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Ottavo ciclo

Anno liturgico B (2023-2024)

Tempo Ordinario

XXI Domenica

(25 agosto 2024)

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Gs 24,1-2a.15-17.18b;  Sal 33 (34);  Ef 5,21-32;  Gv 6,60-69

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Si conclude il lungo discorso di Gesù a proposito della sua rivelazione: lui è il pane disceso dal cielo, il cibo di vita eterna. L’esito non è felice, nessuno ha compreso e il grosso dei discepoli conclude: “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?”, andandosene via. Di per sé, l’esito è ancora più drammatico se consideriamo la finale del capitolo 6 di Giovanni, che la liturgia omette, con l’accenno a Giuda Iscariota, colui che consegnerà il maestro nelle mani dei suoi avversari. È Gesù stesso a sottolinearlo: “Non sono forse io che ho scelto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!” (Gv 6,70).

Davanti all’abbandono di tanti, Gesù non abbassa la posta in gioco per essere accettato e passa la palla ai suoi apostoli: “Volete andarvene anche voi?” (Gv 6,67). Pietro, a nome dei Dodici, risponde a partire da ciò che l’aveva affascinato fin dall’inizio e che la parola ostica del discorso di Gesù non ha scalfito: “Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,67). Anche lui non comprende, come la folla dei discepoli, ma, a differenza loro, rimane con Gesù. La fiducia rinnovata in lui lo renderà capace, a suo tempo, di cogliere il segreto di Gesù.

La liturgia di oggi pone due grosse questioni. La prima: l’uomo può scandalizzarsi del suo Dio. Può facilmente passare dall’entusiasmo alla delusione, forse per le attese/pretese che non abbandonano mai il cuore dell’uomo e restare sulla sua fame. La seconda: su chi o cosa fare fiducia per non fallire la vita?

La prima lettura, tratta dal libro di Giosuè, descrive il popolo d’Israele entrato nella Terra promessa, dopo la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto e la tortuosa peregrinazione nel deserto. Nessuno di coloro che in età adulta avevano lasciato l’Egitto, nemmeno Mosè, e con la sola eccezione di Giosuè, era entrato nella Terra promessa. Si tratta ora di impostare la vita nella nuova condizione di libertà. Chi si vuole servire? Quale dio servire? La scelta è appunto tra Dio e gli dèi, gli idoli. L’insegnamento di fondo è che l’uomo non dispone di libertà assoluta; ha la libertà di scegliere chi servire. Nel linguaggio della Scrittura ‘servire’ Dio allude a un rapporto gioioso e liberatorio che esalta le energie dell’anima, sottraendola alle schiavitù quotidiane e all’oppressione del male. E il ‘servizio’ funziona in ragione della continuamente reiterata libertà di scelta per la verità. Ma per quale verità si è disposti ad impegnarsi?

Lo esprime bene il popolo: “Perciò anche noi serviremo il Signore, perché Egli è il nostro Dio” (Gs 24,18). ‘Nostro’ non tanto perché lo scegliamo noi, ma perché Lui ha mostrato il suo favore a noi, perché Lui ha fatto questo e questo per noi. Da notare che coloro che parlano così non hanno visto personalmente i prodigi di Dio che li aveva liberati dalla schiavitù egiziana. Lo affermano sulla base del racconto dei loro padri. In quel ‘anche noi’ non c’è solo il riconoscimento della fede dei padri; c’è soprattutto il riconoscimento dell’agire di Dio per i loro padri, e quindi per loro stessi. La stessa cosa avviene per i discepoli di Gesù. Di fronte alla sua persona, questo appunto risalta: lui mostra il Dio che si appressa a noi. Come in lui Dio serve noi, così noi in lui serviamo Dio, vale a dire lo riconosciamo nel suo amore per noi. Come ripetiamo nel salmo responsoriale, il Signore è riconosciuto vicino da chi lo accoglie nella sua fatica del vivere, senza scandalizzarsi. Perché l’amore di Dio si mostra nell’umanità di Gesù sotto le categorie della debolezza e della stoltezza al giudizio del mondo, che è lo stesso giudizio della carne, quella che Gesù dice non servire a nulla per trovare e avere la vita.

Di fronte all’incomprensione dei suoi discepoli Gesù non riduce il Dono di Dio, non banalizza il suo mistero. Ne svela i vari aspetti, ma il mistero resta. Questo significa che la tensione del cuore, come giustamente proclama Pietro, non va puntata sul contenuto del mistero, ma sul dinamismo che lo caratterizza: “Dio ha tanto amato gli uomini da dare il suo Figlio unigenito…”. Da cogliere è la ‘intenzione’ di Dio, che va diritta al cuore. È appunto ciò che fa Pietro rispondendo a Gesù. Pietro non si esprime in merito al discorso che Gesù ha fatto, ostico anche per lui, ma si esprime in merito al senso della Sua persona per il suo cuore, perché intuisce che lì può trovare la vita. L’accento della sua affermazione cade sul ‘Tu’ hai parole di vita eterna. Sarà sempre quel ‘tu’ che permetterà a Pietro di attraversare le sue fragilità, i suoi tormenti, il suo tradimento. Se si fosse fermato a ciò che Gesù diceva, molte volte avrebbe abbandonato il suo maestro, perché spesso non riusciva a capire, perché fraintendeva, perché la sua pretesa di gloria gli impediva di entrare nel segreto di Gesù. Basta rileggere il racconto evangelico da questa angolatura per rendersene conto.

Alla fine viene da pensare: se è Dio ad attirare gli uomini, allora in che cosa gli uomini sono responsabili del suo rifiuto? È Dio a scegliere, ma la sua scelta non comporta automatismi, perché fidarsi di Dio significa fidarsi dello spazio di libertà in cui ci pone per rispondere con il nostro amore al suo amore. Niente è scontato, se tutto è grazia. Così, lo spazio di libertà in cui è posto l’uomo è in funzione della possibilità dell’incontro col suo Dio, nella gioia di servirlo facendo fiorire la sua umanità. L’uomo però può anche scegliere di andare dietro altri dèi, che gli sembrano garantirgli migliore soddisfazione, per scoprire poi che si è lasciato illudere, restando in balia delle sue ossessioni. Ecco, l’uomo è invitato a vivere nell’alleanza offertaci da Dio, in Cristo, e non a condizionare l’alleanza con i suoi scopi, che comportano il rifiuto di quelli di Dio. Ma negli scopi di Dio sta appunto l’offerta di vita eterna, che non può provenire da noi stessi. È lo stesso spazio del dramma che si trasforma nello spazio di una vita piena, toccata da una gioia inattaccabile, allorché Dio e l’uomo si incontrano, esperienza però sempre misteriosa, imprevedibile e decisamente drammatica.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  Gs 24,1-2a.15-17.18b

Dal libro di Giosuè

In quei giorni, Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele a Sichem e convocò gli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio.

Giosuè disse a tutto il popolo: «Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrèi, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore».

Il popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 33 (34)

R. Gustate e vedete com’è buono il Signore.

Benedirò il Signore in ogni tempo,

sulla mia bocca sempre la sua lode.

Io mi glorio nel Signore:

i poveri ascoltino e si rallegrino. R.

Gli occhi del Signore sui giusti,

i suoi orecchi al loro grido di aiuto.

Il volto del Signore contro i malfattori,

per eliminarne dalla terra il ricordo. R.

Gridano e il Signore li ascolta,

li libera da tutte le loro angosce.

Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,

egli salva gli spiriti affranti. R.

Molti sono i mali del giusto,

ma da tutti lo libera il Signore.

Custodisce tutte le sue ossa:

neppure uno sarà spezzato. R.

Il male fa morire il malvagio

e chi odia il giusto sarà condannato.

Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;

non sarà condannato chi in lui si rifugia. R.

Seconda Lettura  Ef 5,21-32

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto.

E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo.

Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne.

Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!

Vangelo  Gv 6,60-69

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».

Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».

Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».

Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.

Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».