Secondo
ciclo
Anno
liturgico B (2005-2006)
Tempo
di Avvento
1a Domenica
(27 novembre
2005)
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Is
63,16-19; 64,1-7; Sal 79; 1Cor 1,3-9; Mc 13,33-37
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Con l’Avvento,
tempo liturgico di preparazione al Natale del Signore nostro Gesù Cristo,
inizia un nuovo ciclo per la liturgia della chiesa. La nota dominante sarà la
vigilanza: “Vegliate! Badate bene! State attenti!...”. Perché e in cosa
consiste il vigilare, a quale scopo vigilare?
Tutto l’Avvento
prende significato dall’esortazione di s. Paolo ai Corinzi, che egli descrive
fervorosi e vivaci nella fede, ai quali non manca nessun dono di grazia e che
restano “in attesa della manifestazione di Cristo”. L’espressione normalmente è
considerata nella tensione dei credenti al ritorno glorioso del Signore quando
si chiuderanno i tempi e la sua parola giudicante svelerà tutta la verità. Tra
l’altro, l’ultima settimana liturgica dell’anno e la prima del nuovo anno
comportano lo stesso tipo di brani: il ritorno del Signore Gesù. Ma quella
tensione caratterizza anche il desiderio del cuore dei credenti nella vita
quotidiana. Chi riceve le parole del Signore, chi si sforza di metterle in
pratica senza desiderare di poter percepire e ‘vedere’ la presenza del Signore
nella sua vita? Questo è appunto l’oggetto specifico della ‘vigilanza’.
L’Avvento celebra dunque il ‘ritorno’ del Signore nel senso proclamato dal
profeta Isaia: “Ritorna per amore dei tuoi servi…Se tu squarciassi i cieli e
scendessi!” (Is 63,17). Effettivamente si tratta di uno ‘squarcio’ dei cieli
che permette la manifestazione del Signore: uno ‘squarcio’ che raccoglierà
tutte le cose nella sola luce di Dio (la venuta del Signore nella gloria, alla
fine dei tempi, tema della prima domenica di avvento), uno ‘squarcio’ che
mostrerà la totale predilezione del Padre su quel Figlio che ha mandato a
cercare l’umanità perduta, come rivela l’episodio del battesimo, di cui
Giovanni Battista è testimone (la venuta del Signore nello Spirito, quando si
rivela nella sua missione di salvezza, tema della seconda e terza domenica di
avvento), ‘squarcio’ dei cieli che lasciano piovere il Giusto, annunciato e
concepito nel seno di una Vergine e che viene donato a noi perché anche in noi
nasca e cresca (la venuta nella carne, il suo farsi uomo, tema della quarta
domenica). Tutti ‘squarci’ che alludono allo squarcio operato dal Signore nel
nostro cuore, che viene così aperto al riconoscimento del suo Figlio
prediletto, all’esperienza del Suo amore per noi, all’attesa che Lui parli al
nostro cuore dell’amore del Padre per noi.
La vigilanza
alla quale la chiesa così fortemente richiama i suoi figli è la tensione a
entrare nel processo della manifestazione del Signore al nostro cuore, nella
nostra storia, manifestazione di cui la nascita di Gesù a Betlemme presenterà
la realtà alla nostra portata. Se a livello dell’agire dell’uomo la vigilanza
si risolve nella fatica di evitare il male e di compiere il bene, a livello del
cuore si risolve in una ‘memoria’ calda della presenza del Signore, in una
memoria di eventi e parole che ci possono significare quella presenza, memoria
che tenda a esplodere nella percezione della sua presenza. Ed è nello splendore
di quella presenza percepita che possiamo vivere fino in fondo la nostra
vocazione all’umanità e tornare a far risplendere il mondo della luce di Dio.
Solo ai pastori
che vegliavano nella notte è giunto l’annuncio degli angeli, solo a loro il
cuore si è aperto alla letizia per la nascita di Gesù. La vigilanza è il
compito di responsabilità dei servi della parabola del vangelo in attesa del
ritorno del loro padrone. Ma se intendiamo il ‘ritorno del padrone’ nel senso
proclamato dal profeta Isaia, allora la vigilanza si risolve nel domandare al
Signore di conquistarci con la sua benevolenza, di permetterci di accoglierlo,
di riconoscere i suoi doni, la sua opera, il suo volto. E tutta la liturgia ha
come scopo di ravvivare ‘la memoria’ del Signore, tanto da supplicarlo di
occupare tutto lo spazio del nostro cuore perché risplenda dell’amore di cui è
assetato, di cui ha nostalgia e di cui impara a diventare soggetto e testimone.
Così la manifestazione del Signore al nostro cuore diventa anche il criterio di
discernimento per riconoscere se il bene compiuto è stato operato secondo Dio,
in modo gradito a Dio. Anche in tal modo va vissuta la vigilanza: la cosa buona
che ho fatto, l’evento che ho vissuto, quale aspetto del ‘volto’ del Signore mi
ha portato a vedere? Quale frutto di manifestazione del Signore ha svelato al
mio cuore?