Secondo
ciclo
Anno
liturgico B (2005-2006)
Tempo
Ordinario
25a Domenica
(24 settembre
2006)
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Sap
2,17-20; sal 53; Gc 3,16-4,3; Mc 9,30-37
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Il canto al
vangelo fornisce la prospettiva appropriata per cogliere il senso del brano
evangelico di oggi: “Benedetto sei tu, Padre, Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del regno dei cieli” (Mt 11,25). Due i
punti da tener presenti. Primo, l’intelligenza delle Scritture avviene per
rivelazione e non per semplice comprensione. Secondo, con la rivelazione sgorga
la benedizione, che assume due direzioni: una benedizione dall’alto, da Dio al
cuore e una benedizione dal basso, dal cuore a Dio. Ora, la rivelazione
consiste nell’essere messi a parte dei segreti di Dio, che sono appunto i
misteri del regno dei cieli. Lo dichiara a chiare lettere la prima lettura,
presa dal capitolo secondo del libro della Sapienza, che introduce il discorso
degli empi con queste parole: “Dicono fra loro sragionando…” e lo conclude con
queste altre: “Non conoscono i segreti di Dio”. Ma i segreti di Dio sono
appunto i misteri del regno dei cieli, come dice il vangelo.
Il brano di oggi
ripresenta per la seconda volta l’insegnamento (‘istruiva infatti i suoi
discepoli’) di Gesù sulla sua passione. Per tre volte Marco riporta la parola
di Gesù sulla sua passione (cfr Mc 8,31; 9,31; 10,32) e tutte e tre le volte
Gesù accompagna la sua ‘predizione’ con una istruzione particolare. La
‘rivelazione’ non va colta solo in rapporto al fatto che Gesù parla della sua
passione, cosa che evidentemente usciva dagli schemi mentali dei discepoli, ma
anche in rapporto all’istruzione che l’accompagna. Il primo annuncio della
passione comporta il rimprovero a Pietro: “Lungi da me, satana! Perché tu non
pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Pietro aveva pensato: no, così no!
Non può essere! E si sente dire: vienimi dietro, se no non vedrai il mio volto!
Il secondo comporta il rimprovero ai discepoli che discutevano chi fra loro
fosse il più grande. Il terzo invece comporta il rimprovero a Giacomo e
Giovanni che avrebbero voluto sedere a destra e a sinistra del suo trono nella
gloria. Mentre Gesù annuncia il suo destino in Dio, gli uomini sono alle prese
con un’incapacità di comprendere perché vogliono essere grandi e avere gloria.
L’annuncio della passione rivela quanto i segreti di Dio siano lontani dalla
mente degli uomini, eppur così essenziali alla vita dei loro cuori.
Analizziamo più
in dettaglio il secondo annuncio, quello del brano odierno. L’incomprensione
dei discepoli è svelata proprio dall’oggetto del loro discutere (in effetti,
non si tratta semplicemente del loro parlarsi, ma della contesa della discussione,
come esprime il verbo che usa Gesù quando fa loro la domanda): “Per la via
infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande”. Gesù non rimprovera
direttamente il loro desiderio di grandezza; si limita ad indicare la via di
grandezza gradita a Dio: “Se uno vuol essere il primo, sia l' ultimo di tutti e
il servo di tutti". E poi, prendendo un bambino, aggiunge: “Chi accoglie
uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie
me, ma colui che mi ha mandato”. Voler essere il primo significa voler essere
come Colui che è il Primo (“Io vi dico, tra i nati di donna non c' è nessuno
più grande di Giovanni, e il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui”,
Lc 7,28), il quale si è fatto servo di tutti fino a morire sulla croce, perché
tutti potessero conoscere quanto è grande l’amore di Dio per gli uomini. Gesù
parla della grandezza per il regno dei cieli, che è grandezza di rivelazione
dell’amore di Dio per gli uomini. Essere ultimo non significa essere dietro a
tutti gli altri, ma solo servo di tutti
perché l’amore di Dio risplenda e questo comporta che non ci sia cosa o persona
più significative per il nostro cuore da indurlo a preferirle contro l’amore di
Dio.
Il riferimento
ai bambini è più misterioso, almeno nel brano di Marco. Nel passo parallelo di
Mt 18,1-5, Gesù prima invita i discepoli a diventare come bambini (“Perciò
chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno
dei cieli”) e poi li invita ad
accoglierli. Ma la traduzione ‘diventerà piccolo come’ è fuorviante rispetto al
contesto di rivelazione dell’annuncio della passione. In effetti, il testo
comporta il verbo ‘umiliare’ e la traduzione sarebbe: ‘chi umilierà se stesso
come un bambino’. Il significato è più diretto rispetto all’annuncio della
passione, perché Gesù è proprio Colui che ha umiliato se stesso, facendo
risplendere, nella sua umiliazione, tutta la potenza dell’amore di Dio per gli
uomini e questo è motivo della sua grandezza. Allora il riferimento al bambino
può essere compreso sia nel senso della confidenza verso il Padre sia nel senso
della debolezza estrema patita e diventata luogo di gloria. A tal punto, che
Gesù si confonde con ogni ‘bambino’, con ogni uomo nella sua debolezza, tanto
che chi onora un uomo nella sua debolezza onora lo stesso Signore Gesù e chi
onora il Signore Gesù onora il Padre. I segreti di Dio sono ravvisabili in
questa ‘equazione’, svelata nella sua bellezza dal Signore che per noi ha
patito, è morto ed è risuscitato.
Se Giacomo,
nella sua lettera, parla di una sapienza che viene dall’alto, indicandola come
“pura, pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti,
senza parzialità, senza ipocrisia”, allude proprio a quella rivelazione che ha
conquistato il cuore e che lo muove con la potenza del suo dinamismo. E quando,
nella preghiera dopo la comunione, domandiamo che ‘la redenzione operata da
questi misteri trasformi tutta la nostra vita’, in realtà preghiamo perché il
nostro cuore si apra a quella rivelazione e ne sia conquistato.