Secondo
ciclo
Anno
liturgico B (2005-2006)
Tempo
Ordinario
17a Domenica
(30 luglio
2006)
_________________________________________________
2Re 4,42-44;
sal 144, Ef 4,1-6; Gv 6,1-15
_________________________________________________
Lo stesso
miracolo della moltiplicazione dei pani è narrato anche dai sinottici (Mt
14,13-21; Mc 6,30-44; Lc 9,10-17) ma la liturgia, invece che seguire il testo
di Marco, normalmente seguito nel corso dell’anno, preferisce il racconto di
Giovanni. Il testo di Giovanni non solo narra il miracolo, ma ne svela il suo
contenuto simbolico e lo commenta con un lungo discorso di Gesù, discorso che
la liturgia riprenderà per esteso nelle domeniche successive.
La figura del
buon pastore, applicata a Gesù, si arricchisce di nuove sfumature. Possiamo
accostarci al brano seguendo tre piste differenti: dal punto di vista dei
personaggi, dell’avvenimento e dell’esito finale. Consideriamo i personaggi in
gioco: la folla, gli apostoli, Gesù. La folla cercava Gesù, si spostava secondo
i suoi spostamenti, lo tallonava. Aveva visto i prodigi di guarigioni che Gesù
aveva compiuti e, come dice il canto al vangelo di oggi, aveva pensato: “Un
grande profeta è sorto tra noi, e Dio ha visitato il suo popolo”. Quando si
accorge del miracolo della moltiplicazione dei pani, ne coglie il valore
simbolico e si entusiasma e vuole proclamare Gesù re pensando “Finalmente i
nostri guai sono finiti. Ecco chi ci libererà e stabilirà il regno di Israele”.
Ma alla fine, quella stessa folla resterà delusa e abbandonerà quel Gesù di cui
si era entusiasmata. Perché è così difficile per l’uomo entrare nel progetto di
Dio e accogliere la Sua grazia? Seguire il Signore è diverso che desiderare il
Signore. Rammentando un altro passo del vangelo, potremmo dire che
effettivamente troviamo se cerchiamo ma non troveremo quello che cerchiamo. Se
la grazia è grazia, vuol dire che non è semplicemente in funzione dei nostri
desideri, sebbene sia proprio la grazia a colmare davvero i nostri desideri.
Gli apostoli nella scena agiscono da intermediari. Sono ‘strumenti’ perché la
compassione del Signore raggiunga tutti e tutti siano sfamati. C’è l’allusione
al compito dei ministri della chiesa: spezzare il pane della Parola per
l’intelligenza della fede. E poi c’è Gesù. Sale sul monte (non dimentichiamo
che nel vangelo di Giovanni non si fa cenno al discorso delle beatitudini sulla
montagna), sfama la folla (moltiplica i pani, non li crea. Da ricordare
l’episodio della tentazione di Gesù nel deserto dove appunto è tentato di
trasformare le pietre in pani per dimostrare a tutti che lui è il Messia) ma
alla fine resta solo, deve, è costretto a star solo per non compromettere la
sua missione. Solitudine che sarà accentuata drammaticamente dall’abbandono dei
discepoli dopo il suo lungo discorso in chiave eucaristica a commento del
miracolo.
Se consideriamo
l’avvenimento, molti particolari proiettano una luce speciale. Siamo nel
deserto, prossimi alla festa della Pasqua, in un luogo con tanta erba, in
occasione di un pasto, con una disposizione particolare dei partecipanti (a
gruppi di cento e cinquanta). Sono tutte allusioni all’organizzazione del
popolo nel deserto secondo i racconti del Pentateuco, specialmente in occasione
della conclusione dell’Alleanza tra Dio e il suo popolo. E’ lui, Gesù, come
ribadirà nel suo discorso, il vero Pane disceso dal cielo che nutre e dà la
vita, che ristora e dà riposo, nel quale celebrare la definitiva Alleanza tra
Dio e il suo popolo. Gli accenni al raccogliere gli avanzi valgono a sottolineare
la sovrabbondanza di grazia di questa alleanza, data a tutti, oltre la quale
non c’è nulla di significativo che possa colmare i desideri degli uomini. Tutto
il contesto allude alla celebrazione dell’eucaristia, di cui il miracolo è
simbolo. I verbi usati per descrivere il miracolo (prese, benedisse, spezzò e
diede) sono i verbi caratteristici della celebrazione eucaristica.
L’esito però è
drammatico. Tutti mangiano, tutti si entusiasmano ma nessuno in realtà capisce
e nessuno sa vedere l’opera di Dio. Gesù si darà da fare per cercare di far
capire, ma invano. Gli uomini potranno capire, ma dopo che avranno rimirato
Colui che hanno trafitto. Quel pane mangiato diventerà pane di vita solo quando
parlerà di quella passione d’amore di Dio per l’uomo. L’ amore di Dio per
l’uomo non lavora mai secondo il registro della potenza, così caro agli uomini,
i quali vorrebbero soddisfare i loro desideri servendosi di Dio, invece che
aprire i loro desideri a Dio e accoglierne la grazia. In realtà, tutta la
difficoltà per il cuore degli uomini nei confronti di Dio risiede qui. Gesù sa
bene questo e pur cercando in ogni modo di aprire la mente degli ascoltatori,
nelle varie occasioni, sa di dover andare a Gerusalemme, dove la verità del Suo
amore per gli uomini si farà splendente da conquistare finalmente i cuori e
infiammarli dello stesso amore.