Secondo
ciclo
Anno
liturgico C (2006-2007)
Tempo
di Natale
Battesimo del
Signore
(7 gennaio
2007)
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Is 40,1-11; Tt 2,11-14; 3,4-7; Lc 3,15-22
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Con la festa del
battesimo di Gesù si chiude il ciclo natalizio. L’Avvento si era aperto con
l’invocazione del profeta Isaia: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is
63,19). I cieli si sono effettivamente squarciati lasciando ‘piovere il
Giusto’, come oggi la scena del
Battesimo di Gesù fa intravedere: “Quando tutto il popolo fu battezzato e
mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si
aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba,
e vi fu una voce dal cielo: “Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono
compiaciuto”. I cieli che si aprono non preludono ad una visione del mondo
celeste, ma alla discesa sulla terra dei beni divini, beni che dovevano
caratterizzare il popolo di Dio dell’era messianica ed il cui bene principale è
proprio lo Spirito Santo, effuso su tutti, attraverso quel Figlio che lo
possiede in pienezza. Così il simbolismo della colomba allude al carattere
escatologico della visione che indica in Gesù il Messia e il punto di partenza
della comunità messianica. Ricorda la colomba del Cantico dei Cantici, sposa di
Yahvé e Giovanni Battista potrà poi esclamare: “Chi possiede la sposa è la
sposo; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla
voce dello sposo” (Gv 3,29). Vedendo lo Spirito discendere su Gesù sotto forma
di colomba (è soltanto il Battista che vede, la gente ode solo la voce!)
comprende che Gesù aveva la missione di far apparire la ‘colomba’, cioè il
nuovo popolo di Dio animato dallo Spirito Santo.
Noi preghiamo
che il Signore si degni squarciare i nostri cuori perché anche a noi appaia,
finalmente, in tutta la Sua bellezza, il volto del Figlio di Dio, testimone
supremo dell’amore di Dio per gli uomini. E come dice Paolo a Tito
“…nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del
nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo”, noi aspettiamo la manifestazione
del Signore al nostro cuore in ogni circostanza della nostra vita, in ogni
azione e non soltanto alla fine della vita. Come se pregassimo: “fa’ che
possiamo vedere il volto del tuo Figlio, fa’ che il nostro cuore sia rapito
dalla Sua bellezza, apri il nostro cuore alle Sue parole perché venga rivelato
al nostro cuore il Suo amore e possiamo venire risanati, facci fare
l’esperienza viva del Suo perdono perché possiamo vivere un corpo solo e
un’anima sola con tutti, nel suo Spirito, ormai popolo nuovo”.
Al momento del
battesimo di Gesù gli astanti sentono solo la voce: “Tu sei il Figlio mio
prediletto, in te mi sono compiaciuto”. E’ la funzione della parola di Dio che
dà testimonianza al Figlio, come dirà lo stesso Gesù: “Voi scrutate le
Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse
che mi rendono testimonianza” (Gv 5,39). E la testimonianza sta tutta in quel
‘Figlio prediletto’ da scoprire, da accogliere, da incontrare, da incollarvisi.
Ci sono altri due passi nelle Scritture dove si parla di ‘figlio prediletto’: a
proposito del figlio di Abramo, Isacco, in Gen 22,2, quando Dio chiede ad
Abramo il sacrificio del figlio prediletto; e ancora, nella parabola dei
vignaioli assassini, in Mc 12,6, quando il padrone della vigna pensa al suo figlio
prediletto da mandare ai vignaioli che non vogliono consegnare il raccolto e
che poi lo mettono a morte. Se quell’aggettivo ‘prediletto’ rivela la
radicalità della fede di Abramo che davanti al suo Dio accetta di sacrificare
il suo cuore, rivela a maggior ragione la radicalità dell’amore di Dio per
l’umanità essendo disposto a mandare il suo Figlio a coloro che ne faranno
scempio. Ma i pensieri del Signore sovrastano i nostri pensieri …. L’aggiunta
“in te mi sono compiaciuto” rivela tutta la profondità del mistero. Si può
tradurre: ‘in te il mio Amore è perfetto’, nel senso che tutto l’Amore del
Padre è per il Figlio e tutto l’Amore del Figlio è per il Padre. ‘In te’, però,
non è più solo rivolto al Figlio nella sua divinità, ma al Figlio, Dio fatto
uomo. In quel Figlio, Dio-uomo, l’Amore del Padre è perfetto perché in Lui si
può contemplare tutta l’estensione e la
profondità di quell’Amore che realizza compiutamente il suo sogno sulla
creazione e sull’umanità. Così, in quel ‘perfetto’ è già compreso anche tutto
quello che la nostra umanità, unita a quella del Signore Gesù, compirà (cfr.
Col 1,24-29). Ma si può anche tradurre: ‘in te la mia volontà si compie,
perfetta’. E la volontà di Dio non è che l’amore per l’uomo ed in Gesù questo
amore risplende nella sua radicalità e totalità. E se noi stiamo in Cristo,
allora anche in noi la volontà del Padre si compie, perfetta, perché anche in
noi il Suo amore risplenderà. E questo risplendere del suo amore non deriva
forse dall’essere mossi e guidati dallo Spirito di cui Gesù è ricolmo e che ci
ha effuso nella Pentecoste? Come s. Francesco dice della perfezione o della
santità: “ciò che devono desiderare
sopra ogni cosa è di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione”.