Ottavo ciclo
Anno liturgico C (2024-2025)
Solennità e feste
Battesimo del Signore
(12 gennaio 2025)
Is 40,1-5.9-11; Sal 103 (104); Tt 2,1-14;3,4-7; Lc 3,15-16.21-22
Il fatto che la festa di oggi chiude il ciclo natalizio vuol dire che la chiesa ha vissuto il mistero del natale di Gesù nell’ottica della ‘apparizione’: sulla terra è apparso il Salvatore. Tutte le feste sono state celebrate in quest’ottica: il Natale, la santa famiglia, l’epifania. La lettera di Paolo a Tito lo rimarca due volte: “È apparsa infatti la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini … Ma quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini” (Tt 2,11; 3,4). Ecco, la grazia coincide con la bontà di Dio nel suo portare salvezza.
L’evento del battesimo al Giordano svela la singolarità della bontà di Dio nei nostri confronti. Quando la voce proclama: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento” è come fotografasse la verità dell’amore di Dio per noi. Il compiacimento si riferisce al fatto che il Figlio di Dio ha lasciato la sua gloria divina per assumere la forma di servo in modo che nel suo agire potesse risplendere in tutta infinità e assolutezza solo l’amore. Il Padre è compiaciuto del fatto che il Figlio rinuncia a qualsiasi titolo di gloria per poter essere testimone dell’amore suo per noi. Lui, l’Innocente, l’Agnello che toglie i peccati del mondo, si è messo in fila con i peccatori. Lui non ha bisogno del battesimo, eppure è venuto a farsi battezzare. È venuto per celebrare il suo sposalizio: nella sua umanità oramai è lavata tutta l’umanità, che può stare unita a lui e godere, come lui, di quello Spirito che come colomba si posa sul suo capo, capo del suo corpo che siamo noi. Un bellissimo commento di Gregorio di Nazianzo dice: “Cristo è illuminato: illuminiamoci anche noi insieme con Lui; Cristo viene battezzato: scendiamo anche noi nell’acqua insieme a Lui, per risalire con Lui” (Orazione 39,14). Parafrasando: Lui si fa luce, entriamo anche noi nel suo splendore; Cristo riceve il battesimo, inabissiamoci con lui per poter con lui salire alla gloria. L’esortazione si riferisce all’entrare in quel ‘compiacimento’ di cui il Padre onora il Figlio. Di quell’onore, anche i discepoli diventano partecipi, se anche loro seguono Gesù nella rinuncia a qualsiasi titolo di gloria mondana per poter vivere dell’amore di Dio.
In tale ottica si sovrappongono le due immagini che la liturgia sfrutta per celebrare l’evento del battesimo di Gesù. Nel brano del profeta Isaia si proclama: “Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio” (Is 40,10). E subito dopo: “Come un pastore … porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri” (Is 40,11). Dominio e tenerezza, due qualità che non si addicono allo stesso compito, secondo il mondo. Invece, la sintesi di quelle due qualità, sono la ragione del ‘compiacimento’ del Padre per il suo Figlio. La potenza di Dio si esprime nel perdono dei peccati e la tenerezza sono le viscere di misericordia per cui perdona, per cui si fa solidale con noi, fino a subire ogni violenza senza perdere lo splendore dell’amore. Sarà la vicenda di quell’Innocente, che è venuto a farsi battezzare, per sposare in tutto la nostra umanità, eccetto il peccato, eccetto cioè la tendenza a volere gloria e dominio rinnegando l’amore.
S. Efrem canta: “Benedetto colui che ha moltiplicato la vostra bellezza con le acque del battesimo!”. E continua “Dalla porta del battesimo sono tolti cherubino e spada e vi sta il figlio di Dio, per introdurre gli uomini nella casa del padre suo, affinché siano eredi insieme a lui, senza gelosia … Grazie a queste sante acque muore l’iniquità che tutti uccide, e vive l’anima che era stata uccisa in principio con il peccato: essa ha ritrovato la sua bellezza originaria …. O battezzati che avete trovato il Regno nel ventre del battesimo scendete, rivestitevi dell’unigenito, poiché è lui il Signore del Regno”.
L’annotazione che dopo il battesimo di Gesù “il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo” mostra che il grido del profeta Isaia ha ricevuto soddisfazione: “Siamo diventati da tempo gente su cui non comandi più, su cui il tuo nome non è stato mai invocato. Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,19), che segue il ricordo delle meraviglie di Dio: “Egli è grande in bontà per la casa d’Israele. Egli ci trattò secondo la sua misericordia, secondo la grandezza della sua grazia” (Is 63,7). Lo squarciarsi dei cieli è per lasciar discendere lo Spirito Santo, che abilita a far gustare e a vivere per e nell’amore sconfinato di Dio, che si manifesta in quel Figlio. La voce celeste lo conferma: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”. Come accennavo sopra, è l’aggiunta: “in te ho posto il mio compiacimento” a rivelare tutta la profondità del mistero. Si potrebbe tradurre: ‘in te la mia volontà si compie, perfetta’. E la volontà di Dio non è che l’amore per l’uomo e nella vita e nella persona di Gesù questo amore risplende nella sua radicalità e totalità. Se noi rimaniamo in lui, allora anche in noi la volontà del Padre si compirà perché anche in noi il suo amore risplenderà. È ciò che comporta l’essere nati dallo Spirito, il vivere mossi e guidati dallo Spirito, di cui Gesù è ricolmo e che ci ha effuso con la sua morte e risurrezione. Proprio come s. Francesco di Assisi proclamerà della nostra vita in Cristo: “ciò che devono desiderare sopra ogni cosa è di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione”.
La figura di Gesù, nel racconto dei vangeli al battesimo, è definita da tre termini: figlio/servo/agnello. Il compiacimento del Padre si risolve nel fatto che Gesù viene a fare la sua volontà, vale a dire fa riferimento all’obbedienza del servo che accetta fino in fondo il compito affidatogli, ma allude contemporaneamente all’intimità ed alla libertà del figlio che condivide intensamente con il Padre la sua passione d’amore per gli uomini. Per noi accogliere insieme i due riferimenti è proprio difficile! Per noi la volontà di Dio non suona subito come una volontà di Bene, come un Bene che vuole condividere con noi, come una gioia di Bene che riposa i cuori e di Dio e degli uomini. Ma se riconosciamo lo splendore dell’amore di Dio che rifulge dal volto di quel figlio/servo/agnello, potremo anche noi, come lui e in lui, cogliere e compiere il volere di bene di Dio in favore degli uomini e godere della sua gioia che consiste nell’unire ‘i figli di Dio dispersi’. Quando il cuore dell’uomo non si lascia guidare da alcun’altra ragione nel suo agire, saprà che la fraternità con gli uomini è il supremo desiderio di Dio e il luogo di manifestazione del suo splendore. Così si compiono i misteri di Dio, così l’uomo torna alle radici della sua gioia, nel suo Dio. Cose misteriose, certo, ma veritiere e fondanti il senso stesso del nostro vivere e del nostro desiderare.
Avviene ciò che poeticamente canta s. Efrem mettendo le parole in bocca alla madre di Gesù: “Colei che è nata libera, figlio mio, è tua ancella, se ti serve. E la schiava in te è libera, in te è consolata poiché è stata affrancata. Un’emancipazione invisibile è posta nel suo grembo, se è te che ama”. E in un altro passo: “Nelle acque ha trovato il modo di scendere e dimorare in noi, come il modo della misericordia quando scese e dimorò nell’utero. Oh, misericordia di Dio, che si cerca tutti i modi per prendere dimora in noi!”.
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]
Prima Lettura Is 40,1-5.9-11
Dal libro del profeta Isaìa
«Consolate, consolate il mio popolo
– dice il vostro Dio –.
Parlate al cuore di Gerusalemme
e gridatele che la sua tribolazione è compiuta,
la sua colpa è scontata,
perché ha ricevuto dalla mano del Signore
il doppio per tutti i suoi peccati».
Una voce grida:
«Nel deserto preparate la via al Signore,
spianate nella steppa la strada per il nostro Dio.
Ogni valle sia innalzata,
ogni monte e ogni colle siano abbassati;
il terreno accidentato si trasformi in piano
e quello scosceso in vallata.
Allora si rivelerà la gloria del Signore
e tutti gli uomini insieme la vedranno,
perché la bocca del Signore ha parlato».
Sali su un alto monte,
tu che annunci liete notizie a Sion!
Alza la tua voce con forza,
tu che annunci liete notizie a Gerusalemme.
Alza la voce, non temere;
annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio!
Ecco, il Signore Dio viene con potenza,
il suo braccio esercita il dominio.
Ecco, egli ha con sé il premio
e la sua ricompensa lo precede.
Come un pastore egli fa pascolare il gregge
e con il suo braccio lo raduna;
porta gli agnellini sul petto
e conduce dolcemente le pecore madri».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 103 (104)
R. Benedici il Signore, anima mia.
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Sei rivestito di maestà e di splendore,
avvolto di luce come di un manto,
tu che distendi i cieli come una tenda. R.
Costruisci sulle acque le tue alte dimore,
fai delle nubi il tuo carro,
cammini sulle ali del vento,
fai dei venti i tuoi messaggeri
e dei fulmini i tuoi ministri. R.
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.
Ecco il mare spazioso e vasto:
là rettili e pesci senza numero,
animali piccoli e grandi. R.
Tutti da te aspettano
che tu dia loro cibo a tempo opportuno.
Tu lo provvedi, essi lo raccolgono;
apri la tua mano, si saziano di beni. R.
Nascondi il tuo volto: li assale il terrore;
togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra. R.
Seconda Lettura Tt 2,1-14;3,4-7
Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito
Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.
Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.
Ma quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro,
e il suo amore per gli uomini,
egli ci ha salvati,
non per opere giuste da noi compiute,
ma per la sua misericordia,
con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo,
che Dio ha effuso su di noi in abbondanza
per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro,
affinché, giustificati per la sua grazia,
diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Viene colui che è più forte di me, disse Giovanni;
egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. (Cf. Lc 3,16)
Alleluia.
Vangelo Lc 3,15-16.21-22
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».