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Ottavo ciclo

Anno liturgico A (2022-2023)

Tempo Ordinario

XXI Domenica

(27 agosto 2023)

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Is 22,19-23;  Sal 137 (138) ; Rm 11,33-36;  Mt 16,13-20

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I brani evangelici di oggi e di domenica prossima andrebbero letti insieme. Siamo a Cesarea di Filippo, la città costruita da Erode Filippo presso le sorgenti del Giordano, in una zona rocciosa, alle pendici del monte Hermon. Gesù, come annota l’evangelista Luca, ha appena terminato la sua preghiera, segno evidente dell’imminenza di una rivelazione. Gesù intende manifestare ai discepoli qualcosa del mistero della sua persona.

Matteo incastona la confessione di Pietro dopo la seconda moltiplicazione dei pani e l’ammonizione ai discepoli di guardarsi dal lievito dei farisei, i quali sanno leggere il tempo guardando il cielo ma non sanno guardare in alto per riconoscere il segno dei tempi messianici. L’insegnamento della Legge era teso all’affrettare i tempi messianici, ma quando l’ora di Dio si manifesta non ne riconoscono i segni. In questo contesto la domanda di Gesù ai discepoli: “Ma voi, chi dite che io sia?” acquista particolare risonanza. Se lui è il segno, perché chiedere altri segni? Se lui è l’inviato, perché aspettare ancora qualcuno che prepari la strada? Ecco quello che Pietro ha compreso: no, è proprio lui l’inviato, è proprio lui che farà vedere la salvezza di Dio.

Gesù allora lo proclama beato. Questa beatitudine richiama la benedizione proferita in precedenza da Gesù per i discepoli: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza” (Mt 11,25-26). È la benedizione/beatitudine per i ‘piccoli’, per coloro che stanno aperti al pensiero e all’azione di Dio in tutta confidenza, capaci perciò di ricevere senza filtri l’atto di rivelazione di Dio. Risuona qui potente l’affermazione di Paolo ai Romani: “O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!” (Rm 11,33). Non però perché sono incomprensibili o oscuri, ma perché rispondono alla grandezza di un amore così impensabile, che il cuore dell’uomo stenta a riconoscere. Si tratta di una ‘conoscenza’ per rivelazione, per confidenza e non per convinzione. Come a dire: Pietro lascia che il suo cuore si alimenti della promessa della rivelazione di Dio, che si manifesta in Gesù, senza addurre ragioni che sanno ancora troppo di questo mondo. Il seguito del racconto, che leggeremo domenica prossima, svelerà però che ancora troppe ragioni di questo mondo albergano nel cuore di Pietro, il quale si vedrà severamente ammonito da Gesù in vista dell’accoglienza piena della sua rivelazione.

Gesù fa una promessa a Pietro: “E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”. Pietro è la traduzione greca del nome aramaico Kepha (roccia). Nell’ambiente di allora non veniva usato come nome proprio di persona. L’attribuzione a Simone, figlio di Giovanni, del nome ‘Kepha’, ‘Roccia’, Pietro (nel racconto di Matteo, fin dall’inizio Simone è chiamato Pietro; perciò non si deve vedere in questo evento l’attribuzione del nome Pietro a Simone, bensì la spiegazione del fatto che Gesù l’abbia fin dall’inizio chiamato così) indica il fondamento sul quale si regge la fede: la persona del Figlio del Dio vivente, sul quale l’apostolo e tutti i discepoli con lui possono giocare la loro vita, perché Dio non viene meno alla sua alleanza con gli uomini e perché Gesù costituisce il sigillo ultimativo e definitivo della volontà di salvezza di Dio per l’uomo. Dio in effetti è la Roccia, colui che non viene mai meno, che non manca di adempiere le sue promesse, che è sufficientemente potente per adempierle; se l’uomo lo accoglie, lo riconosce, ne avverte il Bene e gli fa spazio, partecipa anche lui di quella ‘saldezza di fondamento’ e può gustarne la dolcezza incorruttibile. Si può ravvisare nella promessa di Gesù l’eco di Is 28,14-18, dove il profeta annuncia la messa in opera della pietra angolare per la ricostruzione di Gerusalemme e del Tempio, rovesciando l’alleanza con gli inferi dei capi di Israele. Per alleanza con gli inferi o con la morte si intendeva il patto scellerato dei capi di Israele con l’Egitto in funzione antiassira, cosa che ha solo accelerato il disastro. Ma Dio non viene meno alle sue promesse e prepara la nuova pietra angolare, che poi è Gesù stesso, confessato appunto da Pietro come Messia.

Gesù accenna anche al cosiddetto potere delle chiavi. Nel giudaismo il legare e sciogliere alludeva al proibire e permettere secondo la Legge. Qui invece assume il significato dell’escludere e dell’ammettere, nel senso che non saranno più gli scribi (a loro sono tolte le chiavi, cfr. Mt 23,13) a far entrare nella comunità dell’alleanza, ma saranno i discepoli che allargheranno alle genti la possibilità di entrata. Si allude anche al potere della confessione di fede nel Signore Gesù, che apre al perdono dei peccati e dà l’accesso al regno di Dio. Con la conseguenza che la disposizione di legare/sciogliere riguarda il movimento profondo del cuore davanti al prossimo. Come a dire: se sciolgo il fratello dal suo peccato verso di me, anche il mio peccato sarà sciolto davanti a Dio. Se lego il peccato del mio prossimo, anche il mio resterà legato davanti a Dio. È il mistero della dinamica del perdono, forse la dimensione evangelica più marcata nell’insegnamento di Gesù. È l’amore di Dio che ha conquistato il cuore che partecipa dei segreti di Dio.

Rispetto alla confessione di Pietro, che è anche la nostra, noi supplichiamo con l’antica preghiera dopo la comunione: “Porta a compimento, Signore, l’opera redentrice della tua misericordia e perché possiamo conformarci in tutto alla tua volontà, rendici forti e generosi nel tuo amore”. Possiamo interpretare: la conoscenza del tuo amore conquisti i nostri cuori e informi il nostro agire così da vivere del tuo amore sempre e comunque, perché in tutto prevalga lo splendore della tua Presenza salvatrice, umilmente riconosciuta e adorata. È il contenuto dell’azione pastorale della chiesa nel mondo, ieri come oggi e sempre, fino alla fine dei tempi.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  Is 22,19-23

Dal libro del profeta Isaìa

Così dice il Signore a Sebna, maggiordomo del palazzo:

«Ti toglierò la carica,

ti rovescerò dal tuo posto.

In quel giorno avverrà

che io chiamerò il mio servo Eliakìm, figlio di Chelkìa;

lo rivestirò con la tua tunica,

lo cingerò della tua cintura

e metterò il tuo potere nelle sue mani.

Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme

e per il casato di Giuda.

Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide:

se egli apre, nessuno chiuderà;

se egli chiude, nessuno potrà aprire.

Lo conficcherò come un piolo in luogo solido

e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 137 (138)

R. Signore, il tuo amore è per sempre.

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:

hai ascoltato le parole della mia bocca.

Non agli dèi, ma a te voglio cantare,

mi prostro verso il tuo tempio santo. R.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:

hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.

Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,

hai accresciuto in me la forza. R.

Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile;

il superbo invece lo riconosce da lontano.

Signore, il tuo amore è per sempre:

non abbandonare l’opera delle tue mani. R.

Seconda Lettura  Rm 11,33-36

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!

Infatti,

chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore?

O chi mai è stato suo consigliere?

O chi gli ha dato qualcosa per primo

tanto da riceverne il contraccambio?

Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.

Vangelo  Mt 16,13-20

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».

Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.