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Settimo ciclo

Anno liturgico C (2021-2022)

Tempo di Quaresima

I Domenica

(6 marzo 2022)

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Dt 26,4-10;  Sal 90 (91);  Rm 10,8-13;  Lc 4,1-13

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La questione di fondo della liturgia di oggi potrebbe suonare così: essere figli di Dio comporta qualche titolo speciale di pretesa? La drammaticità di tale questione risalta in tutta la sua intensità proprio nelle tentazioni di Gesù. Il vangelo di Luca introduce l’evento con l’annotazione: “Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo” (Lc 4,1-2). Ai nostri occhi pare assurdo il collegamento tra la pienezza dello Spirito Santo e l’essere tentato. Come se lo zelo per Dio, che muove Gesù nel suo compito messianico, potesse risultare equivoco.

Il diavolo fa la sua offerta. Ragiona nei termini a lui connaturali. Per lui la grandezza perseguita non può che risultare dalla maggiorazione del potere, del prestigio, della gloria. Lui sa bene che gli uomini sono sensibili a tutte queste cose e si incunea nella coscienza di Gesù come per suggerirgli il modo sicuro per conquistare gli uomini. Lui sa bene che Gesù è il messia, ma fraintende radicalmente la natura del suo potere messianico. La sua avance però è subdola. Ciò che persegue è nascosto, mentre in primo piano fa apparire ciò che è allettante e per giunta con apparenti nobili motivazioni. L’insidia sta in quel ‘se tu ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo’. Solo che quell’invito non è espresso, non appare, lavora nel segreto. Semplicemente, noi nemmeno ci accorgiamo che, accettando la gloria, entriamo nell’orbita del maligno. Anche la gloria a fin di bene! Anche mossa dalle più nobili intenzioni! Gesù, che è pieno di Spirito Santo e conosce i segreti di Dio, vede l’insidia, la smonta e ne resta indenne. Perché essere figli non comporta titolo alcuno di pretesa; significa solo condividere con Dio il suo amore per gli uomini. Quando con l’antica colletta preghiamo: “O Dio, nostro Padre … concedi a noi tuoi fedeli di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita”, è come domandassimo: concedici di entrare in quella intimità di sentire e volere del tuo Figlio, pieno del tuo amore per noi, da trovarvi le radici del nostro vivere, senza illusioni.

Se l’equivoco si fonda sul preferire il potere all’amore, allora capiamo perché nella vita la dinamica essenziale in gioco sia questa: se tu vuoi assoggettare qualcuno a te, vuol dire che tu sei assoggettato a qualcun altro. Se hai bisogno di dominare, è perché già sei dominato da qualcosa. Se vuoi esercitare un potere, è perché tu sei schiacciato da un altro potere. Vale a dire: non è buono il potere, ma l’obbedienza; non vale il potere, ma l’amore. Nell’obbedienza (Gesù non aveva altro nutrimento che quello di fare la volontà del Padre; non aveva altra libertà se non quella di godere dell’intimità col Padre al punto da preferire sempre il suo amore per noi) e nell’amore (Gesù non aveva altro potere sull’uomo se non quello dell’amore assoluto e non si illude mai di sostituirlo con qualcosa che soltanto gli possa assomigliare senza esserlo) si trova la libertà di non aver bisogno di dimostrare mai nulla né di esercitare dominio mai su nessuno. Per Gesù, il suo essere Figlio di Dio ed il suo compito di Messia inviato da Dio, sono un tutt’uno. Nel compimento umano del compito ricevuto mantiene la modalità divina, rifiutando ogni illusione di potere.

Si potrebbero interpretare in questo modo le tre tentazioni: 1) il bisogno non è un comando. Vale a dire: ogni agire ‘nello Spirito’ rispetta sempre il limite creaturale, non tende a superarlo ma a trasfigurarlo; 2) l’adorazione di Dio è svincolata da ogni ricerca di gloria, per cui la sincerità del servizio divino non contempla mai la potenza della superiorità; 3) la fiducia non è presunzione, per cui abbandonarsi a Dio vuol dire riconoscere il suo agire di salvezza. In pratica, le risposte di Gesù sono il superamento radicale sia del delirio di onnipotenza, che è il clima affettivo di rivendicazione peccaminosa da parte dell’uomo rispetto al mondo per il gonfiore di un ego imperante, sia della corruzione del cuore.

Tanto che, per comprendere a fondo dove vadano a parare le tentazioni, potremmo collegare le risposte di Gesù a due brani evangelici particolari. Poco prima della sua passione, prevedendo gli eventi, Gesù dice: “… viene il principe del mondo; contro di me non può nulla [in me non ha nulla (di suo)], ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco” (Gv 14,30-31). Di tutta quella gloria, prestigio, potere, di cui il diavolo si proclama detentore, in Gesù non c’è nulla, perché lui è tutto e totalmente occupato solo dall’amore del Padre per noi. Quando Gesù è appeso in croce, si sente apostrofare: “Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: ‘Sono Figlio di Dio’!” (Mt 27, 42-43). Nella logica del maligno, di cui gli uomini fanno le spese nella loro vita, veramente Gesù non può salvare se stesso (non si sfama con un miracolo), non viene liberato dalla morte (adora davvero Dio solo), non può dimostrare nulla (non si butta dal pinnacolo). Eppure, proprio quel non salvare se stesso, non essere liberato dalla morte, non voler dimostrare nulla, comporterà la rivelazione del vero amore di Dio che riempie la sua vita e che riverbererà sul cuore degli uomini che non vorranno più illudersi. La cosa strana è che noi, pur rifiutando l’azione del male, non riusciamo a vincere la sua seduzione perché non rinunciamo alla visione mondana sottostante, alla visione del maligno, vale a dire: immaginiamo che Dio debba servire ai nostri scopi o interessi. La vittoria di Gesù sul maligno dice altro, dice che stare dalla parte di Dio significa servire l’uomo nella verità del suo amore per lui.

La penitenza quaresimale è diretta proprio contro l’illusione del potere esercitato in tutte le sue forme perverse, che derivano dall’illusione di scegliere Dio senza stare dalla parte degli uomini o di scegliere l’uomo senza stare dalla parte di Dio. E lo scopo del vincere l’illusione lo rivela assai bene s. Francesco nel commentare il Padre Nostro: “sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra: finché ti amiamo con tutto il cuore, sempre pensando a te; con tutta l’anima, sempre desiderando te; con tutta la mente, orientando a te tutte le nostre intenzioni e in ogni cosa cercando il tuo onore. E con tutte le nostre forze, spendendo tutte le nostre energie e sensibilità dell’anima e del corpo a servizio del tuo amore e non per altro; e affinché amiamo il nostro prossimo come noi stessi, trascinando tutti con ogni nostro potere al tuo amore, godendo dei beni altrui come dei nostri e compatendoli nei mali e non recando offesa a nessuno”. È l’illusione infranta, la libertà acquisita, lo spazio nuovo in cui agire da figli di Dio.

Vale la pena di ricordare che il diavolo usa le parole del salmo 90 (91) per convincere Gesù. Nella tradizione ebraica il salmo 90 è proclamato come chiusura del sabato allorquando, ritornando alla vita quotidiana settimanale, si teme di perdere la santità di Dio goduta. Quel salmo è proclamato proprio per essere difesi dalla santità di Dio contro gli assalti del maligno.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  Dt 26,4-10

Dal libro del Deuteronòmio

Mosè parlò al popolo e disse:

«Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani

e la deporrà davanti all’altare del Signore, tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio: “Mio padre era un Araméo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi. Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato”. Le deporrai davanti al Signore, tuo Dio, e ti prostrerai davanti al Signore, tuo Dio».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 90 (91)

R. Resta con noi, Signore, nell’ora della prova.

Chi abita al riparo dell’Altissimo

passerà la notte all’ombra dell’Onnipotente.

Io dico al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza,

mio Dio in cui confido». R.

Non ti potrà colpire la sventura,

nessun colpo cadrà sulla tua tenda.

Egli per te darà ordine ai suoi angeli

di custodirti in tutte le tue vie. R.

Sulle mani essi ti porteranno,

perché il tuo piede non inciampi nella pietra.

Calpesterai leoni e vipere,

schiaccerai leoncelli e draghi. R.

«Lo libererò, perché a me si è legato,

lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome.

Mi invocherà e io gli darò risposta;

nell’angoscia io sarò con lui,

lo libererò e lo renderò glorioso. R.

Seconda Lettura  Rm 10,8-13

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, che cosa dice [Mosè]? «Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore», cioè la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza.

Dice infatti la Scrittura: «Chiunque crede in lui non sarà deluso. Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato».

Vangelo  Lc 4,1-13

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».

Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».

Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».

Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.