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Ottavo ciclo

Anno liturgico B (2023-2024)

Solennità e Feste

XXXIV Domenica

Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo

(24 novembre 2024)

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Dn 7,13-14;  Sal 92 (93);  Ap 1,5-8;  Gv 18,33b-37

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Il ciclo liturgico si chiude fissando lo sguardo su due immagini che si sovrappongono: quella dell’Agnello e quella del Re. L’antifona di ingresso canta: “L’Agnello immolato … a lui gloria e potenza nei secoli dei secoli”. Salmo responsoriale e letture presentano la figura del Figlio dell’uomo nello splendore della sua gloria regale. Sebbene l’immagine del re richiami la signoria universale di Gesù e il suo ruolo di Giudice alla fine dei tempi, la liturgia sceglie come icona della regalità il brano evangelico del processo davanti a Ponzio Pilato e ai capi dei giudei.

Quando Pilato rientra nel pretorio e fa chiamare Gesù, prima di chiedere che cosa abbia fatto di male, gli chiede: “Sei tu il re dei Giudei?”. Non usa l’espressione tradizionale ‘re di Israele’, dal significato messianico, improprio sulla bocca di un romano. Secondo lui, il fatto che sia reo di morte per le autorità giudaiche comporta che si sia fatto passare per re. E quando Pilato chiede a Gesù cosa abbia fatto di male, Gesù risponde parlando della propria regalità. E abbina il suo essere re alla testimonianza della verità. È questo il passaggio determinante che va compreso.

Nel linguaggio biblico verità e fedeltà sono espresse da un unico termine ‘èmet’. A differenza della lingua greca per la quale la verità è la rivelazione di ciò che è nascosto, nella lingua ebraica la verità è ciò che resta fedele a se stesso, che rimane stabile senza cambiamenti. Ora, la verità e la fedeltà che di Dio si professa in tutte le Scritture è la sua misericordia, il suo amore misericordioso, che non viene mai meno nonostante le ribellioni dell’uomo. Potremmo dire: la verità di Dio è la fedeltà ininterrotta al suo amore per l’uomo. Gesù è proprio il Testimone per eccellenza di quella verità.

Il re messianico, colui che avrebbe inaugurato l’era messianica, era designato con l’espressione ‘colui che viene’, espressione che era risuonata festosa, pochi giorni prima, sulla bocca dei discepoli all’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme, ripresa dal canto al vangelo: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!” (Mc 11,9-10). Per mettere maggiormente in risalto il valore dell’espressione sarebbe bene tradurre: ‘Benedetto nel nome del Signore colui che viene!’. Se teniamo presente che quell’espressione risuona come definizione di Dio: “Io sono l’Alfa e l’Omega, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente” (Ap 1,8) e che l’ultima parola della Bibbia si raccoglie in un doppio grido da e per Colui che viene: “Sì, vengo presto! Amen. Vieni, Signore Gesù” (Ap 22,20), allora se ne può intuire la densità di significato. Sono tutti termini che si riferiscono alla grandezza e infinitezza dell’Amore misericordioso di Dio per l’uomo, Amore che ha posto in essere le cose, le ha guidate al loro compimento nel fatto di partecipare alla dinamica di questo amore che tutto avvolge e tutto fa splendere, Amore che si concentra proprio in Gesù nel suo essere vilipeso e condannato ma in cui sovrano regna l’amore. Nella definizione di Dio non rientra la qualifica ‘Colui che sarà’, come verrebbe spontaneo aggiungere alle prime due: Colui che è e che era. Perché il futuro non è che la potenza del presente infinitamente dilatato fino a comprendere tutti i tempi e l’eternità. Perché di questo si tratta con Gesù, proclamato re: l’Amore di Dio è vittorioso su tutto. Re va abbinato a Onnipotente nell’amore. E qui risalta ancora più stridente l’accusa delle autorità giudaiche con cui Gesù è stato consegnato a Pilato: è un malfattore (letteralmente: fa cosa cattiva), lui, che incarna la Bontà di Dio per l’uomo, proprio di lui viene detto che fa cosa cattiva!

Un’espressione nel prologo della Regola di s. Benedetto richiama potentemente questa rivelazione della regalità di Gesù che permea i discepoli che vogliono correre nelle vie di Dio descritti ‘col cuore dilatato dall’indicibile sovranità dell’amore’. Partecipano di quello che il prefazio della messa di oggi canta rispetto alla regalità del Cristo: ‘assoggettate al suo potere tutte le creature …’. Se Gesù è re e la sua regalità si manifesta come testimonianza alla verità, che è splendore dell’amore del Padre per noi, allora non possiamo non intendere che l’amore è l’azione di signoria sul mondo. La verità è l’opposto del potere ed è per questo che la verità proclamata da Gesù splende regale sulla croce. In questo senso il suo regno non può essere di questo mondo. Non vuol dire però che non riguarda questo mondo, ma più semplicemente e più potentemente che si esprime in questo mondo potendo trasfigurare il mondo nella potenza del suo amore misericordioso, potendo far risplendere le minime cose senza sciuparle, potendo riprendere ciò che è rotto e farne un canale. Come Gesù aveva promesso: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32).

Se riandiamo alla grande preghiera sacerdotale di Gesù nel cap. 17 del vangelo di Giovanni, notiamo come la sua intercessione per i credenti riguarda il fatto che siano una cosa sola, che siano custoditi dal maligno e che conoscano il vero Dio e colui che ha mandato. Ora, conoscere il vero Dio comporta il fatto che l’uomo rinunci radicalmente all’adorazione di sé, al fatto di prendersi per piccolo dio, in modo che non abbia più bisogno di esercitare alcun potere per farsi grande ma si sottometta totalmente all’amore che rende tutti grandi. Nel definire i figli di Dio come re, sacerdoti e profeti, come testimonia il Nuovo Testamento, si allude al regno della signoria di Cristo per cui si partecipa alla comunione con lui nell’essere una sola cosa con il Padre (re è allusivo anche di Adamo prima del peccato quando l’abito della carne era lo splendore della comunione con Dio), alla sua dignità sacerdotale nell’offrire la vera adorazione al Padre, alla sua dignità profetica nel bucare la cronaca quotidiana aprendola alla potenza della parola che salva. Così preghiamo con l’invocazione del Padre Nostro: venga il tuo regno, si manifesti in noi il tuo regno, ora e sempre.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  Dn 7,13-14

Dal libro del profeta Daniele

Guardando nelle visioni notturne,

ecco venire con le nubi del cielo

uno simile a un figlio d’uomo;

giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui.

Gli furono dati potere, gloria e regno;

tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano:

il suo potere è un potere eterno,

che non finirà mai,

e il suo regno non sarà mai distrutto.

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 92 (93)

R. Il Signore regna, si riveste di splendore.

Il Signore regna, si riveste di maestà:

si riveste il Signore, si cinge di forza. R.

È stabile il mondo, non potrà vacillare.

Stabile è il tuo trono da sempre,

dall’eternità tu sei. R.

Davvero degni di fede i tuoi insegnamenti!

La santità si addice alla tua casa

per la durata dei giorni, Signore. R.

Seconda Lettura  Ap 1,5-8

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

Gesù Cristo è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra.

A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.

Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà,

anche quelli che lo trafissero,

e per lui tutte le tribù della terra

si batteranno il petto.

Sì, Amen!

Dice il Signore Dio: Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!

Vangelo  Gv 18,33b-37

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».

Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».

Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».