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Ottavo ciclo

Anno liturgico B (2023-2024)

Tempo Ordinario

XXXIII Domenica

(17 novembre 2024)

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Dn 12,1-3; Sal 15 (16);  Eb 10,11-14.18;  Mc 13,24-32

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Il ciclo dell’anno liturgico volge al termine e la chiesa si trova proiettata nella tensione della ‘attesa della fine’. Le letture di oggi ricordano gli eventi ultimi, misteriosi, quelli che precedono la seconda venuta del Figlio dell’uomo sulle nubi, quando verrà nella gloria a giudicarci e ad aprirci le porte del Regno. In un’unica sequenza vengono mescolati gli avvenimenti della morte-risurrezione di Gesù, della distruzione di Gerusalemme ad opera dei romani, delle tragedie della storia umana, delle prove e del martirio dei credenti, dei segni cosmici alla fine dei tempi, del giudizio finale imminente. Come disporre il cuore ad ascoltare la parola di vita che risuona in tutte queste parole?

La finestra di luce è data dall’antifona di ingresso che riprende alcuni versetti del cap. 29 del profeta Geremia: “Dice il Signore: «Io ho progetti di pace e non di sventura. Voi mi invocherete e io vi esaudirò: vi radunerò da tutte le nazioni dove vi ho disperso»”. È la testimonianza del profeta fatta recapitare per lettera agli esiliati in Babilonia, invitati ad accettare la prova nell’attesa dell’intervento liberatore del Signore, senza cedere a false promesse di falsi profeti per false e presunte liberazioni che non ci sarebbero state. Anche la colletta si esprime nella stessa ottica: “… accresci in noi la fede, ravviva la speranza e rendici operosi nella carità, mentre attendiamo la gloriosa manifestazione del tuo Figlio”, che l’antica colletta concludeva con l’aggiunta: “che verrà per riunire tutti gli eletti nel suo regno”. Come a dire: donaci lo Spirito di Gesù che fa risplendere il tuo amore tra gli uomini perché anche noi, mossi dallo stesso amore, possiamo vedere fin da ora l’avvento del tuo regno che compone in unità i figli di Dio dispersi. Se per questo lui è venuto, in questo possiamo vedere i progetti di pace di Dio realizzarsi. Questo, perché dice il Signore: “Mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il cuore; mi lascerò trovare da voi. Oracolo del Signore” (Ger 29,13).

L’insistenza sulle prove, sui dolori, sulle tribolazioni, sul martirio, che il linguaggio apocalittico esalta con immagini roboanti, non fa che acuire la vista sull’unicum necessario, mantenere cioè il cuore in quell’amore che da lui discende e che a lui riporta perché tutti possa conquistare, finalmente. Al di fuori di lui, progetto di pace di Dio per l’uomo, quell’amore non si attinge e la tragedia della storia resta solo tragedia, la dispersione resta solo un sogno irrimediabilmente infranto che acuisce la rabbia e la separazione tra gli uomini e appressa semplicemente la fine senza far raggiungere il fine. Per questo, quando la prova incombe, la tentazione assale, lo sconvolgimento irrompe, l’avvertimento che risuona è sempre il medesimo: state attenti, vegliate! Non ingannate il vostro cuore, non lasciatevi ingannare! Tra l’altro, il capitolo 13 di Marco finisce con la parola ‘vegliate’. E subito dopo inizia il capitolo 14 con il racconto della passione di Gesù. Niente di quel che accade è coglibile nel suo mistero se il cuore è disperso, vaneggia o resta irretito nelle passioni umane.

Lo ripete il canto al vangelo: “Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di comparire davanti al Figlio dell’uomo”. La frase completa suona: “… perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire [stare in piedi] davanti al Figlio dell’uomo” (Lc 21,36). L’avvertimento riguarda la verità della vita che sempre ci sfugge, la realtà di un incontro che farà emergere la verità della vita, come ci ricorda il seguito del passo parallelo di Matteo con la parabola del giudizio finale. Qui si insiste sul fatto che non ci sarà tempo per prepararsi come noi vorremmo, non varranno giustificazioni di sorta, non ci sarà possibilità di sottrarsi al giudizio e perciò tanto vale vivere oggi nell’ottica della verità che comporta quel giudizio. Perché, ci ricorda Gesù: “il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”.

Proprio perché crediamo che l’esito finale sarà la manifestazione gloriosa del regno di Dio, per cui tutti vedranno quanto è grande l’amore di Dio per gli uomini sia che se ne partecipi nella gioia sia che ce ne si senta dolorosamente privati, ci diamo premura perché anche il nostro agire, nell’oggi che ci è dato, sia teso a rivelare quella manifestazione, a far sì che appaia al nostro cuore, oggi, nel suo splendore, quell’amore che ci è stato riversato nella persona del Figlio dell’uomo. Così, ogni evento della fine non può che ricollegarsi all’evento della morte-risurrezione del Figlio dell’uomo il quale davvero consuma la storia, aprendola al suo fine, alla rivelazione di quel progetto di pace.

La domanda angosciosa che ci accompagna resta sempre la medesima: ma perché la storia deve contemplare nel suo seno tanto dolore? Perché il Figlio dell’uomo è anche l’uomo dei dolori? Potremmo timidamente rispondere: si convince forse un cuore dell’amore che gli porti se non vede che puoi anche soffrire per lui? E la risposta resta segreta nel cuore di Dio, segreto a cui il cuore attinge quando non si premura d’altro che di condividere il progetto di pace di Dio. Proprio come canta l’antifona alla comunione: “Il mio bene è stare vicino a Dio, nel Signore ho posto il mio rifugio”. Oppure, come nel ritornello del salmo responsoriale: “Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio”. Da intendere: possiamo davvero venir custoditi proprio dalla manifestazione dell’amore del Signore al nostro cuore, che così ne resta conquistato, in modo tale che quell’amore risulti il segreto vero della nostra umanità, la nostra potenza di vita.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  Dn 12,1-3

Dal libro del profeta Daniele

In quel tempo, sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo.

Sarà un tempo di angoscia, come non c’era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro.

Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna.

I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre.

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 15 (16)

R. Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.

Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:

nelle tue mani è la mia vita.

Io pongo sempre davanti a me il Signore,

sta alla mia destra, non potrò vacillare. R.

Per questo gioisce il mio cuore

ed esulta la mia anima;

anche il mio corpo riposa al sicuro,

perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,

né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. R.

Mi indicherai il sentiero della vita,

gioia piena alla tua presenza,

dolcezza senza fine alla tua destra. R.

Seconda Lettura  Eb 10,11-14.18

Dalla lettera agli Ebrei

Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e a offrire molte volte gli stessi sacrifici, che non possono mai eliminare i peccati.

Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi. Infatti, con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.

Ora, dove c’è il perdono di queste cose, non c’è più offerta per il peccato.

Vangelo  Mc 13,24-32

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«In quei giorni, dopo quella tribolazione,

il sole si oscurerà,

la luna non darà più la sua luce,

le stelle cadranno dal cielo

e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.

Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.

Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.

In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».