Secondo
ciclo
Anno
liturgico B (2005-2006)
Tempo
Ordinario
4a Domenica
(29 gennaio
2006)
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Dt 18,15-20;
sal 94; 1Cor 7,32-35; Mc 1,21-28
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Il canto al
vangelo ci introduce al tipo di esperienza a cui oggi la liturgia invita: “Un
grande profeta è sorto tra noi: Dio ha visitato il suo popolo” (Lc 7,16). Gesù
è presentato come ‘il profeta’, preannunciato, che parla con autorità e che ha
potere sui demoni. Dio aveva promesso di inviare profeti al suo popolo perché
parlassero a nome suo (vedi la prima lettura del Deuteronomio) ma la promessa
era formulata in termini così densi da far pensare, dentro la stessa tradizione
ebraica, alla figura di ‘un profeta speciale’, ad un personaggio che sarebbe
passato come ‘il profeta’ inviato da Dio. L’affermazione del canto al vangelo è
il commento stupefatto di coloro che avevano assistito al miracolo di Gesù
allorquando risuscita un morto, il figlio della vedova di Nain. Nell’Antico
Testamento solo di due profeti si dice che abbiano risuscitato morti, di Elia e
del suo discepolo Eliseo. Attribuendo a Gesù l’aggettivo ‘grande’,
l’evangelista vuole presentarlo come colui che costituisce davvero ‘il profeta’
e la sua grandezza appare, non tanto nel fatto che ha il potere di risuscitare
i morti, come i suoi due grandi predecessori, ma nel fatto che quel potere,
datogli da Dio, testimonia la ‘visita’ di Dio al suo popolo, visita che esprime
tutta l’accondiscendenza di Dio al suo popolo, tutto l’amore di Dio al suo
popolo, tutta la rivelazione di Sé al suo popolo. Quel ‘Dio ha visitato il suo
popolo’ corrisponde all’espressione giovannea ‘Dio ha posto la sua tenda’ (Gv
1,14), tenda nella quale risplende tutta la gloria di Dio, tutto il suo mistero
di grazia e di verità a favore dell’uomo. Quando i vangeli parlano di Gesù come
profeta alludono alla densità di questa realtà.
L’evangelista
Marco allude a quella realtà sottolineando che Gesù ‘parla con autorità’ e ‘ha
potere sui demoni’. E’ tipicamente l’autorità non di chi parla a nome proprio,
per quanto grande sia, ma l’autorità di chi ha tutto il potere e la capacità di
svelare il volto di Dio, di rivelare i segreti di Dio. Proprio come dice
Giovanni: “Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel
seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1,18). Ha potere sui demoni nel senso
di sottrarre alla loro influenza gli uomini e di rimetterli nella luce di Dio.
In questo si rivela il suo potere di ‘guarigione’, che porterà alla rivelazione
del suo potere di rimettere i peccati, come descriverà Marco nell’episodio
della guarigione del paralitico (Mc 2). Potere, che svelerà definitivamente, in
lui, come Dio si sia appressato all’uomo, come Dio ami gli uomini di un amore
tanto grande e quale sia ‘la verità e la grazia’ da parte di Dio a favore
dell’uomo.
Ma allora perché
Gesù, di fronte al riconoscimento della sua ‘grandezza’ da parte dei demoni,
ingiunge a questi con forza di tacere? Perché gli uomini che vedevano Gesù
agire in tal modo non avrebbero potuto far tesoro di quanto i demoni
dichiaravano tanto apertamente tramite i loro ‘posseduti’? L’uomo della
sinagoga di Cafarnao dichiara: “io so chi tu sei: il santo di Dio” (Mc 1,24);
“tu sei il Figlio di Dio” (Mc 3,11) dicevano gli spiriti immondi; l’indemoniato
di Gerasa, in terra pagana: “Gesù, Figlio del Dio Altissimo” (Mc 5,7). Le
dichiarazioni suonavano forse come un principio di tentazione per Gesù, come
quando era stato tentato nel deserto, da rifiutarle in modo così perentorio?
Nonostante le spiegazioni esegetiche che si possono addurre, la cosa risulta
misteriosa. Dopo il capitolo quinto, Marco narra ancora miracoli e guarigioni,
ma i demoni non parlano più. E sarà Gesù a subire, in un certo senso, l’attacco
dei demoni, ma proprio quell’attacco (la sua passione e morte) svelerà al mondo
intero il Suo segreto: Dio ama gli uomini a tal punto, l’amore Suo risplende a
tal punto e tocca gli uomini a tal punto da sanarne le radici, da rinnovarli
come figli di Dio, non più schiavi dei demoni, ormai vinti. La vittoria di Dio,
però, non corrisponde a quanto gli uomini si sarebbero sognati e forse per
questo Gesù, fin tanto che non ha mostrato fino in fondo quale fosse la via di
Dio, non ha voluto ‘riconoscimenti’ di sorta.
Un altro
particolare è denso di significati. Presentare Gesù come profeta, come colui
che ha autorità e potere sui demoni, allude al mistero dell’intimità tra Lui e
il Padre. Sul Tabor, al momento della trasfigurazione, la voce dalla nube
dichiara: “Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!” (Mc 9,7). Gesù
introduce poco a poco i suoi ascoltatori a questo suo segreto, nel quale tutta
la Scrittura si riassume e mostra la sua potenza. Ascoltare le parole di quel
profeta significa intuire e percepire quel segreto di intimità con il Padre che
tanto ama il mondo da mandare il suo Figlio, tanto che in ogni parola da lui
pronunciata, in ogni azione da lui compiuta, si apre l’accesso all’intimità da
lui goduta. Dire che Gesù ha il potere di guarirci, di scacciare dal nostro
cuore i demoni equivale a illustrare il mistero dell’accondiscendenza di Dio
per gli uomini da farli partecipi dei suoi segreti, da condividere con loro la
gioia del suo amore.