Secondo ciclo

Anno liturgico B (2005-2006)

Solennità e feste

 

Tutti i Santi

(1 novembre 2006)

 

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Ap 7,2-14;  Sal 23;  1 Gv 3,1-3; Mt 5,1-12

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La preghiera che riassume il senso della festa di oggi  credo possa essere l’orazione dopo la comunione: “O Padre, unica fonte di santità, mirabile in tutti i tuoi santi, fa’ che raggiungiamo anche noi la pienezza del tuo amore, per passare da questa mensa eucaristica, che ci sostiene nel pellegrinaggio terreno, al festoso banchetto del cielo”. Intendendo l’espressione ‘raggiungiamo anche noi la pienezza del tuo amore’ così: fa’ che possiamo fare esperienza del tuo amore in modo da esserne ricolmi e farlo risplendere in tutta la nostra vita; fa’ che anche noi, come i santi, possiamo dire in tutta verità: quanto è grande il tuo amore per noi! Gli eletti, nella visione dell’Apocalisse, portano in fronte il sigillo del Dio vivente e proclamano: “La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello” (Ap 7,10). La proclamazione, a livello sonoro, esprime quello che il tau significa a livello visivo: Dio è santo, a Lui la salvezza! Il sigillo e le parole rivelano la comprensione di Dio da parte degli uomini secondo la definizione giovannea: Dio è amore (1Gv 4,8). Come a dire: ora sappiamo per esperienza che il Dio che conosciamo è un Dio pieno di amore per noi! Ora ammiriamo la sua gloria nel vedere che Lui è tutto in tutti. E’ la proclamazione dei beati in paradiso, ma noi oggi preghiamo perché diventi la proclamazione del nostro cuore fin da ora. E’ appunto lo splendore che emana da questa rivelazione al cuore dell’uomo a testimoniare la presenza della santità di Dio in mezzo agli uomini, quello splendore che promana così chiaramente da tutti i santi.

Il nesso che la liturgia di oggi sottolinea in modo evidente, sebbene sia colto flebilmente dalla nostra coscienza pensante,  è il nesso santità/felicità. Le beatitudini di Gesù lo proclamano con la potenza che scaturisce dal dono del regno di Dio che si fa come evidente e che gli uomini scoprono con un sentimento di gioia incontenibile: felici voi se siete poveri … se siete miti… se siete misericordiosi… se siete portatori di pace, ecc. Il canto al vangelo dà ragione di questa gioia: “Venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi e io vi ristorerò Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11,28-30). E’ la gioia del regno scoperto come il tesoro nel campo, come la perla di gran valore che permette la vendita di tutto il resto. E’ quella ‘perfetta letizia’ che ha invaso il cuore e che non è scacciata più da nulla, nemmeno dalle afflizioni più ingiuriose, perché mai si separa dalla sorte del suo Signore, divenuto ormai il ristoro dell’anima, il suo riposo. Già la tradizione ebraica conosceva la ‘gioia del giogo’ della Legge, come leggiamo nel libro del Siracide: “Sottoponete il collo al suo giogo, accogliete l’istruzione. Essa è vicina e si può trovare. Vedete con gli occhi che poco mi faticai, e vi trovai per me una grande pace” (Sir 51,26-27). Ma la ‘gioia del regno’ è ancora più coinvolgente e radicale, che arriva alle radici del cuore e ne alimenta la vita. Capace di far dire: l’afflizione del tuo cuore è affare tra te e Dio, mentre i tuoi fratelli hanno diritto alla tua gioia; non tenere i tuoi beni come costituissero la tua gioia, perché quando te li toccassero, sparirebbe la tua gioia; non rivendicare diritti perché quando non te li riconoscessero resteresti schiacciato.

E come questo è possibile per noi, che conosciamo bene la fatica e l’oppressione del vivere quotidiano? In effetti, non si può evitare fatica e oppressione nella vita. Tutto sta a portare le fatiche giuste, le fatiche che procurano i frutti desiderati dal cuore. Ed è quello che garantisce il Signore con il dono di Sé come ristoro, come riposo per il nostro cuore, il segreto felice della santità. E’ strano: c’è una fatica che si assomma e che finisce per opprimere; c’è una fatica invece che moltiplica la gioia e la ‘leggerezza’ del procedere, che rinnova le energie e dà impulso di vita. E’ la fatica delle beatitudini, che mortificano le nostre illusioni ed i nostri sogni di esibizione, ma che rinnovano l’energia del cuore e moltiplicano la vita. E’ la storia della santità, come la vediamo nelle vite dei santi e come ciascuno la può percepire nel suo cuore, quotidianamente, ogni volta che si lascia sorprendere dalla gioia del regno.