Secondo
ciclo
Anno
liturgico B (2005-2006)
Tempo
di Quaresima
Domenica delle
Palme
(9 aprile
2006)
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Vangelo
dell'ingresso a Gerusalemme: Mc 11,1-10
Is 50,4-7; Sal21;
Fil 2,6-11; Mc 14,1-15,47
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La liturgia
della domenica delle palme si compone di due momenti ben distinti: con la
processione accompagniamo festosi l'ingresso di Gesù in Gerusalemme e con la
lettura solenne della passione del Signore entriamo, commossi, nel mistero
dell'Ora del Figlio dell'uomo, 'dato per noi'.
Due diversi
ritornelli scandiscono i due momenti:
1) 'Benedetto
colui che viene nel nome del Signore ...'
2) 'Per noi
Cristo si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce'.
L'acclamazione
della folla che accompagna la discesa trionfante di Gesù a Gerusalemme è la
stessa che ogni giorno cantiamo nel Sanctus della Messa. Dopo esserci uniti al
canto degli angeli secondo le parole del profeta Isaia 6,3 : "Santo,
santo, santo il Signore Dio dell'universo ...", aggiungiamo le nostre voci
a quelle di tutti coloro che dall'ingresso di Gesù in Gerusalemme riconoscono e
benedicono in Colui che viene (nella celebrazione eucaristica, sotto il segno
del pane e del vino) il Figlio di Davide, il compimento di tutte le promesse,
il 'Dio con noi' finalmente svelato nel suo Volto. Durante la processione viene
cantato il salmo 23: " ... alzatevi, porte antiche ed entri il re della
gloria. Chi è questo re della gloria? Il Signore forte e potente, il Signore
potente in battaglia". Il nostro re della gloria è il Signore crocifisso,
quello sopra il cui capo, come si può notare in molte raffigurazioni antiche
del Crocifisso, viene riportato non l'iscrizione di condanna I.N.R.I, ma il
titolo 're della gloria'. La forza e potenza di questo re della gloria stanno
tutte nello sconfinato amore per noi, rivelazione dell'amore del Padre per i
suoi figli, amore che non teme la battaglia contro il principe di questo mondo
perché sa che è proprio da questa battaglia che risulterà in tutto il suo
splendore l'amore di Dio per l'uomo che tutto redime e salva. Alzino allora i
nostri cuori le loro porte, lascino entrare questo re della gloria, il 'loro'
re della gloria!
Ciò che colpisce
è la solitudine di Gesù nel quale si concentra tutto il mistero nel suo peso e
nel suo splendore. Questa solitudine comincia con l'ingresso trionfale in
Gerusalemme. Gesù aveva da poco resuscitato Lazzaro; il prodigio aveva
suscitato l'entusiasmo della gente e l'illusione di vedere finalmente
realizzati i propri sogni messianici. Nessuno si accorge però di quello che in
realtà sta avvenendo. L'evangelista lo fa rimarcare, ma come da fuori campo: la
risurrezione di Lazzaro ha scatenato gli eventi della passione di Gesù, alla
quale volontariamente si consegna. Di ciò Gesù è consapevole, ma Lui solo. E la
liturgia, mentre commemora gli eventi della passione del Signore, ci invita ad
accompagnarlo, suggerendoci le porte di accesso per la loro comprensione.
È singolare che
nel rito ambrosiano la liturgia della domenica delle Palme comporti due
celebrazioni distinte: la messa dell'ingresso trionfale e la messa del giorno
con il brano del servo sofferente di Isaia ed il vangelo dell'unzione a Betania
di Maria. A Betania l'ammirazione per Gesù domina la scena; nessuno si avvede
ancora di ciò che si va preparando. Soltanto una donna, nella tenerezza del suo
amore, intuisce il mistero di Gesù. Spezzare quel vasetto di unguento assai
prezioso (se la stima di Giuda è realistica, il costo ammonterebbe più o meno
allo stipendio di un anno per un operaio), ungere i piedi di Gesù e asciugarli
con i suoi capelli finché tutto in quella casa senta di quel profumo, risponde
al desiderio di accompagnare Gesù nella sua solitudine. Quel profumo rivela la
morte imminente, che nessuno è pronto ad accettare, ma anche tutto l'amore che
quella morte significa ed esprime, tutto l'amore che quel corpo 'dato per noi'
significa ed esprime.
I Padri antichi
hanno visto in quel profumo versato su Gesù il pentimento dei nostri cuori,
pentimento che si allarga ed impregna tutto perché l'amore che Gesù ha
testimoniato con la sua passione non resti estraneo a niente di noi e perché
niente di noi resista a tale amore. Quando s. Paolo, rivolgendosi ai suoi
fedeli, li chiama 'profumo di Cristo', allude proprio a questa tenerezza che ha
conquistato il cuore - così si può chiamare il pentimento per i nostri peccati
- e che, riversandosi sul mondo, lo potrà conquistare perché tutto ormai parla
dell'amore di Dio.
La liturgia,
conclusa la processione, cambia registro. Invita alla compassione, alla
compagnia, amorosa e partecipante, con l'uomo dei dolori, con l'uomo umiliato e
obbediente, vilipeso e condannato, dato per noi perché noi avessimo la vita. Il
senso della lettura della passione, celebrata in forma solenne, è proprio
quello di introdurci nel mistero di Colui che viene, umiliato e obbediente fino
alla morte e alla morte di croce, suscitandoci sentimenti di intima compassione
e di riverente amore, sentimenti che ci accompagneranno lungo tutti i riti
della settimana santa.
Quando la
colletta ci propone Gesù come modello intende sì porci davanti agli occhi il
Gesù fatto uomo e umiliato, e fino a che punto umiliato!, ma non per suggerirci
un modello di umanità sofferente. Gesù resta modello perché se vogliamo
realizzare la nostra vocazione all’umanità, se vogliamo vivere la nostra
umanità in tutta l’estensione della sua potenzialità, non possiamo non rifarci
a Lui che di questa umanità ha svelato tutta la bellezza nel suo stare fedele
in comunione con Dio, dalla parte degli uomini ed in comunione con gli uomini,
dalla parte di Dio. E la sua bellezza traspare proprio nel momento in cui,
sfigurato dal dolore e calpestato, non rinnega l’alleanza di Dio ed apre, per
lui e per tutti, la promessa di una vita inattaccabile dalla morte. Ed è la sua
bellezza a generare speranza, quella di cui il mondo oggi, come sempre, ha
tremendamente ed urgentemente bisogno.