Secondo ciclo

Anno liturgico B (2005-2006)

Tempo di Avvento

 

2a Domenica

(4 dicembre 2005)

 

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Is 40,1-5.9-11; sal 84; 2Pt 3,8-14; Mc 1,1-8

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La figura del Battista è tutta protesa all’annuncio, preparato da secoli, della venuta del Messia. “E’ vicino, è alle porte, preparatevi!”. La sua vocazione, perno della sua stessa identità, si confonde con l’annuncio che ha contrassegnato la sua vita: “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Ha preparato la strada al Messia per il suo cuore, ha preparato la strada per il cuore dei suoi fratelli: il battesimo di acqua che impartisce, un battesimo di pentimento, di conversione, prepara al riconoscimento della venuta del Messia, per lui come per tutti; prepara all’accoglimento del disegno di salvezza di Dio che si manifesta nell’invio del suo Figlio, fatto uomo, testimone della verità dell’amore di Dio per gli uomini. Questo deve rivelarsi ai cuori, in questo i cuori potranno “vedere la salvezza del loro Dio”.

L’annuncio del Battista si situa nello spazio che intercorre tra il desiderio di Dio di inseguire l’uomo volendolo per Sé e la rivelazione della gloria dell’amore di Dio che finalmente conquista l’uomo e ne compie l’umanità. Il desiderio di Dio risuona nelle parole del profeta: “Consolate, consolate il mio popolo”, riecheggia nell’esortazione della lettera di Pietro: “il Signore usa pazienza”, mentre la manifestazione della gloria dell’amore di Dio avverrà con il battesimo nello Spirito Santo, che soltanto il Messia potrà effondere sull’umanità. Tutta la storia di salvezza è compresa in quello spazio e tutta la nostra vita si gioca in quello stesso spazio. La conversione, il riconoscimento del nostro essere peccatori, il pentimento, consistono appunto nella percezione netta, forte, di quel desiderio di Dio per l’uomo, in attesa che quella percezione trasformi tutto il nostro cuore e lo apra stabilmente all’azione dello Spirito del Signore, fino a diventare principio di vita eterna che zampilla nell’intimo, come promesso da Gesù.

Ciò che si oppone alla conversione è l’insensibilità a quella percezione. Quando Pietro esorta a vedere la ‘pazienza’ di Dio è come se esortasse a diventare sensibili al desiderio di Dio di vivere in compagnia dell’uomo (che con il natale di Gesù acquisterà una densità ed una concretezza impensabili prima), a vedere in quella percezione la possibilità per l’uomo di vedere il mondo e la vita nel loro segreto, a vivere la propria vocazione all’umanità in tutto il suo splendore. Diversamente, il cuore è ghermito da quell’aria pesante che fa dire: “Dov’è la promessa della sua venuta? Dal giorno in cui i nostri padri chiusero gli occhi tutto rimane come al principio della creazione”, non potendo più scorgere alcun splendore. La ‘pazienza’ di Dio delude il peccatore, ma se il peccatore riconosce i suoi peccati vuol dire che ha cominciato a percepire il desiderio di Dio per l’uomo, allora benedice ed esalta la pazienza di Dio per lui e ne fa ragione di comportamento verso gli altri. Così, in qualche modo, ognuno contribuisce a preparare le strade al Signore; ognuno vive, in qualche aspetto, la vocazione del Battista, vocazione che si traduce nel far percepire una benevolenza di fondo verso tutti, nella ricerca della verità senza infingimenti, nella testimonianza di una via di vita percorribile, nel suscitare il fascino di un’esperienza desiderabile. Alla fin fine non si risolve in questo la missione della Chiesa nel mondo: ‘aprite le porte al Signore che viene’?

Il salmo 84 lo dichiara in tutta chiarezza: “misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno”. Come a dire: se l’uomo riconosce in verità il suo peccato, troverà la misericordia di Dio. Il riconoscimento del peccato porta all’esperienza della bontà di Dio. E se l’esperienza è autentica, allora, come continua il salmo: la riconciliazione ottenuta non potrà che essere condivisa con tutti, non potrà che diventare l’unica ‘giustizia’ degna del cuore dell’uomo. Il salmo prosegue ancora: “la verità germoglierà dalla terra”, vale a dire: da un cuore riconciliato e fonte di riconciliazione risplenderà la grazia del Salvatore, che lì ha preso dimora; “e la giustizia si affaccerà dal cielo”, cioè: Dio dimorerà tra di noi, la presenza di Dio tornerà a risplendere nel mondo. Così si compie la profezia di Isaia: “Allora si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo la vedrà” [espressione che il testo ebraico rende con: ‘tutti gli esseri di carne insieme vedranno’]. L’azione di Dio che si compie in me, non è destinata a me, ma al mondo; l’azione di Dio che si compie nel mondo, non è destinata al mondo in generale, ma a me. Perché, tutti insieme, possiamo vedere lo splendore dell’amore del Signore. E non esiste altra possibilità concreta per l’uomo di vedere risplendere l’amore del Signore se non nella tensione che quell’amore sia condiviso da tutti e da ciascuno.