Ottavo ciclo
Anno liturgico B (2023-2024)
Tempo di Pasqua
VI Domenica di Pasqua
(5 maggio 2024)
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At 10, 25-27.34-35.44-48; Sal 97 (98); 1Gv 4, 7-10; Gv 15, 9-17
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Continuando nella meditazione sul mistero della nostra vita in Cristo, al paragone della vite e dei tralci Gesù aggiunge una nota personale : “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi… come io ho osservato i comandamenti del Padre mio … questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati”.
A dire il vero, le frasi di Gesù suonano piuttosto strane. Non ha molto senso infatti dire che uno è amico se fa ciò che gli comanda l’altro, oppure unire l’amare al fatto di essere comandati. In questo intensissimo brano, dagli accenti estremamente confidenziali, si aprono continuamente nuovi livelli di comprensione a seconda di come le varie espressioni sono tenute insieme. La complessità è intenzionale perché la densità di ciò che viene rivelato è tale da doverla accostare da più punti e l’ascoltatore o il lettore è condotto, per accostamenti successivi, a entrare sempre più nel profondo.
Ho osservato una particolarità che a me sembra oltremodo significativa. Gesù parla di amore, gioia e comandamento, ma nei versetti 9,10 e 11, si legge una specificazione singolare. “Rimanete nel mio amore”, in greco: nell’amore quello mio; “perché la mia gioia sia in voi”, la gioia quella mia; “questo è il mio comandamento”, il comandamento quello mio. È come se il testo volesse insistere sulla natura, sulla qualità di quell’amore, di quella gioia e di quel comandamento. Se Gesù intesse il suo discorso su tre come, è perché allude a ciò che lo caratterizza in proprio. Evidentemente il come non ha valore di paragone, quasi Gesù volesse additarci lui come esempio in modo da raggiungere l’uguaglianza di intensità con lui nell’amore. Sarebbe oltremodo presuntuoso per noi uomini. Non esprime uguaglianza, ma ragion d’essere, identità di movimento, natura del movimento. Gesù riferisce tutto al Padre, come se dicesse: tutta la compiacenza che il Padre ha posto su di me (si pensi al battesimo e alla trasfigurazione), io l’ho posta su di voi. Voi, in me, siete chiamati a entrare sotto questa compiacenza e a goderne i benefici. Tale compiacenza dura dall’eternità e lungo tutta la storia.
Lo proclamiamo con il salmo 97/98, salmo che fa parte dei cinque salmi con cui gli ebrei ricevono liturgicamente il Sabato (salmi 95-99), con l’espressione: “Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza”, ragion per cui si è invitati a cantare in modo nuovo: “cantate al Signore un canto nuovo”. Se il cuore si apre al mistero del Figlio, inviato a mostrare la grandezza dell’amore del Padre e a riunire i figli di Dio dispersi, allora non può non sentire compiersi la promessa di Gesù: “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”, gioia che qualche versetto più avanti verrà definita: “Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Gv 16,22).
La gioia è collegata all’esperienza dell’amore, amore che lascia sgorgare fluente la vita. È caratteristico il legame dell’amore con la vita. L’amore rende la vita degna di essere vissuta perché l’amore dà vita, porta vita. Ma perché questo sia effettivo e duraturo, deve valere anche l’aggiunta: l’amore fa dare la propria vita, come è stato per Gesù. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la propria vita per i propri amici”. Il che non comporta solo il morire per l’altro, ma il mettere a disposizione la propria vita per l’altro di modo che la propria vita diventi per l’altro alimento, calore, rifugio, riposo, senza alcun limite. Mi sembra risieda proprio in questo particolare aspetto la promessa di Dio all’uomo: “se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui” (Gv 14,23), ripreso dal canto al vangelo. Come a dire: il venire di Dio ed il suo dimorare nel cuore dell’uomo, che osserva la parola di Gesù, comporta il renderlo partecipe della sua stessa vita, comporta il metterlo a parte dei suoi segreti e della sua sapienza di vita. E questo Gesù chiama: “perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. La gioia è il frutto più autentico non semplicemente dell’amore, ma dell’amore che si è trasformato in vita piena, donata, consegnata.
I passaggi sarebbero così compresi: Dio dà il suo Figlio per amore dell’uomo, ma Dio ama tutti coloro che si trovano nel Figlio, cioè coloro che, guidati dal suo stesso Spirito, perdonati e pacificati, si dispongono a far splendere l’amore del Signore comunque. Per quanto dobbiamo aggiungere che l’amore e la gioia sono gli ultimi due passaggi di una serie di quattro, come lucidamente nota Isacco Siro: “A misura della tua umiltà, ti sarà data la capacità di sopportare le tue difficoltà; a misura della tua capacità di sopportare, si alleggerisce il peso della tua anima ed essa è consolata nelle sue afflizioni; a misura della sua consolazione, si accresce il tuo amore per Dio; e a misura del tuo amore, si accresce la tua gioia nello Spirito”. E il movimento continua: a misura della tua gioia si accresce l’umiltà, ecc. (…)
Sono delineati come tre livelli concentrici di realtà: tra il Padre e Gesù, tra Gesù e noi, tra di noi. Il comandamento dell’amore vicendevole pesca nell’intimità di amore del Padre per il Figlio e del Figlio per noi. Fa da perno la persona del Figlio, inviato dal Padre, che si dà a noi nel suo amore salvatore. I comandamenti del Padre sono la salvezza dell’uomo, veicolano la partecipazione alla sua compiacenza in funzione di una comunione nell’amore e questo è il senso della nostra storia. Chi non coglie questa dimensione troverà senza senso o troppo dura la vita perché non riposa in un’intimità (è la sfumatura di significato del termine ‘rimanere’). La dinamica dell’amore è tale che o si estende a tutti o si perde, nel senso che non è possibile limitare a qualcuno l’amore e negarlo ad altri. Non sarebbe più un amore come quello di Gesù. E l’estensione a tutti ha una concretezza che ne qualifica la verità: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati”. L’amore a tutti comporta il trascinare tutti dentro quell’amore vicendevole che è tipico dell’esperienza di comunione con Gesù, rivelatore dell’amore del Padre. Tanto che Gesù può riassumere i comandamenti in uno solo: l’amore vicendevole, che deriva dall’intimità di vita con il proprio Dio Salvatore. Se alla fine non si parla più di comandamenti, ma di un solo comandamento, vuol dire che quel comandamento non solo riassume tutti gli altri, ma di tutti mostra lo scopo unico, il sigillo di autenticità e di vigore. L’amore vicendevole è direttamente dipendente dall’esperienza dell’amore salvatore del Signore. Non si accede all’amore per entusiasmo, ma per intima compassione, goduta e condivisa.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]
Prima Lettura At 10,25-26.34-35.44-48
Dagli Atti degli Apostoli
Avvenne che, mentre Pietro stava per entrare [nella casa di Cornelio], questi gli andò incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Àlzati: anche io sono un uomo!».
Poi prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga».
Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio.
Allora Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?». E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Quindi lo pregarono di fermarsi alcuni giorni.
Salmo Responsoriale Dal Sal 97 (98)
R. Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo. R.
Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele. R.
Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni! R.
Seconda Lettura 1Gv 4,7-10
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo
Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.
In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.
In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Vangelo Gv 15,9-17
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».