da schiavi! Non schiavi di nessuno e di nessuna
ideologia, non schiavi per comodo o per paura, non schiavi di beni, esteriori o
interiori, che non procedano da quell’unico Bene, che è Cristo stesso, pace di
Dio, il cui godimento sorpassa ogni intelligenza e custodisce cuori e pensieri
(cfr. Fil 4,7). Anche la pace si può cercare da schiavi. Favorirà violenze
ancora più terribili, non custodendo la dignità di nessuno. La pace che viene
da Dio non tollera mascheramenti o ambiguità, perché porterà tutti a
riconoscere la stessa dignità condivisa che deriva dall’unico Padre, l’unico
che è Giusto perché Misericordioso. Il Figlio, Gesù, che fa risplendere il suo
volto tra gli uomini, ha fatto vedere come sia possibile declinare la pace di
Dio nella storia degli uomini. Coloro che vogliono vivere e gustare la sua
eredità non hanno che da seguirlo e, a loro volta, far risplendere il suo volto
tra gli uomini: è il dono più bello che possono regalare ai loro fratelli, come
la Vergine che, dandoci il Verbo di Dio, ha fatto il regalo più bello
all’umanità. Così la preghiera non può che essere quella della colletta: “
Padre buono che in Maria, vergine e madre, benedetta fra tutte le donne, hai
stabilito la dimora del tuo Verbo fatto uomo tra noi, donaci il tuo Spirito,
perché tutta la nostra vita nel segno della tua benedizione si renda
disponibile ad accogliere il tuo dono”, cioè la pace del tuo Cristo e nulla
resti fuori.