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Ottavo ciclo

Anno liturgico B (2023-2024)

Solennità e feste

Battesimo del Signore

(7 gennaio 2024)

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Is 55,1-11;  Is 12,2-6;  1Gv 5,1-9;  Mc 1,7-11

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Nella tradizione orientale l’Epifania è denominata con il termine al plurale ‘Sante Teofanie del Signore nostro Gesù Cristo’, comprendente evidentemente il Battesimo di Gesù al Giordano. Così canta la liturgia: “Volendo salvare l’uomo che si era sviato, * non sdegnasti di rivestire forma di servo: * conveniva infatti a te, Sovrano e Dio, * assumere per noi ciò che è nostro: * battezzato infatti nella carne, o Redentore, * tu hai ottenuto a noi la remissione. * Perciò a te acclamiamo: * Cristo benefattore, Dio nostro, * gloria a te”. E interpreta per noi l’evento: “Quando con la tua epifania * illuminasti l’universo, * fuggí allora * il mare salmastro dell’incredulità, * e il Giordano che scorreva verso il basso, * si volse, innalzando noi al cielo; * custodiscici dunque, o Cristo Dio, * nelle altezze dei tuoi divini comandamenti, * per l’intercessione della Madre-di-Dio, * e abbi pietà di noi”.

Anche la tradizione latina ha colto il mistero del battesimo di Gesù nell’ottica della sua epifania, della sua manifestazione. Anticamente veniva celebrato insieme all’Epifania. La festa di oggi infatti è stata iscritta nel calendario romano solo nel 1960 ed è stata fissata alla data attuale nel 1969. La chiesa cantava: “Oggi la Chiesa, lavata dalla colpa nel fiume Giordano, si unisce a Cristo, suo Sposo; accorrono i magi con doni alle nozze regali e l’acqua cambiata in vino rallegra la mensa”.

Gesù viene al Giordano per farsi battezzare. Il testo di Marco è allusivo del passo di Es 2,11, letto nel greco della LXX, con l’annotazione di Mosè che, una volta raggiunta l’età di quarant’anni, uscì dalla casa del faraone per fare visita al suo popolo. Il riferimento è letto in rapporto alla profezia di Mosè in Dt 18,15: “Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto”. Chi ascolta queste parole è Giosuè, in greco Gesù, colui che traghetta il popolo nella terra promessa attraversando il Giordano. La deduzione è presto fatta: l’evangelista Marco vede realizzarsi le profezie e l’attesa messianica in Gesù di Nazaret che viene a farsi battezzare, lui, l’Innocente, l’Agnello che toglie i peccati del mondo. Non solo, ma sembra che l’allusione si riferisca al medesimo punto di passaggio del Giordano dell’antico Israele per entrare nella terra promessa, di fronte a Gerico, dove il Battista amministrava il suo battesimo di penitenza. Per di più, è da notare che il punto più basso della terra libero da acque e da ghiacci è la riva del Mar Morto (a meno 423 m sotto il livello del mare) dove confluisce il fiume Giordano.

Del resto, le allusioni del racconto di Marco sono numerose. Se i profeti (cf. Ml 3,22) motivavano l’invito a emendarsi mirando al passato, richiamando cioè Mosè e la Legge, con il Battista oramai si guarda al futuro, alla venuta di colui che battezzerà in Spirito Santo. L’azione dello Spirito è di far sì che l’uomo viva l’appartenenza a Dio (cf. Ez 36,28; Is 44,5) e denominarlo Santo, oltre che alludere alla natura divina, significa sottolinearne l’azione specifica: introdurre l’uomo nella sfera divina, consacrarlo nella fedeltà a Dio. Con il suo battesimo, a differenza di tutti coloro che ricevono il battesimo di Giovanni, Gesù non confessa la sua complicità con il male, ma manifesta la disposizione di offerta totale di sé: si impegna a compiere la sua missione a favore degli uomini disposto a non risparmiare nemmeno la sua vita. Si tratta di compiere l’esodo definitivo per il nuovo popolo dell’alleanza.

Mi sembra che tutti questi particolari descrivano la salvezza operata da Dio secondo la cifra dell’abbassamento, della debolezza e stoltezza di Dio, che Paolo dirà più forte e più sapiente degli uomini, e che Giovanni chiamerà gloria ed elevazione. Il primo gesto di Gesù, nel compiere la sua missione, è quello di stare solidale con i peccatori. È in fila con i peccatori per ricevere il battesimo, lui che non ha bisogno del battesimo. Perché viene a farsi battezzare? Tutta la liturgia lo proclama: viene per celebrare il suo sposalizio; nella sua umanità è lavata tutta l’umanità, che ora può stare unita a lui e godere, come lui, di quello Spirito che come colomba si posa sul suo capo, capo del suo corpo che siamo noi. Nessuno può ancora vedere lo Spirito però; solo Gesù, uscendo dalle acque, lo può vedere perché ne è ripieno ed anche Giovanni, che con quel battesimo dato a Gesù finisce la sua opera di battezzatore per lasciare posto a lui, al suo nuovo battesimo, il battesimo nello Spirito. Si potrà vedere allorquando, compiuta la sua missione, lo effonderà come lingue di fuoco sugli apostoli. Vedere lo Spirito Santo significa poter penetrare nei cieli ormai aperti, significa aver sperimentato in tutta la sua potenza quel compiacimento che la voce proclama da parte di Dio su Gesù.

Sotto questo punto di vista, un particolare è estremamente significativo. Marco descrive i cieli che si squarciano e la voce che lo proclama Figlio amato. Il profeta Isaia aveva gridato al Signore: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,19). Ora la profezia si realizza, con il richiamo al fatto che con la crocifissione il velo del tempio si squarcia da cima a fondo (Mc 15,38). L’annotazione segnala l’irreversibilità del movimento: non c’è più chiusura tra cielo e terra, tra Dio e uomo e lo Spirito scende su Gesù come nel suo luogo desiderato. Come a dire: colui che si consegna per amore degli uomini è il luogo naturale dello Spirito di Dio. Con l’allusione, nell’immagine della colomba, allo Spirito Creatore di Gn 1,2, il quale in Gesù porta a compimento la creazione dell’uomo. Se con l’ultimo profeta, Malachia, la tradizione ha visto ritirarsi lo Spirito nel santuario celeste, ora, con la discesa dello Spirito su Gesù, il santuario celeste è lui. Se, nell’Antico Testamento, il tempio, nella cella del Santo dei santi, era il luogo della Dimora, della Shekhinah, ora la Shekhinah, la Presenza, risiede in quel profeta di Nazaret, che la voce proclama: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.

In quel ‘Figlio mio, l’amato’ risuona l’eco dell’esperienza di Abramo al quale viene chiesto di sacrificare Isacco, il figlio unico, che amava (cf. Gen 22,2). O ancora, l’eco della parabola dei vignaioli assassini, in Mc 12,6, quando il padrone della vigna pensa al suo figlio prediletto da mandare ai vignaioli che non vogliono consegnare il raccolto e che poi lo mettono a morte. Se quell’aggettivo ‘amato’ rivela la radicalità della fede di Abramo, che davanti al suo Dio accetta di sacrificare il suo cuore, a maggior ragione rivela la radicalità dell’amore di Dio per l’umanità, essendo disposto a mandare il suo Figlio a coloro che ne faranno scempio. L’aggiunta “in te ho posto il mio compiacimento” rivela tutta la profondità del mistero. ‘In te’, non è più solo rivolto al Figlio nella sua divinità, ma a lui capo con il suo corpo, che siamo noi. Nella sua umanità, l’Amore del Padre è perfetto perché in lui, inglobando noi, si può contemplare tutta l’estensione e la profondità di quell’Amore che realizza compiutamente il suo sogno sulla creazione e sull’umanità.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  Is 55,1-11

Dal libro del profeta Isaìa

Così dice il Signore: «O voi tutti assetati, venite all’acqua, voi che non avete denaro, venite; comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete.

Io stabilirò per voi un’alleanza eterna, i favori assicurati a Davide.

Ecco, l’ho costituito testimone fra i popoli, principe e sovrano sulle nazioni.

Ecco, tu chiamerai gente che non conoscevi; accorreranno a te nazioni che non ti conoscevano a causa del Signore, tuo Dio, del Santo d’Israele, che ti onora.

Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona. Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore.

Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri. Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».

Salmo Responsoriale  da Is 12,1-6

R. Attingeremo con gioia alle sorgenti della salvezza.

Ecco, Dio è la mia salvezza;

io avrò fiducia, non avrò timore,

perché mia forza e mio canto è il Signore;

egli è stato la mia salvezza. R.

Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,

proclamate fra i popoli le sue opere,

fate ricordare che il suo nome è sublime. R.

Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse,

le conosca tutta la terra.

Canta ed esulta, tu che abiti in Sion,

perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele. R.

Seconda Lettura  1Gv 5,1-9

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato. In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi. Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che danno testimonianza: lo Spirito, l’acqua e il sangue, e questi tre sono concordi. Se accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è superiore: e questa è la testimonianza di Dio, che egli ha dato riguardo al proprio Figlio.

Vangelo  Mc 1,7-11

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».