Secondo
ciclo
Anno
liturgico B (2005-2006)
Tempo
Ordinario
15a Domenica
(16 luglio
2006)
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Am 7,12-15;
Sal 84; Ef 1,3-14; Mc 6,7-13
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Chi è il
profeta? Tanti possono parlare in nome di Dio agli uomini, ma la verità di Dio
la rivela e l’annuncia solo il profeta chiamato e mandato da Dio. Nella storia,
tanto d’Israele che della Chiesa e, a dire il vero, anche nella storia delle
varie religioni, l’umanità resterebbe preda delle sue illusioni se non
spuntasse ogni tanto qualche ‘profeta’ a ricordare la verità di Dio. Facilmente
l’uomo si forma una ‘religione’ a sua misura, secondo i suoi interessi, non
servendo più Dio ma servendosi di Dio per raggiungere i suoi obiettivi, troppo
terreni. Il profeta è colui che proclama l’assoluto di Dio, colui che svela le
aspirazioni dei cuori e ne mostra la via per i loro compimenti.
Da questo punto
di vista il profeta per eccellenza è proprio Gesù, Colui che rivela la verità
del volto di Dio. Così, quando Gesù, alla fine del vangelo di Matteo proclama:
“Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra” (Mt 28,18), si riferisce ad
un duplice potere: anzitutto, dalla parte di Dio, al potere di rivelare il vero
Volto di Dio, espresso dalle parole di Giovanni che risuonano in tutto il loro
realismo: “Dio nessuno l`ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel
seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1,18); in tal senso Gesù è il Sigillo
della Verità e risponde alla ricerca di verità da parte dell’uomo. Gesù dà la
vera conoscenza di Dio e per questo spesso la sua parola risuona così radicale
da sembrare ostica. In secondo luogo, dalla parte dell’uomo, si riferisce al
potere di compiere i desideri dell'uomo, di soddisfare la sua fame di
conoscenza e di relazione in pienezza e verità; in tal senso Gesù è il Sigillo
del Bene e risponde al desiderio di vita da parte dell’uomo. Gesù dà la vita
per mezzo dello Spirito Santo.
La bellissima
colletta di oggi interpreta assai bene gli aneliti profondi dei cuori:
"Donaci, o Padre, di non avere nulla di più caro del tuo Figlio, che
rivela al mondo il mistero del tuo amore e la vera dignità dell'uomo; colmaci
del tuo Spirito, perché lo annunziamo ai fratelli con la fede e con le
opere". È il desiderio che il Volto del Signore si riveli nel suo
splendore al nostro come al cuore di tutti. E questo splendore è lo splendore
dell'amore per noi, fonte della nostra dignità. È dalla percezione di questa
realtà gustata nel cuore che sale l'inno di s. Paolo al Signore:
"Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha
benedetti con ogni benedizione ..." (Ef 1,3). Si tratta di una benedizione
larga, onnicomprensiva, oltre la quale non c'è più nulla di significativo per
il cuore, il quale non sopporta che qualcosa possa sussistere fuori di essa. È
la stessa benedizione che Gesù ci insegna con la preghiera del Padre nostro,
benedizione nella quale poter comprendere tutta la nostra vita, la nostra
storia, la storia dei nostri fratelli, la nostra storia comune. La missione che
Gesù affiderà ai suoi apostoli mira a rivelare, a rendere percepibile, a far
gustare ai cuori quella benedizione perché si radichino in essa e non possano
più vivere se non a partire da e dentro di essa.
Chi vive dentro
e di tale benedizione ha potere sugli spiriti immondi; non permette cioè a
nessuno di rapirgli la pace che scaturisce da quella benedizione. Quando Gesù
invita i discepoli a scuotere di sotto ai loro piedi la polvere davanti a
quelli che non hanno raccolto l’invito a godere della pace di quella
benedizione, non vuol certo invitarli a una ripicca. È come se i discepoli
dicessero: la pace che non avete raccolto voi, non ha lasciato noi; avete la
possibilità di rifiutarla, ma non avete il potere di fermarla perché sarà
rivolta ad altri; e se resta a noi, se è condivisa da altri, è perché prima o
poi la possiate desiderare anche voi; non temete, sarà sempre vostra eredità.
La forza dell’annuncio evangelico sta appunto in questo potere della pace di
Dio che raggiunge tutti. È quella pace che guarisce, che ristora, che fa
risplendere nel mondo la bellezza del volto di Dio, la cui verità gli uomini
desiderano. La responsabilità dei discepoli sta appunto nel far vedere la loro
vita confermata da quella pace perché possa apparire davvero desiderabile.
Nel salmo
responsoriale si canta: “Misericordia e verità si incontreranno, giustizia e
pace si baceranno”. L’amore di misericordia di Dio per l’uomo tocca chi è
disposto a non vivere nell’illusione, a vedere il suo peccato, a riconoscersi
debitore di verità presso Dio, così che la santità di Dio, lo splendore del suo
amore per noi, si risolva in desiderio di pace con tutti, in solidarietà con
l’umanità di tutti. Siamo chiamati proprio a essere profeti, annunciatori di
quella pace che guarisce e ristora, da viverla come il tesoro più prezioso del
cuore e la rivelazione della bellezza del volto di Dio, in Gesù.