Secondo
ciclo
Anno
liturgico B (2005-2006)
Solennità
e feste
Assunzione della Beata
Vergine Maria
(15 agosto
2006)
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Ap 12,1-10;
Sal 44; 1Cor 15,20-26; Lc 1,39-56
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È cosa buona e
giusta celebrare il mistero della festa di oggi con le parole del prefazio
della Messa: "Oggi la Vergine Maria, madre di Cristo, tuo Figlio e nostro
Signore, è stata assunta nella gloria del cielo. In lei, primizia e immagine
della Chiesa, hai rivelato il compimento del mistero di salvezza e hai fatto
risplendere per il tuo popolo, pellegrino sulla terra, un segno di consolazione
e di sicura speranza. Tu non hai voluto che conoscesse la corruzione del
sepolcro colei che ha generato il Signore della vita".
Per introdurci
alla visione della gloria della Vergine Maria, possiamo collegare i due vangeli
della vigilia e del giorno della festa. Nella Messa della vigilia si legge il
brano di Lc 11,27-28 dove una donna che ascoltava Gesù alza la voce per
gridare: "Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il
latte!". Come a dire: beata tua madre! Nel vangelo della festa, quando
Elisabetta risponde al saluto della Vergine, proclama: "beata colei che ha
creduto all'adempimento delle parole del Signore".
Alla donna che
esaltava sua madre, Gesù sembra spostare l'attenzione sui discepoli, ma in
realtà definisce esattamente in che cosa consiste la beatitudine di sua madre.
Come i Padri sottolineano spesso: prima di essere madre fisicamente di Gesù,
Maria lo è spiritualmente, nel cuore, perché il suo cuore ascolta e osserva la
Parola, l'ha sempre ascoltata e osservata. La grazia di questa 'maternità'
spirituale è estesa a tutti i credenti: tutti possono ereditare la beatitudine
che deriva dall'ascoltare e osservare la Parola. E la beatitudine deriva
proprio dal fatto che nell'ascoltare e osservare la Parola si stabilisce un
legame con il Signore, che quella Parola ci rivolge, tanto intimo e forte
quanto quello che deriva da una maternità fisica. Ma se colleghiamo il commento
di Gesù con l'espressione pronunciata da Elisabetta, ci viene svelato un altro
aspetto fondamentale. Elisabetta proclama beata Maria perché 'ha creduto
nell'adempimento delle parole del Signore" dette a lei. Ascoltare e
osservare la Parola non è semplicemente un mettere in pratica quello che Dio
dice. E' assai di più. Significa permettere alla promessa di Dio racchiusa
nella sua parola di compiersi, di rivelarsi finalmente al cuore e al mondo.
Significa acconsentire al desiderio di Dio di compiersi, significa fare in modo
che il desiderio che Dio ha di incontrare l'uomo finalmente trovi compimento.
Ora, da dove deriva la vita all'uomo se non da un incontro d'amore? Sia in
senso fisico, un figlio, sia nel senso di procurare vitalità, gioia di vivere,
visione di speranza, forza ed energia. Più questo consenso da parte dell'uomo è
totale, più la vita che deriva da Dio è fluente e incontenibile. Vince la
morte. Per sempre.
Nella sua
lettera ai Corinzi Paolo ricorda il dato della fede nella risurrezione. Se
Cristo non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede. E tratteggia tutto il
corso della storia fino alla fine del mondo nel senso di una rivelazione
progressiva, anche se misteriosa e drammatica, della signoria di Cristo che
prevarrà su tutto. Noi siamo nel tempo della sottomissione a Cristo di tutti i
nemici di Dio, morte compresa. Il regno di Cristo coincide con la riduzione a
nulla di ogni potere della morte. La cosa va vista nel suo 'succedersi'
temporale in ciascuno di noi oltre che nella storia. Tutta l'ascesi e la lotta
interiore non sono altro che l'espressione di questo 'potere' di Cristo che
riduce a nulla il potere della morte che ci assilla e ci impasta. E man mano
che questo 'potere' di Cristo prevale, la vita sgorga fluente e incontenibile.
Ora, nella
Vergine Maria, tutto questo non è più in fieri, non ha più spazi o dinamiche da
conquistare. È compiuto. E siccome è compiuto, può essere consegnata a Dio
Padre, fulgida di tutto lo splendore che la salvezza operata da Dio comporta.
Gli angeli, dice la liturgia, l’accompagnano gioiosi, come tutte le icone
mostrano. La loro gioia non si riferisce tanto alla gloria della Vergine, ma
allo splendore dell’amore di Dio per l’umanità, la cui natura e vocazione,
nella Vergine, si compiono finalmente a rivelare proprio la grandezza
dell’amore di Dio. La gloria della Vergine come la gloria del paradiso non
esprimono altro che lo splendore dell’amore di Dio in assoluto. E quando i
credenti guardano alla Vergine gloriosa, assunta in cielo, non possono non
considerarla 'primizia e immagine della Chiesa ... un segno di consolazione e
di sicura speranza'. In lei possono magnificare l'amore di Dio per l'uomo, la
grandezza della salvezza operata da Dio che anche in noi si dispiegherà a suo
tempo, come in lei, che per noi intercede. E a lei rivolti, fiduciosi possiamo
pregarla, come le antiche comunità cristiane: "Sotto la tua protezione
troviamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che
siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e
benedetta".