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Settimo ciclo

Anno liturgico A (2019-2020)

Solennità e feste

Santissima Trinità

(7 giugno 2020)

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Es 34,4b-6. 8-9;  Dn 3,52.56;  2Cor 13,11-13;  Gv 3,16-18

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I brani delle letture di oggi sono una mirabile sintesi della rivelazione di Dio testimoniata dalle Scritture. Dio è unico ma Trinità, vale a dire un fuoco di amore che dà esistenza a tutto e tutto ingloba nel suo amore. Il Padre creatore, il Figlio redentore, lo Spirito santificatore, in un’unica comunione d’amore in se stesso e con noi. Potremmo interpretare sinteticamente le letture di oggi in questo modo. Siccome il nome del Signore è ‘Dio misericordioso’, il Padre ha mandato il Figlio perché mostri quanto ha amato il mondo, affinché la vita di Dio, che è splendore di amore, diventi per tutti godibile e piena nel suo Spirito.

Il brano della seconda lettera ai Corinzi riporta la formula trinitaria più chiara di tutto il Nuovo Testamento, formula che è diventata il saluto liturgico iniziale della celebrazione eucaristica: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio [Padre] e la comunione dello Spirito santo siano con tutti voi” (2Cor 13,13). La risposta a questo saluto si avrà alla conclusione della grande preghiera eucaristica quando, dopo aver fatto memoria della grande opera di salvezza del Cristo e del dono dello Spirito Santo, la chiesa proclama: “Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli”. È l’eco della lode eterna che l’Apocalisse descrive come l’esultanza dei redenti davanti alla manifestazione dell’amore eterno di Dio per i suoi figli.

Il saluto e la risposta della chiesa acquistano tutto il loro valore nella doppia testimonianza del libro dell’Esodo e del vangelo di Giovanni. Dopo il peccato del vitello d’oro e l’angoscia tragica che ne era seguita per l’eventualità del ritiro di Dio e quindi della distruzione del popolo, Mosé si era interposto tra il popolo e Dio per ottenere misericordia. I capitoli 32-34 dell’Esodo sono tra i brani più eccelsi di tutta la Bibbia. Mosé era riuscito nella sua intercessione, aveva ottenuto che Dio continuasse a stare con il suo popolo ma si chiede: potrò mai vedere il volto di Dio? E domanda: “Mostrami la tua gloria” (Es 33,18). Voglio vederti in faccia, voglio sapere chi davvero sei! Richiesta oltremodo pericolosa, sapendo che non si può vedere Dio e restare in vita. Dio però si concede al suo servo e si dichiara in modo da infuocare il cuore di Mosé: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà” (Es 34,6). Insieme al brano del roveto ardente (Es 3,2) e alla rivelazione al profeta Elia sull’Oreb nella brezza leggera (‘un silenzio sottile’, secondo il termine ebraico, 1Re 19,12), qui si raggiunge l’apice della rivelazione di Dio nell’AT.

Ora, quel NOME, così carico della Presenza di Dio da significarne la natura intima, è proprio quello che il Figlio rivela con la sua passione-morte-risurrezione. Gesù anticipa questa rivelazione nel suo colloquio con Nicodemo dicendogli: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,19).  Gesù è la rivelazione del volto del Padre, che è misericordia. Se Gesù fornisce la ragione di questa sua rivelazione (‘perché abbiano la vita eterna’) non è per motivare la sua opera, ma per mostrare il fuoco che anima lui e la sua opera redentiva fin dall’eternità, negli abissi divini delle relazioni trinitarie. La sottolineatura resta la seguente: se l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, vuol dire che è stato concepito perché potesse, lui, creatura, godere dello stesso amore che costituisce Dio in se stesso, nelle sue relazioni trinitarie. La rivelazione ha dell’inaudito. L’uomo è chiamato a condividere la stessa vita divina, che è splendore di amore in se stesso. Vita eterna e amore dicono la stessa realtà perché definiscono la natura intima di Dio.

Tutta la Scrittura ricorda come quell’esperienza sia la più sublime e la più tormentosa, la più agognata e la più temuta. Non è così facile spiegarne il perché nonostante non ci manchino le ragioni di comprensione, che però il cuore stenta ad accogliere. Eppure, anche per noi risulta vera la proclamazione evangelica: “Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo” (Gv 1,16-17). Se l’uomo cerca la verità, la verità di cui ha sete il suo cuore è una verità di grazia e contemporaneamente una grazia di verità. La festa di oggi invita ciascuno a vivere la propria vita nell’atteggiamento di chi si dispone ad accogliere nel suo cuore la grazia di verità che il Signore Gesù testimonia rivelando l’amore del Padre e donandoci il suo Spirito.

Così, avere la vita eterna comporta l’essere conquistati radicalmente dall’amore (per questo è effuso lo Spirito Santo) in modo che quell’amore divino diventi radice e splendore di vita, nella lode al Dio delle misericordie, come lo è stato per l’umanità di Gesù. La richiesta di Mosé: “Mostrami la tua gloria”, con Gesù che rivela il volto del Padre, assume un significato nuovo: possiamo conoscere personalmente il Dio che ci ha amati così tanto da darci il suo Figlio.

L’aspetto drammatico, che continua a essere tale per noi nonostante l’assolutezza e la definitività di questa rivelazione, sta nel fatto che non si tratta di un riconoscimento fattuale, puntuale, ma di un inglobamento totale della nostra esistenza in quella rivelazione, dentro una storia che tende a mettere continuamente in discussione la sua verità. Non per nulla la definizione di Dio che l’Apocalisse riporta suona: “Dice il Signore Dio: Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!” (Ap 1,8). Vale a dire: l’assorbimento degli effetti di questa straordinaria rivelazione si gioca nella successione degli eventi, belli e brutti, beati e dolorosi, della nostra vita. Non veniamo custoditi per il fatto che tutto avverrà come piace a noi, ma per il fatto che comunque avremo l’opportunità di fare esperienza della grandezza dell’amore di Dio, perché, come dice s. Paolo, tutto concorre al bene di coloro che amano Dio.

È caratteristico che il cristiano, tracciando il segno di croce sulla propria persona, l’accompagni con la confessione trinitaria: Padre, Figlio, Spirito Santo. Come a dire: l’amore di Dio per gli uomini, che si è rivelato in tutto il suo splendore a partire dalla croce di Gesù, riempia e copra tutta la mia persona partecipando alla stessa comunione di vita che intercorre tra le tre Persone divine. E quando quel segno si traccia sulle cose o prima delle varie azioni si intende accedere alla dimensione di rivelazione dell’amore di Dio per il nostro cuore che quegli atti comportano nella sua provvidenza per noi.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Es 34, 4b-6. 8-9

Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano.

Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà».

Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervìce, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».

Salmo Responsoriale  Dn 3,52.56

A te la lode e la gloria nei secoli.

Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri.

Benedetto il tuo nome glorioso e santo.

Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso.

Benedetto sei tu sul trono del tuo regno.

Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi

e siedi sui cherubini.

Benedetto sei tu nel firmamento del cielo.

Seconda Lettura  2 Cor 13, 11-13

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi.

Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano.

La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.

Vangelo  Gv 3, 16-18

Dal vangelo secondo Giovanni

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.

Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».