Ottavo ciclo
Anno liturgico C (2024-2025)
Tempo Ordinario
III Domenica
(26 gennaio 2025)
Ne 8,2-4a.5-6.8-10; Sal 18 (19); 1Cor 12,12-30; Lc 1,1-4;4,14-21
Se consideriamo l’episodio della predicazione a Nazaret da parte di Gesù nella narrazione di Luca, in sinossi con quella di Matteo, cogliamo meglio il suo mistero. Luca colloca l’episodio all’inizio del ministero di Gesù, con l’intento di anticipare quello che avverrà alla fine: Gesù sarà rifiutato e la salvezza raggiungerà anche i pagani. In Matteo l’episodio fa da contrasto tra i familiari di Gesù e i suoi discepoli. È collocato a conclusione delle sette parabole del regno, introdotte a loro volta dall’indicare i discepoli come i nuovi familiari di Gesù: “Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre” (Mt 12,50). L’episodio di Nazaret sancisce la ‘nuova famiglia’ di Gesù, la comunità di vita con i suoi discepoli, definiti con la beatitudine di non trovare in lui motivo di scandalo (cfr. Mt 13,57).
Il brano è introdotto con l’annotazione che Gesù ritorna in Galilea con la potenza dello Spirito. È lo stesso Spirito che l’aveva riempito al battesimo, lo stesso che l’ha sospinto nel deserto per essere tentato. Così, avendo accettato di condursi come Messia secondo i segreti di Dio, quando si presenta in sinagoga a Nazaret, può applicarsi la profezia messianica di Isaia 61,1-2: “Lo Spirito del Signore è sopra di me … Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Gesù si presenta come l’Inviato, capace di dare compimento alle promesse di Dio. Quello che forse non cogliamo più della manifestazione di tale autocoscienza di Gesù è il fatto che l’invio non rimanda semplicemente all’opera per la quale è inviato, ma all’intimità che vive con il Padre nel mostrare, con le parole e l’agire, il suo grande amore agli uomini. In effetti, l’aspetto più suggestivo del racconto di Luca sta nel fatto di collegare questo annuncio al rifiuto che il Messia subirà, ma perché venga esaltata la bontà di Dio per gli uomini. In quel rifiuto si potrà scoprire tutta la ‘potenza’ dello Spirito che lo abita nel senso di tenere unita la sua intimità con il Padre e l’amore verso i suoi figli, ai quali si presenta come il Testimone del suo amore per loro.
La profezia messianica di Isaia 61, che si riferisce alla grazia speciale dell’anno giubilare, parla di poveri, di prigionieri/oppressi, di ciechi. Allude alle ‘deficienze’ del nostro vivere nella storia, che Gesù è venuto a redimere. Sotto tre aspetti l’azione del Messia sarà efficace. Se la nostra vita è mancante, soffre di limiti; se viviamo sotto l’oppressione di una schiavitù imposta o procurata, subita o provocata; se camminiamo nell’oscurità, Gesù si presenta, dalla parte di Dio, capace di rinnovare la letizia, di offrire la libertà e di suggerire un senso. Sono le coordinate di un vivere felicemente la propria vocazione umana, in comunione con Dio. La felicità, come la vita stessa di Gesù mostrerà, è ‘dire bene Dio’ con la premura della cura dell’uomo fino a dare la vita perché la vita dell’altro cresca. Ma come vivere questa felicità senza la rivelazione del volto di Dio che si fa conoscere come ‘cura per l’uomo’? Per questo Origene annota come sia da invidiarsi l’assemblea che tutta intera, alla lettura della parola di Dio, tiene gli sguardi fissi su Gesù! Come accogliere – Gesù lo rivelerà in molte parabole – la felicità di Dio per il pentimento del peccatore, senza accusarlo di ingiustizia e senza sentire la gioia dell’altro come un’offesa alla mia di uomo giusto?
S. Paolo descrive i frutti dello Spirito come “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22). Sono espressione della cura per l’uomo e chi più li possiede, più si prende cura. E più ci si prende cura, più il volto di Dio è rivelato nella sua verità e la letizia riempie il cuore dell’uomo. Sarebbe il senso dell’invito di Neemia al popolo dopo la lettura della Legge: “Non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza”. Gli ebrei erano appena ritornati dall’esilio di Babilonia, avevano ricominciato a costruire il tempio e le mura di Gerusalemme, ma la vita si prospettava piena di insidie sia sociali che religiose. Il popolo viene ricompattato con la proclamazione del libro della legge, la lettura del quale suscita un’emozione grandissima. Il popolo piange, si rattrista, si accorge di quanto sia stato infedele al suo Dio. Era successa la stessa cosa al re Giosia: “Udite le parole del libro della legge, il re si stracciò le vesti” (2Re 22,11). Succederà alla gente che aveva ascoltato il discorso di Pietro a Pentecoste: “all’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore” (At 2,37). Espressiva la traduzione di Chouraqui, sul calco ebraico. Noi leggiamo: “I leviti leggevano il libro della legge di Dio” (Ne 8,8) e Chouraqui traduce: ‘gridano l’atto della tora’, dove il termine ‘libro’ è reso con ‘atto’, ad indicare l’attualità, la realtà, la contemporaneità di quella parola che da sempre è pronunciata e da sempre porta salvezza.
Per questo, l’oggi del compimento è questo, qui, adesso, mentre ascoltiamo. Gesù lo proclama ai suoi concittadini. Potessimo anche noi, in ogni circostanza, in ogni luogo, e non solo nell’assemblea liturgica, ripetere in verità quello che Gesù ha proclamato: “Oggi si è compiuta questa Scrittura” (Lc 4,21). Intendendo: accogliendo lui, con la sua parola di verità e di vita, ogni circostanza si apre al compimento della sua volontà di benevolenza e in qualche maniera, per noi e tramite noi, possa compiersi nella nostra vita la profezia di Isaia: essere segno di speranza per i nostri fratelli. Per questo Esdra e Neemia invitano alla gioia perché la parola di Dio proclamata, spiegata, vissuta e condivisa nella sua potenza di letizia, pur nel dramma della vita, rende solidali gli uomini, non avendo più nulla da rivendicare in senso egoistico.
La gioia cela un’energia potente, diventa la forza che il salmo 18 descrive e che potremmo interpretare sinteticamente: la giustizia del Signore, il contenuto, cioè, della parola di Dio, è quella di portare gioia al cuore e questa gioia è quella che consente al nostro cuore di vivere secondo la sua giustizia, cioè di manifestare la sua presenza con il prenderci cura di ognuno fino a dare la vita perché l’altro possa averla abbondante. Solo il Messia poteva rivelare che consistesse in questo la manifestazione del Signore e che in questo risiedesse il compimento del desiderio dell’uomo e la felicità di Dio.
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]
Prima Lettura Ne 8,2-4a.5-6.8-10
Dal libro di Neemìa
In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere.
Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza.
Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore.
I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura.
Neemìa, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i levìti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge.
Poi Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 18 (19)
R. Le tue parole, Signore, sono spirito e vita.
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice. R.
I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi. R.
Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti. R.
Ti siano gradite le parole della mia bocca;
davanti a te i pensieri del mio cuore.
Signore, mia roccia e mio redentore. R.
Seconda Lettura 1Cor 12,12-30
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato?
Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.
Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione. (Lc 4,18)
Alleluia.
Vangelo Lc 1,1-4;4,14-21
Dal vangelo secondo Luca
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».