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Sesto ciclo

Anno liturgico C (2018-2019)

Tempo di Avvento

IV Domenica

(23 dicembre 2018)

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Mic 5,1-4a;  Sal 79;  Eb 10,5-10;  Lc 1,39-45

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Siamo ormai prossimi alla festa del Natale e la liturgia oggi è tutto un invocare il compimento del ‘volere’ la nostra salvezza da parte di Dio. Non è l’uomo a muovere Dio, ma è il volere salvatore di Dio che investe l’uomo. Il salmo 79 riassume bene gli aneliti dei cuori: “Risveglia la tua potenza e vieni a salvarci … Guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna”. Quel ‘volere’ si rivela in un volto di cui godremo finalmente la vista. Quel Giusto, quel Salvatore, di cui si invoca la discesa contemporaneamente dall’alto e dalla terra, è colui che di sé dice entrando in questo mondo: “Ecco, io vengo per fare la tua volontà” (Eb 10,7). La sua non è una dichiarazione puntuale, che avviene cioè in un determinato momento sottintendendo che prima non pensava in questi termini, ma è una dichiarazione eterna, frutto del colloquio eterno tra il Padre e il Figlio nell’amore che li lega tra loro e al mondo. L’apparire finalmente di Gesù nella storia umana non riguarda semplicemente la cronaca storica, ma concerne la dimensione eterna della storia umana. Lui ne è il fulcro, ne è la radice ed insieme il frutto.

Con il cantare nel salmo responsoriale: “Risveglia la tua potenza e vieni a salvarci” (Sal 79,3), invochiamo di essere toccati dalla compassione di Dio per noi, la cui potenza si esprime nella capacità di dare letizia al nostro cuore, conquistandolo alla sua pace. E se per cogliere la portata della salvezza operata da Gesù, la lettera agli Ebrei gli mette in bocca le parole del salmo 40: “Ecco, io vengo a fare la tua volontà”, vuol dire che la volontà del Padre è che il Figlio mostri la grandezza del suo amore per i suoi figli e li riunisca dalla dispersione in cui erano piombati. In quella volontà noi siamo santificati, vale a dire siamo abilitati a vivere nella comunione con il Padre nel suo stesso volere di bene per tutti, perché tutti sono invitati alla mensa del suo amore.

Si invoca la sua discesa dall’alto: Dio si avvicina all’uomo, non l’uomo a Dio; Dio si fa figlio dell’uomo, non l’uomo Figlio di Dio. Ma si invoca pure dal basso, dalla terra: Dio non sopraggiunge come un meteorite, come importato da fuori, benché dall’alto; Dio, nel suo agire, sempre accondiscende all’uomo e quando si avvicina all’uomo lo fa in modalità umana, da dentro quella storia che ha messo in moto per condividere con l’uomo il suo Bene. Invocare la sua discesa dalla terra è proclamare la santità dell’umanità della Vergine che Dio stesso si è preparato perché finalmente si compia quel ‘volere’ che ha costituito il desiderio di Dio dall’eternità: Dio e l’uomo in uno, tutto Dio per l’uomo e tutto l’uomo per Dio.

A quel ‘volere’ si appella la Vergine con le sue parole all’angelo: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38), come proclama il canto al vangelo. Il volere di benevolenza di Dio per l’uomo, che si era espresso nel volere di intimità del Figlio con il Padre per essere il testimone del suo amore per gli uomini tra gli uomini, si rispecchia nel volere di obbedienza della Vergine che sta unita al suo Dio. Si rivela qui la santità dell’umanità della Vergine che diventa lo spazio di realizzazione del desiderio di Dio per gli uomini, ritrovando in ciò tutta la sua dignità di creatura e tutto lo splendore nel quale era stata concepita fin dall’inizio. E non per nulla l’elogio di Elisabetta si appunta proprio su questo: “beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. Coglie molto bene la purezza della fede di Maria: lei è beata perché non solo ha creduto alle parole dell’angelo, ma ne ha accettata la dinamica di compimento. Il che significa che comunque l’opera di Dio si manifesterà, lei è disponibile. Significa ancora che accettando di restare coinvolta nell’adempimento delle parole dell’angelo, ha messo da parte, se mai ne aveva avute, tutte le sue preferenze, tutte le sue immaginazioni. A differenza degli apostoli, i quali, hanno accettato la fede nel Messia, ma secondo la loro immaginazione e trovando sempre difficile arrendersi alla rivelazione di Gesù. Parafrasando le parole di Elisabetta potremmo aggiungere: beata colei che ha fatto esperienza così forte e totale dell’amore di benevolenza di Dio per l’umanità da non ricercare altro nel suo vivere se non che quell’amore di benevolenza avesse tempo e modo di riversarsi su tutto e su tutti, su di lei come sul mondo. È da tale consapevolezza che sgorgano le parole del magnificat e il canto di esultanza della creatura che vede lo spazio di vita ormai totalmente occupato da quell’amore. Anche nella preghiera del Padre nostro, quando invochiamo: ‘sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra’, per prima cosa chiediamo di fare esperienza di quell’amore di benevolenza da parte di Dio, amore nel quale siamo stati concepiti e voluti e che costituisce tutto il nostro splendore, sebbene l’esperienza non sia mai scontata.

Se si accoglie il Verbo di Dio, se ne accoglie anche la dinamica di amore che l’ha spinto a venire a noi, dinamica che investe il mondo e che costituisce il suo splendore. Ecco perché in quell’ “avvenga per me secondo la tua parola” c’è anche l’impeto di carità che muove la Vergine ad andare da sua cugina Elisabetta. Le parole del magnificat alludono anche alla carità che ha investito il suo cuore e del cui splendore il suo agire è ormai testimone, segno della presenza fatta carne del Figlio di Dio. Di quell’amore Lui è il rivelatore per eccellenza perché conoscendo il Padre in verità sa che è amore per noi. Proprio questo è venuto a ‘far vedere’! E in questo sta la nostra salvezza e la nostra pace.

Nel salmo 79 il versetto che fa da ritornello responsoriale “Fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi”, viene ripetuto tre volte. Quel volto che risplende su di noi è il Messia cantato come ‘figlio dell’uomo che per te hai reso forte’. Forte da vincere ogni nemico e farci godere la pace, cioè ricondurci all’esperienza dell’amore di Dio così forte da non concepire la vita in altri termini se non nella logica di quell’amore. La pace non è evidentemente assenza di afflizioni, ma condivisione dell’amore, amore che esprime tutto il volere di Dio per l’uomo e da parte sua e da parte nostra.

È interessante osservare che l’espressione della lettera agli Ebrei: “entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato… Allora ho detto: Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà” riprende la versione greca del salmo 40, ma l’ebraico porta: “gli orecchi mi hai aperto”, ad indicare la disponibilità totale al volere di Dio. Ma se Gesù prende un corpo, lo prende non solo per compiere il volere di salvezza di Dio per l’uomo, ma anche per mettersi in condizioni di compiere quella salvezza in termini di splendore di amore e di nient’altro. Non c’è ombra di ‘potenza’ nell’amore che Gesù manifesta nascendo come un bambino, vivendo da uomo e morendo sulla croce; eppure, non c’è potenza più forte di quell’amore che non si fa vincere da nulla. È l’amore che ‘magnifica’ il Signore davanti all’uomo e l’uomo davanti a Dio.

Mi piace riportare le solenni antifone dei vespri della novena di Natale, riprese nel canto al vangelo delle Messe, perché costituiscono un’invocazione ardente e una preghiera intensissima al Signore che viene. Sono sette invocazioni strettamente congiunte che danno il tono alla nostra attesa della nascita del Salvatore:

O Sapienza, di te parlano tutte le cose, tutte a te anelano: di te splenda lo sguardo e il gesto ti ripeta;

O Adonai, Signore e guida della storia, che vai alla ricerca del tuo popolo e fai risplendere il tuo volto su di lui: affascina e acquieta i nostri cuori;

O Germoglio della radice di Jesse, segno per i popoli: alla tua ombra trovino ristoro e riposo le genti;

O Chiave di Davide, che con la tua morte e risurrezione hai aperto le porte del Regno: lascia trapelare il suo splendore nel nostro agire;

O Astro che sorgi, sole di giustizia: la bellezza del tuo volto e la verità della tua bontà rapiscano i cuori;

O Re delle genti, l’atteso delle nazioni, pietra angolare dell’umanità nuova: cedano gli odi e le divisioni perché in te gli uomini si ritrovino tutti figli di Dio, operatori di pace;

O Emmanuele, Dio con noi, speranza dei popoli: la tua pace custodisca i nostri cuori ed i nostri pensieri, come in cielo così in terra.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Mic 5,1-4a

Dal libro del profeta Michea

Così dice il Signore:

«E tu, Betlemme di Èfrata,

così piccola per essere fra i villaggi di Giuda,

da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele;

le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti.

Perciò Dio li metterà in potere altrui,

fino a quando partorirà colei che deve partorire;

e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele.

Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore,

con la maestà del nome del Signore, suo Dio.

Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande

fino agli estremi confini della terra.

Egli stesso sarà la pace!».

Salmo Responsoriale  Sal 79

Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.

Tu, pastore d’Israele, ascolta,

seduto sui cherubini, risplendi.

Risveglia la tua potenza

e vieni a salvarci.

Dio degli eserciti, ritorna!

Guarda dal cielo e vedi

e visita questa vigna,

proteggi quello che la tua destra ha piantato,

il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.

Sia la tua mano sull’uomo della tua destra,

sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte.

Da te mai più ci allontaneremo,

facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.

Seconda Lettura  Eb 10,5-10

Dalla lettera agli Ebrei

Fratelli, entrando nel mondo, Cristo dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà”».

Dopo aver detto: «Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato», cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: «Ecco, io vengo per fare la tua volontà». Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre.

 

Vangelo  Lc 1,39-45

Dal vangelo secondo Luca

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.

Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Ap­pena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bam­bino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orec­chi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo.

E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».