Secondo
ciclo
Anno
liturgico B (2005-2006)
Tempo
di Natale
Battesimo del
Signore
(8 gennaio
2006)
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Is
55,1-11; Sal: Is 12,2-6; 1 Gv 5,1-9;
Mc 1,7-11
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Il mistero del
battesimo di Gesù faceva parte della celebrazione della festa dell’Epifania.
L’antifona al Benedictus della liturgia delle ore lo ricordava stupendamente:
“Oggi la Chiesa, lavata dalla colpa nel fiume Giordano, si unisce a Cristo, suo
Sposo; accorrono i magi con doni alle nozze regali e l’acqua cambiata in vino
rallegra la mensa”.
Il venire di
Gesù al Giordano a farsi battezzare dà inizio alla sua vita pubblica, avvia il
compimento di quello per cui è stato mandato: la salvezza degli uomini. Si
tratta di una volontà precisa, è arrivata la sua ora. Il primo gesto di Gesù,
nel compiere la sua missione, è quello di stare solidale con i peccatori. Lui,
l’Innocente, l’Agnello che toglie i peccati del mondo, è in fila con i
peccatori per ricevere il battesimo di penitenza di Giovanni. Lui non ha
bisogno del battesimo. Perché allora viene a farsi battezzare? Viene per
celebrare il suo ‘sposalizio’: nella sua umanità oramai è lavata tutta
l’umanità, che può stare unita a Lui e godere, come Lui, di quello Spirito che
come colomba si posa sul suo capo, capo del suo corpo che siamo noi. Nessuno
può ancora vedere lo Spirito però; solo Gesù, uscendo dalle acque, lo può
vedere perché ne è ripieno ed anche Giovanni, che con quel battesimo dato a
Gesù finisce la sua opera di battezzatore per lasciare posto a Lui, al Suo
nuovo battesimo, il battesimo nello Spirito. Si potrà vedere allorquando,
compiuta la sua missione, avendo patito per gli uomini, morto e risorto, lo
effonderà come lingue di fuoco sugli apostoli. Vedere lo Spirito Santo
significa poter penetrare nei cieli ormai aperti, significa aver sperimentato
in tutta la sua potenza quel ‘compiacimento’ che la voce proclama da parte di
Dio su Gesù.
Al momento del
battesimo di Gesù gli astanti sentono solo la voce: “Tu sei il Figlio mio
prediletto, in te mi sono compiaciuto”. E’ la funzione della parola di Dio che
dà testimonianza al Figlio, come dirà lo stesso Gesù: “Voi scrutate le
Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse
che mi rendono testimonianza” (Gv 5,39). E la testimonianza sta tutta in quel
‘Figlio prediletto’ da scoprire, da accogliere, da incontrare, da incollarvisi.
Ci sono altri due passi nelle Scritture dove si parla di ‘figlio prediletto’: a
proposito del figlio di Abramo, Isacco, in Gen 22,2, quando Dio chiede ad
Abramo il sacrificio del figlio prediletto; e ancora nella parabola dei
vignaioli assassini, in Mc 12,6, quando il padrone della vigna pensa al suo
figlio prediletto da mandare ai vignaioli che non vogliono consegnare il
raccolto e che poi lo mettono a morte. Se quell’aggettivo ‘prediletto’ rivela
la radicalità della fede di Abramo che davanti al suo Dio accetta di
sacrificare il suo cuore, rivela a maggior ragione la radicalità dell’amore di
Dio per l’umanità essendo disposto a mandare il suo Figlio a coloro che ne
faranno scempio. Ma i pensieri del Signore sovrastano i nostri pensieri ….
L’aggiunta “in te mi sono compiaciuto” rivela tutta la profondità del mistero.
Si può tradurre: ‘in te il mio Amore è perfetto’, nel senso che tutto l’Amore
del Padre è per il Figlio e tutto l’Amore del Figlio è per il Padre. Ma
attenzione: ‘in te’, non è più solo rivolto al Figlio nella sua divinità, ma al
Figlio, Dio fatto uomo. In quel Figlio, Dio-uomo, l’Amore del Padre è perfetto
perché in Lui si può contemplare tutta
l’estensione e la profondità di quell’Amore che realizza compiutamente il suo
sogno sulla creazione e sull’umanità. Così, in quel ‘perfetto’ è già compreso
anche tutto quello che la nostra umanità, unita a quella del Signore Gesù,
compirà, secondo il senso di quel che dirà san Paolo: “Perciò sono lieto delle
sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai
patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono
diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio presso di voi di
realizzare la sua parola, cioè il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma
ora manifestato ai suoi santi, ai quali Dio volle far conoscere la gloriosa
ricchezza di questo mistero in mezzo ai pagani, cioè Cristo in voi, speranza
della gloria. È lui infatti che noi annunziamo, ammonendo e istruendo ogni uomo
con ogni sapienza, per rendere ciascuno perfetto in Cristo. Per questo mi
affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza”
(Col 1,24-29).
Ma si può anche
tradurre: ‘in te la mia volontà si compie, perfetta’. E la volontà di Dio non è
che l’amore per l’uomo ed in Gesù questo amore risplende nella sua radicalità e
totalità. E se noi stiamo in Cristo, allora anche in noi la volontà del Padre
si compie, perfetta, perché anche in noi il Suo amore risplenderà. E questo
risplendere del suo amore non deriva forse dall’essere mossi e guidati dallo
Spirito di cui Gesù è ricolmo e che ci ha effuso nella Pentecoste? Come s.
Francesco dice della perfezione o della santità: “avere lo Spirito del Signore
e la sua santa operazione”, pieno compimento del nostro battesimo.