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Quinto ciclo

Anno liturgico C (2015-2016)

Solennità e feste

Ss. Trinità

(22 maggio 2016)

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Pro 8, 22-31;  Sal 8;  Rm 5, 1-5;  Gv 16, 12-15

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Gesù, che pur rappresenta per noi l’espressione stessa dell’amore (“li amò sino alla fine”, Gv 13,1), non si definisce mai come amore, termine che invece è riservato al Padre, come la preghiera stessa della Chiesa sottolinea: “Ti glorifichi, o Dio, la tua Chiesa, contemplando il mistero della tua sapienza con la quale hai creato e ordinato il mondo; tu che nel Figlio ci hai riconciliati e nello Spirito ci hai santificati, fa’ che nella pazienza e nella speranza possiamo giungere alla piena conoscenza di te che sei amore, verità e vita”, dove amore fa riferimento al Padre, verità al Figlio, vita allo Spirito Santo. Del resto, il saluto iniziale della liturgia eucaristica proclama: “La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi”.

Se la preghiera definisce Dio come ‘amore, verità e vita’, riferendosi al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, vuol dire che siamo invitati a pregare perché possiamo averne piena conoscenza, nella pazienza e nella speranza. Tutto procede dalla verità del Figlio che, dandoci il Suo Spirito, che è vita (cioè ci comunica quell’amore che non è più rapibile da niente e da nessuno), ci fa conoscere l’amore del Padre. Da parte nostra tutto procede dall’accoglienza del Figlio, perché il Padre che desideriamo conoscere è il Suo Padre, e lo possiamo conoscere nel Suo Spirito. In tal senso ‘tutta la verità’, di cui parla Gesù riferendosi allo Spirito, non riguarda tanto la verità nei suoi vari enunciati, ma la verità come comunione con Cristo. Di quanta ‘pazienza’ e di quale ‘speranza’ necessita allora l’uomo per realizzare radicalmente e totalmente nella sua vita quella comunione con Cristo! Ma è a partire da quella comunione che la rivelazione del Padre, del Figlio e dello Spirito costituirà la delizia del nostro cuore.

Se è Gesù che rivela compiutamente il desiderio di comunione con gli uomini da parte di Dio e compie il desiderio di comunione con Dio da parte degli uomini, allora ne deriva che la fonte della nostra dignità procede proprio dal fatto che Dio ha reso l’uomo degno dei suoi misteri. Il salmo 8 proclama: “Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?”. In cosa consiste la cura di Dio per l’uomo? Nel passo parallelo del salmo 144, v. 3, le antiche versioni greca e latina riportano: ‘Signore, che cos’è l’uomo, perché ti sia a lui fatto conoscere?’ (Domine, quid est homo, quoniam innotuisti ei?).

Gesù annuncia che lo Spirito ci guiderà a tutta la verità. La frase ha valore di rivelazione nel sottolineare che la guida dello Spirito non è tesa tanto a farci raggiungere la verità, ma ad aprire ogni evento della vita alla manifestazione della verità. In altre parole, in gioco è la possibilità di vivere la nostra vita, dentro tutti gli eventi che la caratterizzano, esteriori e interiori, nella logica dell’esperienza dell’amore di Dio per noi, che nell’umanità di Gesù ha la sua manifestazione più totale. Ogni evento può essere vissuto nell’esperienza dell’amore di Dio che ci trascina nella sua dinamica di comunione con Lui e tra di noi. La guida dello Spirito è tesa proprio a far sì che nessun evento ci impedisca l’esperienza di questo amore; a far sì che ogni evento ci richiami a vivere la potenza di quell’amore, che nulla può mortificare.

Il testo rivela anche la ragione per la quale lo Spirito è in grado di guidarci nella verità: “non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito”. Per cogliere la profondità di questa frase suggerisco di mettersi davanti all’icona della Trinità di Rublev, guardando i tre angeli che attorno a una mensa, con una patena al centro che contiene l’agnello, stanno in dolce colloquio. Quel colloquio, il colloquio eterno di Dio in se stesso, riguarda l’uomo per il quale tutte le cose sono create, riguarda il suo destino di comunione nella gioia dell’amore con il suo Dio, destino che si gioca sull’immolazione dell’Agnello prima della fondazione del mondo (Ap 13,8). Lo Spirito ha udito quello che il Padre e il Figlio si dicono dall’eternità a proposito della creazione e della salvezza dell’uomo.

Lo Spirito, che parla al nostro cuore, è quello Spirito che Gesù emise dalla croce rivelando quanto è grande l’amore di Dio per l’uomo e abilitando l’uomo a vivere del suo stesso Spirito. Lo splendore di quell’amore manifestato da Gesù diventa così, per la potenza del suo Spirito, radice di vita in coloro che ne accolgono la testimonianza. Come dice Giovanni nel prologo del suo vangelo: “A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati” (Gv 1,12-13). È l’azione dello Spirito a far sì che la verità di rivelazione del vero volto di Dio, di cui Gesù è il Testimone, risplenda in tutto il suo splendore; a far sì che quella verità conquisti i cuori interamente e che l’esperienza di quell’amore ci sveli i suoi segreti.

Segreti, che attingono all’origine stessa della creazione, di cui costituiscono il fondamento e lo scopo, come la lettura del capitolo 8 del libro dei Proverbi suggerisce. Un’espressione è particolarmente suggestiva: “… io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo”. Il Padre trovava delizia nel Figlio, la Sapienza (possiamo rammentare le espressioni evangeliche al battesimo e alla trasfigurazione di Gesù: ‘questi è il Figlio mio, l’amato’) e il Figlio trovava delizia nei figli dell’uomo. Come a dire che il colloquio eterno tra il Padre e il Figlio verte sulla salvezza dell’uomo, per il quale il mondo è creato, colloquio che lo Spirito svelerà al nostro cuore rendendocene partecipi. E la partecipazione avverrà stando sottomessi a tutti nel nome di Cristo, che rivela l’amore di Dio, perché la sottomissione ha a che fare con la delizia della Sapienza che presiede alla creazione per amore dell’uomo.

L’immagine più suggestiva dell’amore del Padre, che Gesù testimonia e che lo Spirito ci riversa in seno, la ravviso in un dipinto di Nicoletto Semitecolo, un autore greco attivo in Italia nella seconda metà XIV secolo. Si tratta della Trinità che si trova nella Cattedrale di Padova, che mostra il Cristo crocifisso, senza la croce lignea, inchiodato alle mani del Padre. Cristo, ‘una cosa sola’ con il Padre (Gv 10,30), si lascia crocifiggere alla volontà di Dio di offrire un segno materiale e inequivocabile del suo amore per gli uomini. La sua sottomissione viene espressa come crocifissa sintonia di voleri personali e lo Spirito è proprio questa sintonia d’amore.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Pro 8, 22-31

Dal libro dei Proverbi

Così parla la Sapienza di Dio:

«Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività,

prima di ogni sua opera, all’origine.

Dall’eternità sono stata formata,

fin dal principio, dagli inizi della terra.

Quando non esistevano gli abissi, io fui generata,

quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua;

pri­ma che fossero fissate le basi dei monti,

prima delle colline, io fui generata,

quando ancora non aveva fatto la terra e i campi

né le prime zolle del mondo.

Quando egli fissava i cieli, io ero là;

quando tracciava un cerchio sull’abisso,

quando condensava le nubi in alto,

quando fissava le sorgenti dell’abisso,

quando stabiliva al mare i suoi limiti,

così che le acque non ne oltrepassassero i confini,

quando disponeva le fondamenta della terra,

io ero con lui come artefice

ed ero la sua delizia ogni giorno:

giocavo davanti a lui in ogni istante,

giocavo sul globo terrestre,

ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 8

O Signore nostro Dio, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!

Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,

la luna e le stelle che tu hai fissato,

che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,

il figlio dell’uomo, perché te ne curi?

Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,

di gloria e di onore lo hai coronato.

Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,

tutto hai posto sotto i suoi piedi.

Tutte le greggi e gli armenti

e anche le bestie della campagna,

gli uccelli del cielo e i pesci del mare,

ogni essere che percorre le vie dei mari.

Seconda Lettura  Rm 5, 1-5

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a que­sta grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio.

E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza.

La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.

Vangelo  Gv 16, 12-15

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.

Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.

Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».