Secondo ciclo

Anno liturgico B (2005-2006)

Tempo di Pasqua

 

5a Domenica

(14 maggio 2006)

 

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At 9,26-31; Sal 21; 1Gv 3,18-24; Gv 15,1-8

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La vite è l’immagine di riferimento del capitolo 15 di Giovanni, brano che viene letto oggi e domenica prossima. Le parole di Gesù sono tratte dal suo lungo discorso all’ultima cena. Aveva appena lavato i piedi agli apostoli, aveva rivelato loro l’imminente tradimento, aveva conversato sulla rivelazione del Padre e sull’invio dello Spirito Consolatore. Con l’immagine della vite mostra agli apostoli la profondità del legame che li unisce e offre una chiave di lettura del mistero della vita sua e della sua persona, indicando contemporaneamente a quale ‘dignità’ di vita chiama i suoi discepoli.

Due elementi strutturano tutto il capitolo: il tono confidenziale con cui Gesù parla e la particella ‘come’ che ritorna più volte nel discorso a sottolineare la dimensione di una radice dall’alto, la natura di un mistero che, immensamente più grande di noi, ci ingloba però nella sua realtà. Lasciamo l’analisi della particella ‘come’ alla prossima domenica, perché appartiene al testo che segue il brano di oggi.

Le parole di Gesù attorno all’immagine della vite (lui è la vite, noi i tralci…) non sono una semplice esortazione, quasi Gesù ci supplicasse, nel suo amore per noi e consapevole delle prove che si abbatteranno sui suoi, a restare uniti a lui. Sono una confidenza, la comunicazione di un segreto che i discepoli comprenderanno nel suo significato e nella sua portata solo più tardi, ma di cui incominciano a percepire di essere i fruitori proprio dal tono, estremamente confidenziale, con cui Gesù parla loro. Loro sono i destinatari di un’offerta incredibile, di una ‘gratuità d’amore’ assolutamente immeritata. In quella offerta si riassume tutta l’alleanza di Dio con il popolo d’Israele, tutta la rivelazione di Dio all’uomo, tutta la verità della salvezza che il Signore guadagna al suo popolo. Con quanta fatica, purtroppo, nelle parole della Scrittura, riusciamo a percepire la persona e il cuore che le pronunciano e l’amore con cui le pronunciano.

In quel tono, le parole di Gesù acquistano ben altre sfumature. Parla anzitutto di potatura, un’operazione del tutto naturale per un viticultore perché la vite faccia frutti abbondanti. Riferita ale persone, che cos’è una potatura? In greco, potare, purificare, essere puro o mondo, sono significati che si rapportano ad una stessa radice. Illuminante la spiegazione di Gesù: “Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato”. E’ la parola di Gesù che ha il potere di rendere puri. Che significa? Accogliere la parola di Gesù significa accogliere la rivelazione del mistero della sua persona, manifestazione dell’amore di Dio per l’uomo che lo vuole in comunione con sé perché possa vivere in verità la sua vocazione all’umanità. Gli apostoli incominciano a comprendere che in Gesù sta il segreto di Dio per l’uomo e, nello stesso tempo, il segreto del loro cuore che anela a Dio. Il segreto di Dio ha sempre a che fare con la vocazione dell’uomo. In effetti, parlando della vite, della potatura della vite, il discorso cade evidentemente sul frutto che la vite dà nei tralci che da lei prendono vigore. Ma qual è il frutto? Si vedrà meglio nel seguito del brano che verrà letto domenica prossima, ma già si intravede da oggi. Il frutto è che il Padre sia glorificato, cioè che l’amore tra gli uomini risplenda a tal punto da rivelarlo Padre di tutti. Gesù è Colui che rivela il mistero di Dio in tutta la sua bellezza per l’amore agli uomini che lo divora, fedele in questo all’amore del Padre fino alla fine sia all’amore del Padre che in Lui aveva posto tutto il suo compiacimento e all’amore per il Padre nella fedeltà alla sua volontà di benevolenza per gli uomini. Partecipare a tutta la bellezza di quell’amore significa ‘dimorare’ in Gesù, come l’immagine della vite sottolinea. E si dimora quando non si attingono altrove motivazioni di vita e di azione, in nessuna circostanza.

Il portar frutto allude anche alla comprensione, all’intelligenza delle Scritture che vengono colte nella loro capacità di rivelare al nostro cuore il mistero di Dio nella sua volontà di salvezza per l’uomo. Il segreto delle Scritture è il segreto di Dio, che ha sempre a che fare con la vocazione dell’uomo, come sopra dicevo. E il frutto per l’uomo sta proprio nel vivere secondo quel segreto, nella potenza che quel segreto comunica. Non si tratta tanto di venire a conoscenza di qualche dato di verità, ma di venir sopraffatti dalla rivelazione di un segreto che ti comunica un’esperienza, che ti abilita a un’esperienza, capace per sua stessa natura, data la sua radice dall’alto, di indirizzarsi a tutti, di condividerla a tutti.