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Ottavo ciclo

Anno liturgico C (2024-2025)

Tempo di Natale

II Domenica dopo Natale

(5 gennaio 2025)

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Sir 24,1-2.8-12;  Sal 147;  Ef 1,3-6.15-18;  Gv 1,1-18

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Continua la meditazione della Chiesa sul mistero della nascita di Gesù. Oggi l’accento è posto sulla conclusione del prologo del vangelo di Giovanni: “Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” (Gv 1,18). La conseguenza non può che essere quella che s. Efrem pone sulle labbra della Madre di Dio, che guarda quanti accorrono per adorare il Figlio che ha appena partorito: “Se una madre ha un bambino, questo diventa fratello del mio diletto. Se ha una figlia o una congiunta, questa diventa la sposa del mio Signore. Colui che ha un servo, gli conceda la libertà, affinché venga per servire il suo Signore”. E rivolta al suo Bambino: “A causa tua una serva diventa libera. Se una ti ama, c’è nel suo seno una invisibile liberazione”. In altre parole, l’umanità ritrova la gloria della sua dignità, anticipata da quella che rifulge sulla Madre stessa: “Maria è il giardino sul quale discese dal Padre la pioggia della benedizione; di quella effusione lei asperse il volto di Adamo”.

La bellezza della verità annunciata è tale che solo con un inno di lode si può magnificare. È quello che fa s. Paolo introducendo i credenti di Efeso al mistero della Chiesa, come pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose: “Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo …. vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui” (cfr. Ef 1). Quella conoscenza è quella che deriva dall’esperienza degli apostoli che sono vissuti con il Figlio di Dio fatto uomo, ne hanno ascoltato la voce, ne hanno ammirato le azioni, sono stati introdotti nel suo segreto e alla fine hanno riassunto la loro esperienza così: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria” (Gv 1,14).

La liturgia di oggi proclama che quella esperienza ci è stata comunicata perché la condividessimo, ne cogliessimo la portata rispetto alla rivelazione del mistero dell’amore di Dio per noi, ci raggiungesse nelle corde più segrete del cuore in modo da vivere della benedizione, che è il dono di Gesù alla nostra umanità. Per questo la prima lettura l’annuncia come la Sapienza, che ha ricevuto dal Padre, ancor prima della fondazione del mondo, il compito di porre la sua dimora tra i suoi figli. Compito, che costituisce tutto il volere di benevolenza del Padre e l’obbedienza in intimità del Figlio, perché il supremo desiderio di Dio è di trarre l’uomo nella comunione con lui, fonte della sua felicità.

Ecco allora l’annuncio per il mondo. Il Padre ci ha donato il suo Figlio ed il Figlio, per mezzo dello Spirito Santo, ci fa dono del potere di diventare figli a nostra volta: “A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati” (Gv 1,12-13). Il dono è aperto a tutti, perché non si nasce cristiani, ma lo si diventa. È il superamento più radicale di ogni distinzione fra gli uomini basata su etnia, nazione, cultura, censo, qualità, ecc. Ricevere il potere di diventare figli di Dio significa partecipare alla vita stessa del Figlio di Dio; significa rivestirsi dei suoi sentimenti, nei quali fondare le radici di un’umanità nuova, trasfigurata, fraterna, che non si presenta più temibile in nulla per nessuno.

La letizia del Natale rimanda a tale ‘possibilità’, a tale ‘potere’ e qui si radica la speranza per il mondo: la gloria di Dio può ancora risplendere in mezzo a noi, la vita nel mondo può ancora tornare amabile, nonostante i drammi e le tragedie, le violenze e gli egoismi. Siamo sicuri – anche questo è un corollario della nostra fede nel Signore Gesù – che sempre ci sarà qualcuno che, discepolo del Signore, farà risplendere l’umanità in questo mondo. E sempre ci sarà qualcuno che, affascinato da quello splendore, riconoscerà il Signore e tornerà a far desiderare la conoscenza di lui, come si augura l’apostolo.

Se prima della creazione del mondo, l’uomo è stato pensato da Dio in funzione della capacità di portare la bellezza del Figlio di Dio, allora come non vedere nell’esperienza della conoscenza di quel Figlio, ormai diventato Figlio dell’uomo, il compimento di ogni desiderio di verità e bellezza? E se tutto il creato rimanda al Cristo Signore, a maggior ragione l’uomo, fatto ad immagine di Lui, che è l’Immagine, lo splendore del Volto stesso di Dio. Se questo è vero, allora, come dichiarano i nostri Padri, tutti i nostri pensieri rimandano a lui, tutte le nostre aspirazioni, tutti i nostri desideri, tutti i nostri ideali. La preghiera non è che il luogo di riconoscimento del Cristo come fondamento dei nostri pensieri. Tutta la bontà, tutte le virtù che possiamo ottenere non sono che partecipazione alla sua umanità, ai suoi sentimenti, alla sua vita, che è vita stessa di Dio. E se davvero i nostri occhi stanno aperti a riconoscere la venuta tra noi di Colui che è l’Atteso del cuore, perché smarrirci ancora nelle paure e nelle angosce, come se qualcosa di essenziale ci mancasse ancora?

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  Sir 24,1-2.8-12

Dal libro del Siracide

La sapienza fa il proprio elogio,

in Dio trova il proprio vanto,

in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria.

Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca,

dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria,

in mezzo al suo popolo viene esaltata,

nella santa assemblea viene ammirata,

nella moltitudine degli eletti trova la sua lode

e tra i benedetti è benedetta, mentre dice:

«Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine,

colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda

e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe

e prendi eredità in Israele,

affonda le tue radici tra i miei eletti” .

Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creata,

per tutta l’eternità non verrò meno.

Nella tenda santa davanti a lui ho officiato

e così mi sono stabilita in Sion.

Nella città che egli ama mi ha fatto abitare

e in Gerusalemme è il mio potere.

Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso,

nella porzione del Signore è la mia eredità,

nell’assemblea dei santi ho preso dimora».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 147

R. Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi.

Celebra il Signore, Gerusalemme,

loda il tuo Dio, Sion,

perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,

in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli. R.

Egli mette pace nei tuoi confini

e ti sazia con fiore di frumento.

Manda sulla terra il suo messaggio:

la sua parola corre veloce. R.

Annuncia a Giacobbe la sua parola,

i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.

Così non ha fatto con nessun’altra nazione,

non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi. R.

Seconda Lettura  Ef 1,3-6.15-18

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.

In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo

per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,

predestinandoci a essere per lui figli adottivi

mediante Gesù Cristo,

secondo il disegno d’amore della sua volontà,

a lode dello splendore della sua grazia,

di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.

Perciò anch’io [Paolo], avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore che avete verso tutti i santi, continuamente rendo grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi.

Vangelo  Gv 1,1-18

Dal vangelo secondo Giovanni

In principio era il Verbo,

e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

Egli era, in principio, presso Dio:

tutto è stato fatto per mezzo di lui

e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

la luce splende nelle tenebre

e le tenebre non l’hanno vinta.

Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

Era nel mondo

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

i quali, non da sangue

né da volere di carne

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

Giovanni gli dà testimonianza e proclama:

«Era di lui che io dissi:

Colui che viene dopo di me

è avanti a me,

perché era prima di me».

Dalla sua pienezza

noi tutti abbiamo ricevuto:

grazia su grazia.

Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,

la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

Dio, nessuno lo ha mai visto:

il Figlio unigenito, che è Dio

ed è nel seno del Padre,

è lui che lo ha rivelato.