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Settimo ciclo

Anno liturgico C (2021-2022)

Tempo Ordinario

VIII Domenica

(27 febbraio 2022)

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Sir 27,4-7;  Sal 91/92;  1Cor 15,54-58;  Lc 6,39-45

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Potrei definire in questo modo il tema della liturgia di oggi: la pratica delle beatitudini comporta uno splendore di vita, che è rivelato dalla parola dell’uomo. Il perno delle letture ruota appunto sulla parola. Il brano evangelico di oggi segue l’invito a non giudicare, a non usare la parola come atto di accusa o di lamentela o di giudizio. Quando Gesù illustra che la tensione di perfezione del discepolo è volta a voler diventare come il suo maestro, in questo contesto ci si deve riferire a quanto di sé Gesù dice: “Le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita” (Gv 6,63). Il discepolo tenderà ad avere parole che sono spirito e vita. È questa la contrapposizione che vale: le parole di giudizio e condanna sono carne e morte (cf. Rm 8,6), le parole di misericordia e perdono sono spirito e vita.

In questo senso va inteso il paragone con l’albero buono e cattivo, la cui comprensione deriva dalla parabola della casa costruita sulla roccia o sulla sabbia. Come tu ascolti la parola di Gesù, se la lasci scendere nel cuore per abitarla in sicurezza o se ne rimani colpito superficialmente tanto da fregiartene ma senza assimilarne la potenza di trasfigurazione del cuore, così tu userai la tua parola con i tuoi fratelli.

Lo diceva già il libro del Siracide: “Quando si scuote un setaccio restano i rifiuti; così quando un uomo discute, ne appaiono i difetti. I vasi del ceramista li mette a prova la fornace, così il modo di ragionare è il banco di prova per un uomo. Il frutto dimostra come è coltivato l’albero, così la parola rivela i pensieri del cuore” (Sir 27,4-6). E il salmo responsoriale commenta questa costatazione con l’invito al rendimento di grazie, l’atteggiamento che segnala la sincerità del cuore nei confronti di Dio e la libertà del cuore nei confronti dei fratelli: “È bello rendere grazie al Signore … annunciare quanto è retto il Signore, mia roccia: in lui non c’è malvagità” (Sal 91,2.16). Prima ancora che una certa parola, a rivelare i pensieri del cuore è il tono con cui questa parola è rivolta ai fratelli, è la disposizione interiore profonda nella quale quella parola pesca. E se la disposizione interiore è quella che Gesù fa sentire con il lavare i piedi ai discepoli, allora vuol dire che il cuore ha accolto la misericordia di Dio per noi e tutte le parole che formulerà porteranno il profumo di quella misericordia. L’ipocrisia sarà vinta.

Nella tradizione ebraica il salmo 91/92 è l’unico salmo in cui si annota che deve essere cantato in un certo giorno, cioè di sabato. Il Targum interpreta questo salmo come il canto del primo Adamo. E noi possiamo interpretarlo come il canto dell’ultimo Adamo, del nuovo Adamo, di Gesù, lui che è il vero albero buono che produce frutti buoni. Così, l’immagine dell’albero buono che produce frutti buoni e di quello cattivo che produce frutti cattivi, non è semplicemente una massima, un proverbio. È l’indicazione di un percorso, è rivelazione di una verità: se starete saldi in colui che ha avuto misericordia per voi, anche voi potrete usare misericordia ai vostri fratelli. E in questo, essere come il vostro Maestro, nulla più. Esiste però titolo maggiore di gloria per il discepolo di Gesù? Avviene finalmente quello che il canto al vangelo proclama citando un passo della lettera ai Filippesi: “Risplendete come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita” (Fil 2,15d-16a). La luce di cui si parla non è luce propria, ma la luce della vita del Signore nostro Gesù Cristo, capace di dare libertà, pace e gioia al cuore, generando nel nostro cuore parole di vita, che a lui rimandano e che di lui fanno sognare.

Secondo le parole di Gesù in cosa consiste l’ipocrisia? L’ipocrisia è l’atteggiamento di chi giudica in proprio senza rifarsi al suo maestro, senza voler seguire il suo maestro. Se ci riferiamo al passo di Giovanni in cui si narra, dopo la lavanda dei piedi nell’ultima cena, dell’esortazione che rivolge ai suoi apostoli, possiamo intuire la profondità di senso delle parole di Gesù. Ritornando sul gesto dell’aver lavato i piedi ai suoi apostoli, Gesù spiega: “Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica” (Gv 13,15-17).

La bontà di cui parla Gesù è quella che deriva dall’imitazione di Dio: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo” (Lc 18,19). E se Gesù è il testimone per eccellenza della bontà di Dio per l’uomo, allora chi si muove come lui otterrà un cuore buono. Ma per muoversi come lui, occorre prima accoglierlo, riconoscerlo, dimorare in lui, riconoscersi in lui. Il buon tesoro del cuore è proprio lui. Da quel buon tesoro non possono che derivare frutti di bene. Quando però il nostro cuore fa resistenza, ha paura, si nasconde, non vuol riconoscersi in colui che è il suo salvatore e il suo riposo, allora avviene che dal cattivo tesoro derivano frutti di male. Il primo segnale di questo è l’ipocrisia, vale a dire pretendere di giudicare il fratello senza patire prima il giudizio su noi stessi, con la presunzione di ammantare di vesti splendide ciò che è intrinsecamente sgradito a Dio: voler correggere il fratello per il suo bene senza sincerarsi che quel bene faccia conoscere il Signore nella sua bontà.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  Sir 27,5-8, (NV) [gr. 27,4-7]

Dal libro del Siracide

Quando si scuote un setaccio restano i rifiuti;

così quando un uomo discute, ne appaiono i difetti.

I vasi del ceramista li mette a prova la fornace,

così il modo di ragionare è il banco di prova per un uomo.

Il frutto dimostra come è coltivato l’albero,

così la parola rivela i pensieri del cuore.

Non lodare nessuno prima che abbia parlato,

poiché questa è la prova degli uomini.

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 91 (92)

R. È bello rendere grazie al Signore.

È bello rendere grazie al Signore

e cantare al tuo nome, o Altissimo,

annunciare al mattino il tuo amore,

la tua fedeltà lungo la notte. R.

Il giusto fiorirà come palma,

crescerà come cedro del Libano;

piantati nella casa del Signore,

fioriranno negli atri del nostro Dio. R.

Nella vecchiaia daranno ancora frutti,

saranno verdi e rigogliosi,

per annunciare quanto è retto il Signore,

mia roccia: in lui non c’è malvagità. R.

Seconda Lettura  1Cor 15,54-58

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, quando questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura:

«La morte è stata inghiottita nella vittoria.

Dov’è, o morte, la tua vittoria?

Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?»

Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge. Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!

Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.

Vangelo  Lc 6,39-45

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:

«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.

Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.

Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».