VII Domenica T.O.

Anno liturgico C (2024-2025) – Tempo Ordinario – VII Domenica – (23 febbraio 2025)

Il brano evangelico di oggi è la traduzione pratica dello splendore delle beatitudini. Come le beatitudini sono espresse per paradossi, così le ammonizioni suonano paradossali. Nel fondo, si tratta di maturare un’umanità luminosa, calda, modellata su quella di Gesù, come verremo a conoscere dal seguito della narrazione evangelica. Due sono gli aspetti che si possono considerare. Dal punto di vista della pratica, è chiesto di non stare attaccati a niente, se si vuole godere di una benevolenza che riempie il cuore. Gli esempi dello schiaffo, del mantello e del prestito, dicono appunto questo: non trattenere nulla e sarai libero nel cuore. Libero per che cosa? E questo è il secondo aspetto: se non si cercano beni, affetti, gloria, a partire dal mondo e per riempire la scena del mondo, allora il cuore resta invaso dall’amore di Dio che lo attrae nella sua stessa dinamica di amore.

VI Domenica T.O.

Anno liturgico C (2024-2025) – Tempo Ordinario – VI Domenica – (16 febbraio 2025)

Il salterio inizia con “beato l’uomo …”. In ebraico ’ašre-ha’îš. È il nome di Adamo davanti a Eva quando si ritrova percorso da una gioia indicibile, gioia che non aveva trovato di fronte al mondo e agli animali. Il salmo 2, l’altro battente della porta del salterio, interpreta l’uomo giusto come il re messia, il Figlio eterno che raduna le genti. Il termine ebraico ‘beato’ si potrebbe rendere letteralmente: ‘in cammino’, ‘su, avanti’, ‘progredisci’. La felicità non è designata come una cosa, ma come un processo, un cammino che ha una meta, il cui raggiungimento produce quella felicità a cui il cuore anela. Se pensiamo che Gesù si è definito ‘via, verità e vita’, allora possiamo afferrare il senso della felicità per l’uomo quando cammina nella via tracciata da Gesù, nella verità d’amore da lui testimoniata, per la vita che si fa splendore di amore.

V Domenica T.O.

Anno liturgico C (2024-2025) – Tempo Ordinario – V Domenica – (9 febbraio 2025)

La liturgia di oggi abbina la vocazione dei primi apostoli alla vocazione del profeta Isaia. Le corrispondenze sono specialissime, se i brani si leggono nel loro contesto. Il profeta aveva già avuto visioni, ma non aveva ancora raccontato in quale visione è scattato qualcosa nel suo cuore da immaginare tutta la sua vita in funzione di un compito ricevuto da Dio stesso. In particolare, nel capitolo precedente, aveva composto un cantico d’amore del Diletto per la sua vigna. In quel contesto di scoperta dell’amore immenso di Dio per il suo popolo, avviene la visione della gloria di Dio che lascia il profeta esterrefatto, come annichilito, tanta è la coscienza della sua miseria. Ma sopraggiunge un serafino con il carbone ardente prelevato dal braciere dell’atrio del tempio per poggiarlo sulle sue labbra e purificarlo, vale a dire per farlo sentire in corrispondenza con la santità di Dio, che è tutto amore di misericordia per i suoi figli. A quel punto, di fronte al desiderio impetuoso di Dio di salvare il suo popolo, il profeta non può che proferire sommessamente: “Eccomi, manda me!”.

III Domenica T.O.

Anno liturgico C (2024-2025) – Tempo Ordinario – III Domenica – (26 gennaio 2025)

Gesù si presenta come l’Inviato, capace di dare compimento alle promesse di Dio. Quello che forse non cogliamo più della manifestazione di tale autocoscienza di Gesù è il fatto che l’invio non rimanda semplicemente all’opera per la quale è inviato, ma all’intimità che vive con il Padre nel mostrare, con le parole e l’agire, il suo grande amore agli uomini. In effetti, l’aspetto più suggestivo del racconto di Luca sta nel fatto di collegare questo annuncio al rifiuto che il Messia subirà, ma perché venga esaltata la bontà di Dio per gli uomini. In quel rifiuto si potrà scoprire tutta la ‘potenza’ dello Spirito che lo abita nel senso di tenere unita la sua intimità con il Padre e l’amore verso i suoi figli, ai quali si presenta come il Testimone del suo amore per loro.

II Domenica T.O.

Anno liturgico C (2024-2025) – Tempo Ordinario – II Domenica – (19 gennaio 2025)

I segni sono dunque in relazione con la gloria dentro un movimento di rivelazione di cose sempre più grandi fino alla rivelazione suprema, la morte/risurrezione di Gesù. I segni sono allora gesti simbolici che hanno la funzione di indicare che in Gesù si realizza l’evento escatologico (“In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo”, compiendo il sogno di Giacobbe di Gen 28,17); invitano tutti gli uomini a percepire la filiazione divina di Gesù, come dirà Giovanni alla fine del suo vangelo, riferendosi ai segni che ha descritto nella sua narrazione: “Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”. Il mistero di Gesù allude al mistero della Trinità, la quale si rivela nel suo amore agli uomini tramite Gesù e nel dono dello Spirito Santo che ci rende atti a vivere di e dentro quell’amore.