Secondo
ciclo
Anno
liturgico B (2005-2006)
Solennità
e feste
Immacolata
concezione
(8 dicembre
2005)
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Gn
3,9-15.20; sal 97; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38
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Quella
‘benedizione’ che Paolo implora ed annuncia nell’esordio alla sua lettera ai
Filippesi ha ricoperto e intriso in modo singolare la Tutta Santa, la Vergine
Maria. In lei quella benedizione si fa così ‘concreta’ che prende addirittura
corpo in lei: da lei nasce il Salvatore, che costituisce la Benedizione di Dio
sugli uomini, benedizione oltre la quale non c’è nulla da desiderare. E tutta
la storia, pur nella sua drammaticità, non è abbandonata a se stessa perché da
sempre, ‘prima della creazione del mondo’, quella benedizione la sovrasta,
l’accompagna.
Quella
benedizione ha raggiunto l’umanità della Vergine in modo così singolare da
renderla tanto ‘umanamente piena’ da essere degna dimora per il Figlio, come
proclama la colletta: “O Padre, che nell’Immacolata Concezione della Vergine
hai preparato una degna dimora per il tuo Figlio, e in previsione della morte
di lui l’hai preservata da ogni macchia di peccato, concedi anche a noi, per
sua intercessione, di venire incontro a te in santità e purezza di spirito”. La
sua umanità, in tutte le sue fibre, è andata incontro al Signore in santità e
purezza di spirito ed è diventata degna dimora del Figlio. Della sua umanità
siamo fatti anche noi, condividiamo con il suo Figlio la stessa umanità perché
anche noi, come è nel disegno divino della creazione fin dall’inizio, possiamo
tornare a far splendere e a far godere nel mondo la stessa benedizione, la
dimora di Dio in mezzo a noi.
A differenza di
noi, la Vergine non è caduta nell’inganno che tormenta i figli degli uomini,
inganno che presenta il brano della Genesi. Anche lei è stata duramente provata
nella sua umanità; con l’offerta della sua umanità ha permesso all’amore di
Dio, nel suo Figlio, di svelarsi al mondo; ha conosciuto la sofferenza
dell’amore con il suo Figlio e ora accompagna ogni sofferenza umana perché
venga aperta all’esperienza dell’amore. In lei la sofferenza non ha generato
ribellione, il dramma non ha velato la fede, il desiderio non ha compromesso
l’amore, l’agire non ha macchiato la coscienza. E questo perché l’unico rimedio
all’inganno è “andare incontro al Signore”, così tipico dell’anima della
Vergine.
L’uomo, invece,
si dibatte nell’inganno: la nostra individualità ce ne certifica la
compromissione con la ribellione, mentre la sofferenza della nostra umanità
svela faticosamente le tracce della nostalgia di Dio. Se rifacciamo a ritroso
il tragitto delineato dal colloquio nel giardino tra Dio e Adamo e Eva dopo la
trasgressione, ci ritroveremo nuovamente in una umanità condivisa e goduta insieme
a Dio e a tutti i fratelli. Dio proclama l’inimicizia tra satana e la donna,
simbolo contemporaneamente di Maria e dell’umanità: la possibilità dell’inganno
è sempre reale, ma quell’inimicizia dichiarata da Dio salvaguarda la nostra
umanità che non può trovare beatitudine nell’inganno e quindi non potrà
compiersi stando dalla parte dell’avversario. Perciò, quando l’uomo cede
all’inganno, trasgredendo la parola del Signore rivolta al suo cuore, si perde,
va in frantumi dentro e non può vivere che in contraddizione, da antagonista,
da avversario a sua volta, sia dentro di sé che fuori di sé, sia con gli uomini
che con gli eventi. Quale sofferenza! Ma la causa è una sola: l’uomo ha ormai
paura di Dio, perché ha vergogna della sua ‘nudità’, della sua perdita di
innocenza. E l’inganno più tremendo è quello di rimuovere quella paura di Dio
allontanando la vergogna ma per acconsentire semplicemente alla legge del più
forte, fonte di illusione e di ingiustizia. Se però l’uomo sa ascoltare
l’invito di Dio che continuamente bussa al suo cuore senza tener conto della
sua paura: “dove sei?’, allora ritorna all’albero della vita, il Cristo
Signore, per vivere nella sua umanità la dimora di Dio, fonte di beatitudine.
La Vergine è proprio Colei che di quella dimora di Dio ha fatto tutto lo scopo
della sua vita, tutto il desiderio della sua umanità perché l’esperienza di cui
è stata gratificata ridiventi, nel suo Figlio, accessibile a tutti e a
ciascuno. Quando di lei dice che è la serva del Signore allude proprio a quel desiderio
della dimora di Dio che si compie nel mondo, di cui tutto il suo essere è
espressione e testimonianza e intercessione per l’umanità intera.