Ottavo ciclo
Anno liturgico A (2022-2023)
Tempo Ordinario
XXV Domenica
(24 settembre 2023)
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Is 55,6-9; Sal 144 (145); Fil 1,20c-24.27a; Mt 20,1-16
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Di fronte alla parabola di Gesù non riusciamo a scrollarci di dosso una certa perplessità. Come ci dicessimo: però non è giusto! Non che vogliamo accusare il padrone di non attenersi alla giustizia (tutto nella parabola mira a che sia osservata la giustizia: non abbiamo pattuito un denaro? …), eppure rimane qualcosa che non ci convince appieno.
Possiamo riuscire a cogliere il senso vero delle parole di Gesù se collochiamo il brano nella trama del racconto evangelico di Matteo. Gesù aveva risposto allo scriba che lo interrogava sulla vita eterna: perché mi interroghi su ciò che è buono? Il Buono è uno solo. Ma come allora sarà possibile salvarsi? Gli apostoli restano perplessi e Pietro sottolinea: noi abbiamo lasciato tutto per seguirti. Che cosa ne avremo? È la perenne domanda dell’uomo a proposito della ricompensa: cosa me ne verrà a seguire i comandamenti? E Gesù risponde con la promessa del centuplo e della vita eterna. Dopo di che Gesù racconta la parabola degli operai nella vigna. Parabola, subito seguita dal terzo annuncio della passione.
Il punto nevralgico risiede nella formulazione della promessa da parte di Gesù: “Alla rigenerazione del mondo siederete anche voi su dodici troni…”. Ora, non si tratta del mondo futuro che sarà, ma del mondo futuro che viene, che è già venuto; si tratta del ‘mondo rinnovato’ che Gesù svela con il suo comportamento e con il suo agire. Se non si diventa partecipi di questo mondo rinnovato non sarà possibile comprendere le vie di Dio. La lettura di Isaia parla delle vie di Dio che non sono le nostre vie. Il salmo responsoriale canta che Dio è giusto in tutte le sue vie, buono in tutte le sue opere. Ecco, qui sorge la domanda: è proprio vero per noi che tutte le vie di Dio ci appaiono buone? Il fatto del rovesciamento delle posizioni, ‘gli ultimi saranno primi e i primi ultimi’, che conclude la parabola, allude direttamente a quel ‘mondo rinnovato’ che Gesù svela e compie perché lui è il testimone per eccellenza della bontà di Dio. Il padrone della parabola è descritto nei panni di Gesù che cerca i peccatori, che va a cercare la pecorella perduta e se la mette in spalla, che offre il regno al ladrone sulla croce. Perché in questo modo di agire splende colui che è il Buono. Ma per noi, che siamo sempre nel timore di non essere preferiti, comunque di rivendicare invece che di essere grati, quanto è difficile accedere alla luminosità del mondo rinnovato!
Così la parabola ha due mire: sottolineare la generosità del padrone e istradare i cuori in una nuova solidarietà tra compagni. Perché non godere del bene toccato al mio compagno anche se immeritato? Più si gode del bene altrui, più si è intimi di Dio, perché nel bene viene esaltato colui che solo è il Buono. La parabola vorrebbe conquistare i cuori all’esperienza della grande bontà di Dio, sottintendendo che non pagherà semplicemente il dovuto, ma che ricompenserà largamente oltre il dovuto. Se i primi operai non si accorgono di questa generosità è perché restano irretiti nel confronto tra compagni. Non tollerano di essere trattati come gli ultimi, mostrando così che il loro rapporto con il padrone non esce dallo schema del merito: io ho fatto, tu mi devi! È la condizione che vive il figlio maggiore nella parabola del padre misericordioso, del fariseo che prega nel tempio, del fastidio dei farisei nel vedere Gesù a tavola con i peccatori, di colui che millanta giustizia ma ha il cuore chiuso e duro.
La perplessità rivela l’incapacità per il nostro cuore di condividere la gioia, la gioia dei fratelli che possono avere quanto e più di noi, ma soprattutto la gioia del Padre che può dare a tanti quello che di per sé sarebbe riservato a pochi. Noi sicuramente non siamo nel numero di quei pochi e chi, come l’apostolo Paolo, si trova tra quei pochi, lo si riconosce dal fatto che gode più per la partecipazione del bene a tutti che non a se stesso. Non per nulla ritiene la sua vita di nessun conto, e la concepisce solo ‘per il progresso e la gioia della fede’ (Fil 1,25) di tutti. Non semplicemente per il progresso e la gioia dei fratelli, ma per il progresso e la gioia che i fratelli potranno godere nella loro relazione di intimità con il Padre che è venuto in loro soccorso, che ha inviato loro il suo Salvatore, che hanno conosciuto la misericordia del Signore. L’occhio allora non potrà più essere geloso o invidioso ed il cuore non avrà più pensieri propri, ma solo quelli di Dio e potrà godere con Dio del fatto che la Sua bontà è celebrata sopra ogni giustizia.
Un antico racconto rabbinico può riassumere bene la parabola di Gesù. Dio mostrò a rabbi Jose ben Halafta i tesori delle ricompense per i giusti custoditi in cielo. Ma lì c’era anche un grande tesoro per i ‘nullatenenti’ e Dio lo spiegò così: “A chi possiede, io do attingendo alla sua ricompensa; ma a chi non possiede, do gratuitamente attingendo a questo tesoro”. Nella vita di Gesù si rivela la bontà di Dio: nel nome di Dio Gesù rivolge la sua attenzione amorevole ai peccatori che non osservano la torà, alle donne, ai poveri, che per varie ragioni non possono osservarla totalmente, ai malati, che vengono esclusi dalla comunità del popolo e all’incolto, che non conosce bene la torà. La parabola parla dell’esperienza della bontà divina che gli uomini fanno con Gesù.
Potremmo alla fine domandarci: quando i primi possono restare sempre i primi? Pensiamo agli apostoli. Sono tra i primi e primi sono restati. Essere primi significa rallegrarsi del fatto che gli ultimi sono preferiti, godere con Dio della sua misericordia per gli ultimi. Anche perché l’invito a scoprire e gustare la bontà di Dio salva i cuori dai confini angusti e li libera da ogni forma di rivendicazione, in modo da partecipare ai sentimenti di Dio che vuole tutti suoi amici, senza distinzione.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]
Prima Lettura Is 55,6-9
Dal libro del profeta Isaìa
Cercate il Signore, mentre si fa trovare,
invocatelo, mentre è vicino.
L’empio abbandoni la sua via
e l’uomo iniquo i suoi pensieri;
ritorni al Signore che avrà misericordia di lui
e al nostro Dio che largamente perdona.
Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri,
le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore.
Quanto il cielo sovrasta la terra,
tanto le mie vie sovrastano le vostre vie,
i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 144 (145)
R. Il Signore è vicino a chi lo invoca.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode;
senza fine è la sua grandezza. R.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature. R.
Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità. R.
Seconda Lettura Fil 1,20c-24.27a
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési
Fratelli,
Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia.
Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno.
Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo.
Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo.
Vangelo Mt 20,1-16
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto.
Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”.
Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».