Secondo
ciclo
Anno
liturgico B (2005-2006)
Tempo
Ordinario
26a Domenica
(1 ottobre
2006)
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Nm
11,25-29; sal 18; Gc 5,1-6;
Mc 9,38-48
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Il tema della
liturgia è sempre lo stesso: scoprire i misteri del Regno. E come sempre emerge
la diversità di approccio del Maestro e dei discepoli. L’uno annuncia la sua
passione, gli altri discutono delle loro ambizioni; l’uno favorisce l’opera di
Dio, ovunque possa manifestarsi, gli altri vorrebbero avocare a sé i diritti di
Dio; l’uno agisce in vista del Regno, gli altri vorrebbero il regno in questo
mondo.
Dopo l’annuncio
della passione risulta chiaro che il destino del Maestro sarà il destino dei
discepoli, l’eredità del Maestro costituirà l’eredità dei discepoli. Ma destino
e eredità non sono facilmente accoglibili dall’uomo; occorre il dono dello
Spirito, che sarà effuso proprio dalla croce con la testimonianza dell’amore di
Dio per gli uomini da parte del Signore Gesù. In questa ottica la prima lettura
tratta dal libro dei Numeri, con l’episodio del dono dello Spirito ai settanta
anziani e ai due uomini rimasti nell’accampamento, Eldad e Medad, non va vista
solo a conferma dell’atteggiamento di Gesù che non vuole venga impedita
l’azione di Dio dovunque si manifesti, a differenza dei discepoli che
vorrebbero invece limitarla al loro gruppo (“Chi non è contro di noi è per
noi”). Va vista in rapporto alla necessità dell’effusione dello Spirito per
accedere ai misteri del Regno. Mosè non può essere geloso della visita di Dio
perché se Dio visita è appunto per attrarre tutti a Sé; così i discepoli non
possono essere gelosi del dono dello Spirito perché quel dono è dato proprio
perché tutti entrino nei misteri di Dio.
C’è però una
condizione. Se i discepoli, invece di cercare i misteri di Dio, si abbandonano
alle loro ambizioni e rivalità, allora non potranno accedere ai misteri del
Regno e tratteranno tutto e tutti in base a quelle ambizioni e molti ne
soffriranno. Ma guai a coloro che saranno causa di queste sofferenze: “Chi
scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si
metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare”. Siccome i misteri
del Regno sono l’eredità di tutti e sono la cosa più preziosa che un cuore può
mai desiderare da parte di Dio, allora ostacolare, danneggiare, rovinare tale
eredità è quanto mai terribile; comporta l’esclusione dal godimento di quella
stessa eredità con la corrispondente perdita di senso della vita.
Per questo Gesù
è durissimo nel replicare loro, come precedentemente aveva fatto con Pietro:
“Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita
monco, che con due mani andare nella Geenna… Se il tuo piede ti scandalizza,
taglialo… Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel
regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna…”.
Cosa significa? Se la passione per il Regno non conquista il cuore, tutto
risulterà vano. Se l’amore del Regno non prevarrà, sarà inevitabile vivere e
far vivere nella sofferenza. Che senso potranno avere allora quelle tormentose
sofferenze se impediscono la via della vita? È tutto il dramma dell’uomo.
L’avvertimento di Gesù è dunque chiaro: taglia, rinuncia a qualsiasi cosa che
contrasti o rinneghi la via della vita. Il che equivale a dire: primo, rinuncia
a tutto ciò che ti impedisce di accogliere la dinamica di vita che porta il
Signore Gesù con il suo far conoscere lo splendore dell’amore di Dio per
l’uomo; secondo, non puoi riuscire in tale rinuncia se non ti è mai apparsa
nella sua bellezza la testimonianza sua rispetto all’amore di Dio per l’uomo
che colma ogni desiderio.
I misteri del
Regno sono i misteri della conoscenza del Signore Gesù. Il capitolo 9 di Marco
termina con queste parole che riassumono tutto il senso della pericope:
“Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri”. Come a
dire: se vi lascerete convincere a percepire i misteri del Regno come tesoro
del vostro cuore e rinuncerete (‘sale’ come rinuncia) a ogni forma di ambizione
e rivalità, potrete godere la pace tra voi come sigillo dell’opera di Dio in
voi e come frutto del dono dello Spirito Santo. E io aggiungerei anche: come
godimento dell’esperienza della conoscenza del vostro Maestro che per voi è
venuto, ha patito, è morto ed è risuscitato. La sua venuta è così vera che, per
i discepoli vale il detto: chi tocca un uomo, tocca Dio, mentre per coloro che
ancora non credono in Lui vale la ricompensa: chi dà a un discepolo di Cristo,
dà a Cristo.