Settimo ciclo
Anno liturgico C (2021-2022)
Solennità e feste
Santissima Trinità
(12 giugno 2022)
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Pr 8, 22-31; Sal 8; Rm 5, 1-5; Gv 16, 12-15
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Nel rito bizantino, la liturgia delle ore comincia con questa preghiera alla SS. Trinità: “Re celeste, Consolatore, Spirito di verità, tu che sei presente in ogni luogo e ogni cosa riempi, tesoro di beni e datore di vita, vieni e abita in noi, purificaci da ogni macchia, o Buono, le nostre anime. Santissima Trinità, abbi pietà di noi. Signore, purificaci dai nostri peccati. Sovrano, perdona le nostre colpe. Santo, visita e guarisci le nostre infermità a motivo del tuo Nome”. È la confessione di Dio nel suo amore per noi, che Gesù ci ha rivelato e di cui lo Spirito ci rende intimi e testimoni.
Le letture di oggi aprono uno squarcio di cielo nel cuore dell’uomo. Il libro dei Proverbi descrive l’origine della Sapienza, definendola con quella straordinaria immagine che presiede alla creazione: “io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno; giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo” (Pr 8,30). Se la Sapienza è generata prima degli abissi e presiede alla creazione, allora significa che tutto di lei è intessuto e, cosa ancora più straordinaria, che tutto è finalizzato alla creazione dell’uomo, perché l’uomo può condividere la delizia di Dio nel suo amore per le sue creature. Rivelazione che verrà ripresa dal prologo di Giovanni: “tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste” (Gv 1,3). Sarà l’uomo a riconoscere quel ‘lui’ per cui tutto è stato fatto e la sua dignità consiste proprio nel godere della comunione con colui per mezzo del quale tutto è fatto. Ora, se è Gesù che rivela compiutamente il desiderio di comunione con gli uomini da parte di Dio e compie il desiderio di comunione con Dio da parte degli uomini, allora ne deriva che la fonte della nostra intima dignità procede proprio dal fatto che Dio ha reso l’uomo degno dei suoi misteri. Il salmo 8 proclama: “Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?”. E la cura di Dio è che si faccia conoscere dall’uomo, come le antiche versioni greca e latina del salmo 144,3 riportano: ‘Signore, che cos’è l’uomo, perché ti sia a lui fatto conoscere?’ (Domine, quid est homo, quoniam innotuisti ei?). E quella conoscenza non può che riguardare la conoscenza di un amore che ti attira e ti riempie.
S. Paolo, nella sua lettera ai Romani, parla di un vanto speciale dei credenti, di un vanto vissuto presso Dio, fonte di fierezza e umiltà nello stesso tempo. Si tratta di un vanto per la speranza, nel futuro, per la gloria promessa e di un vanto per la testimonianza, nel presente, per le tribolazioni dell’oggi patite per il Cristo. Questo perché le tribolazioni, patite per Gesù, producono pazienza, la pazienza una stabilità a tutta prova, la stabilità la speranza che non delude. E la speranza che non delude è l’esperienza dell’amore di Dio che tutto sovrasta, esperienza che ci è garantita con il dono dello Spirito.
Gesù, nella sua promessa dello Spirito, lo descrive come Colui che lo glorificherà dentro di noi perché ce ne farà gustare la presenza, la dimora. A questa glorificazione collego la richiesta di Gesù al Padre per noi: “che siano una cosa sola come noi” (Gv 17,11). L’azione dello Spirito resta finalizzata al mistero della fraternità come splendore di comunione con Dio.
Gesù annuncia poi che lo Spirito ci guiderà a tutta la verità. La frase ha valore di rivelazione nel sottolineare che la guida dello Spirito non è tesa tanto a farci raggiungere la verità, ma ad aprire ogni evento della vita alla manifestazione della verità. In altre parole, in gioco è la possibilità di vivere la nostra vita, dentro tutti gli eventi che la caratterizzano, esteriori e interiori, nella logica dell’esperienza dell’amore di Dio per noi, che nell’umanità di Gesù ha la sua manifestazione più totale. Ogni evento può essere vissuto nell’esperienza dell’amore di Dio che ci trascina nella sua dinamica di comunione con Lui e tra di noi. La guida dello Spirito è tesa proprio a far sì che nessun evento ci impedisca l’esperienza di questo amore; a far sì che ogni evento ci richiami a vivere la potenza di quell’amore, che nulla può mortificare.
Il testo aveva in precedenza rivelato anche la ragione per la quale lo Spirito è in grado di guidarci nella verità: “non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito”. Per cogliere la profondità di questa frase suggerisco di mettersi davanti all’icona della Trinità di Rublev, guardando i tre angeli che attorno a una mensa, con una patena al centro che contiene l’agnello, stanno in dolce colloquio. Quel colloquio, il colloquio eterno di Dio in se stesso, riguarda l’uomo per il quale tutte le cose sono create, riguarda il suo destino di comunione nella gioia dell’amore con il suo Dio, destino che si gioca sull’immolazione dell’Agnello prima della fondazione del mondo (Ap 13,8). Lo Spirito ha udito quello che il Padre e il Figlio si dicono dall’eternità a proposito della creazione e della salvezza dell’uomo. Sono i segreti relativi all’origine stessa della creazione, di cui costituiscono il fondamento e lo scopo, come la lettura del libro dei Proverbi ha suggerito. Il Padre trovava delizia nel Figlio, la Sapienza (possiamo rammentare le espressioni evangeliche al battesimo e alla trasfigurazione di Gesù: ‘questi è il Figlio mio, l’amato’) e il Figlio trovava delizia nei figli dell’uomo. Come a dire che il colloquio eterno tra il Padre e il Figlio verte sulla salvezza dell’uomo, per il quale il mondo è creato, colloquio che lo Spirito svelerà al nostro cuore rendendocene partecipi. E la partecipazione avverrà stando sottomessi a tutti nel nome di Cristo, che rivela l’amore di Dio, perché la sottomissione ha a che fare con la delizia della Sapienza che presiede alla creazione per amore dell’uomo.
Lo Spirito, che parla al nostro cuore, è quello Spirito che Gesù emise dalla croce rivelando quanto è grande l’amore di Dio per l’uomo e abilitando l’uomo a vivere del suo stesso Spirito. Lo splendore di quell’amore manifestato da Gesù diventa così, per la potenza del suo Spirito, radice di vita in coloro che ne accolgono la testimonianza. Come dice Giovanni nel prologo del suo vangelo: “A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati” (Gv 1,12-13). È l’azione dello Spirito a far sì che la verità di rivelazione del vero volto di Dio, di cui Gesù è il Testimone, risplenda in tutto il suo splendore; a far sì che quella verità conquisti i cuori interamente e che l’esperienza di quell’amore ci sveli i suoi segreti.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]
Prima Lettura Pro 8,22-31
Dal libro dei Proverbi
Così parla la Sapienza di Dio:
«Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività,
prima di ogni sua opera, all’origine.
Dall’eternità sono stata formata,
fin dal principio, dagli inizi della terra.
Quando non esistevano gli abissi, io fui generata,
quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua;
prima che fossero fissate le basi dei monti,
prima delle colline, io fui generata,
quando ancora non aveva fatto la terra e i campi
né le prime zolle del mondo.
Quando egli fissava i cieli, io ero là;
quando tracciava un cerchio sull’abisso,
quando condensava le nubi in alto,
quando fissava le sorgenti dell’abisso,
quando stabiliva al mare i suoi limiti,
così che le acque non ne oltrepassassero i confini,
quando disponeva le fondamenta della terra,
io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 8
R. O Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell’uomo, perché te ne curi? R.
Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi. R.
Tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari. R.
Seconda Lettura Rm 5,1-5
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio.
E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza.
La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Vangelo Gv 16,12-15
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».