XIII Domenica T.O.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo Ordinario – XIII Domenica (30 giugno 2024)

La conclusione del brano della Sapienza andrebbe così inteso: “Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e quelli della sua parte la sperimentano”. E il versetto precedente: “Dio ha creato l’uomo con incorruttibilità, lo ha creato a immagine della propria eternità”, intendendo: l’eternità è la perfetta felicità perché senza possibilità di corruzione. Così, quelli che sono tratti dalla parte del diavolo sperimentano la morte. E qui morte non allude alla morte biologica, ma alla morte spirituale, alla mortificazione del cuore che non conosce più l’amore e subisce la mortificazione dell’essere. Si tratta della conclusione del ragionamento degli empi, introdotto con le parole: “Dicono fra loro sragionando” e definito: “Hanno pensato così, ma si sono sbagliati; la loro malizia li ha accecati. Non conoscono i misteriosi segreti di Dio …” (Sap 2,1.21-22).

XII Domenica T.O.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo Ordinario – XII Domenica (23 giugno 2024)

[…] i verbi usati da Marco nel descrivere la scena non si addicono tanto ad un’azione di potenza sulle cose, ma si riferiscono all’azione di un esorcismo: ‘minacciò’, ‘taci’, verbi che si ritrovano in altre esperienze di esorcismo narrate nei vangeli. L’allusione alla lotta contro il male è evidente. La domanda sottesa suona: quando Dio svelerà tutta la sua potenza contro il male? Quando si addormenterà sulla croce e attraverso quel sonno sconvolgerà il regno degli inferi. La morte in croce di Gesù viene spesso percepita come un sonno perché poi si sveglia, perché poi risuscita e su di lui la morte non avrà più alcun potere e il male è vinto. Nelle catechesi sulla preghiera di monaci del Monte Athos ho letto che il passo riguarda un passaggio del cammino della preghiera del cuore. Certo, Gesù è presente nel cuore dell’orante, ma questi non ne ha ancora l’esperienza diretta. Resta come uno che dorme, come uno di cui non si coglie la presenza. Appena però il cuore comincia a vedere il male che serpeggia e che si agita nelle sue pieghe, comincia ad avere paura e allora grida: “Non t’importa che siamo perduti?”. E Gesù, svegliato dalla supplica del cuore, si fa presente con la sua potenza di salvatore.

XI Domenica T.O.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo Ordinario – XI Domenica (16 giugno 2024)

La parabola del seme che, piantato, cresce per forza intrinseca, è tipica di Marco, che l’affianca all’altra, al seme di senape che cresce tanto fino a diventare albero. Era proverbiale l’immagine della piccolezza del seme di senape. Il paragone è basato sulla potenza che il seme racchiude. E quando questa potenza si dispiega cresce a dismisura e diventa un albero e tutti gli uccelli del cielo (intesi dalla tradizione: i popoli pagani, i pensieri malvagi, tutti i pensieri dell’uomo) vengono a nidificare sui suoi rami, cioè sono attratti e lì trovano riposo. Tale potenza appartiene al seme, non a noi: questo è il motivo profondo della fiducia del cuore rispetto al peso della vita, al peso dei malvagi nella vita. Non importa se abbiamo una fede grande o piccola, basta che sia genuina e questa ha la potenza di fare miracoli, cioè di fare spazio al regno di Dio che viene, in ogni cosa.

X Domenica T.O.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo Ordinario – X Domenica (9 giugno 2024)

Sembra che la liturgia di oggi consideri la storia dell’umanità secondo il tentativo del diavolo di pervertire l’alleanza di Dio con l’uomo. Da questo punto di vista il diavolo è presentato come un essere radicalmente geloso: istilla nell’uomo l’idea che Dio sia geloso delle sue prerogative da ingannare l’uomo e istilla fra gli uomini l’idea di non credere al bene per non sentirsi da meno di nessuno. Il brano della Genesi e il brano evangelico fanno pensare in questi termini. In pratica, l’azione del diavolo tende a distorcere la visione di Dio nella sua bontà verso di noi. Se, con la prima lettura, il diavolo tende a prevaricare sull’uomo, con il vangelo risulta perdente e messo fuori gioco. Il mistero di questa lotta segreta è ben illustrato dal canto al vangelo: “Ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,31-32).

VI Domenica T.O.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo Ordinario – VI Domenica (11 febbraio 2024)

“Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia …” (Is 53,2-3). Sono le parole confacenti a un lebbroso. Il Signore si è addossato i nostri mali da portarne tutto l’orrore, come un lebbroso. Nel descrivere il tormento a cui sarà sottoposto il Servo di Jahvé (Is 53,4) il profeta ne parla come di un uomo ‘colpito (dalla lebbra)’, tanto che si era anche diffusa la tradizione del Messia lebbroso (è riportata nel Talmud, bSan 98 b). Gesù morirà fuori dalla porta della città come un lebbroso, un maledetto. E sembra che la finale del brano odierno, con Gesù che se ne deve stare fuori da città e villaggi, richiami appunto la stessa condizione del lebbroso, proprio di colui che si è addossato le nostre infermità.

V Domenica T.O.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo Ordinario – V Domenica (4 febbraio 2024)

“Andiamocene altrove … per questo infatti sono venuto”. L’inquietudine di arrivare a tutti nasconde anche l’inquietudine di arrivare a Gerusalemme, dove quella volontà di salvezza si compirà in tutto il suo splendore. I suoi ‘miracoli’ annunciano l’Inviato che fa entrare nel regno, nella ritrovata alleanza con il Dio della salvezza. In quell’ansia di Gesù, nel suo doppio significato di raggiungere tutti e che tutto il suo segreto si sveli, sta racchiusa l’urgenza della missione della chiesa in tutti i tempi.

Ciò mi induce a credere che la preghiera ha a che fare, anzitutto, con il desiderio di comunione con gli uomini da parte di Dio, prima ancora che essere espressione del desiderio degli uomini di stare in compagnia di Dio. Se non percepissimo l’eco di quel desiderio di Dio, potremmo mai pregare davvero? Il fatto che Gesù si ritiri da solo a pregare esprime proprio l’immensità del desiderio di Dio per l’uomo…