Ottavo ciclo
Anno liturgico C (2024-2025)
Tempo di Natale
Santa Famiglia
(29 dicembre 2024)
1Sam 1,20-22.24-28; Sal 83 (84); 1Gv 3,1-2.21-24; Lc 2,41-52
Celebrare la festa della santa famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, è un altro modo di sottolineare la verità e la veridicità dell’incarnazione del Figlio di Dio. Per porre la sua tenda tra di noi, Dio ha assunto la storia di una determinata genealogia (Gesù è ascritto alla discendenza davidica), carica delle promesse divine, ma intessuta anche di peccato e di miserie umane e ha assunto pure la struttura che ha consentito a quella storia di svolgersi, cioè la famiglia, con il suo carico di drammi e di violenze. Anche per Gesù, che è nato da una madre vergine, è stato essenziale il contesto famigliare per crescere e scoprire il senso della sua vita. Ecco, la verità dell’incarnazione riguarda il fatto che il bambino ha bisogno di crescere, cresce nella sua famiglia, sottomesso ai suoi genitori. È il periodo più lungo della vita di Gesù, circa trent’anni, che vive nel nascondimento, crescendo in età e grazia, fino al tempo della sua manifestazione con la venuta al Giordano per farsi battezzare da Giovanni Battista. Di questo periodo non sappiamo nulla, se non che l’ha vissuto a Nazaret con la sua famiglia, fedele alla legge di santità di Dio per il suo popolo.
L’unica annotazione che fa presagire il mistero della sua vita a Nazaret, riassunto dall’espressione evangelica: “E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”, riguarda sua madre: “Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore”. Il custodire comporta la premura di vedere l’invisibile, di accorgersi dell’azione misteriosa di Dio, di accompagnare il figlio nella scoperta del suo mondo interiore. Vale sempre, continuamente, per lei il suo “Sono la serva del Signore”, come donna, come mamma, come sposa, con tutte le premure e le angosce di ogni mamma. E tutto questo è parte integrante del disegno di Dio perché è necessario alla crescita di Gesù nella sua umanità. Potessimo leggere anche noi la nostra vita nella sua quotidianità come parte integrante del mistero di salvezza di Dio che si compie a nostro favore! Possiamo solo intuirlo, accompagnarci a percepirlo, a entrarvi come collaboratori fedeli, nell’attesa di veder compiersi la promessa di Dio. La lettura delle Scritture, l’impegno di ascesi e preghiera, l’ardore di carità per tutti, tutto esprime la tensione del cuore che custodisce il mistero di Dio nel suo lento manifestarsi. Mi sembra questa la caratteristica essenziale della venuta nella carne del Figlio di Dio. La divinità che si abitua a convivere con l’umanità fino a che l’umanità tutta splenda della divinità. Quello che i Padri hanno sempre apertamente dichiarato: Dio si fa uomo perché l’uomo diventi Dio. Sul principio: chi cerca la sua gloria si perde, chi cerca la gloria di Dio si umanizza, fa fiorire la sua umanità. Così è stato per Gesù, così è stato per sua madre, così sarà per i suoi discepoli.
Il racconto del ritrovamento al tempio di Gesù da parte dei suoi genitori allude probabilmente alla celebrazione del ‘bar mizvah’, l’età adulta per un ebreo tra i 12 e i 13 anni, quando gli veniva concesso di leggere pubblicamente la Torà in sinagoga. L’occasione permette a Gesù di ’perdersi’ nelle Scritture, interamente occupato a cogliere il volere del Padre nel suo desiderio di salvezza. È ancora troppo presto per Maria e Giuseppe di realizzare quanto sta accadendo. Perciò, annota l’evangelista, Maria si fa memoria calda delle parole e dell’agire del figlio. Lei, che si era dichiarata l’ancella del Signore all’angelo, che le annunziava la nascita misteriosa di un figlio, non sapeva ancora come si sarebbe tradotta la storia di salvezza che quel figlio avrebbe realizzato. Lei tratteneva parole ed eventi in cuore facendole rimbalzare le une sulle altre, le parole sugli eventi, il tutto con il suo cuore, fino a scoprire e vivere fino in fondo la grandezza dell’amore di Dio con tutta la sua persona. Ha accolto tutto il mistero e tutte le sue energie sono assorbite da quel mistero che impara col tempo a scoprire. Mistero, che godremo in tutta la sua profondità e bellezza secondo l’annuncio di Giovanni nella sua lettera: “ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato …”.
Ora, è un continuo andare oltre la cronaca e la materialità degli eventi, dentro la necessità e la difficoltà di un superamento continuo di tutte le contraddizioni che si incontrano. Tutti i genitori conoscono questa ambivalenza nella crescita dei figli: fanno tutto per i figli e la loro gioia sta in questo, ma sanno che i figli sono chiamati a realizzare un loro progetto, spesso senza poterlo condividere o comunque senza che siano necessariamente resi partecipi. Ma corrisponde al progetto di Dio sia la premura dei genitori che la libertà dei figli e se entrambi, genitori e figli, sono consapevoli di questa unità di progetto in Dio, tutti e due trovano la loro gioia, misteriosamente. Diventa così essenziale, per i genitori e per i figli, la consapevolezza della verità di questo rimando. La comprensione non è immediata, ma è assicurata. Come si annota per la madre di Gesù: “Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19).
Forse non è inutile sottolineare che la prima e l’ultima parola di Gesù nel vangelo di Luca è una evocazione del Padre. Nel tempio, quando è ritrovato dai suoi genitori: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2,49); sulla croce, prima di morire: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46); oppure, prima dell’ascensione: “Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso” (Lc 24,49). Gesù fa vedere come in tutto ciò che vive, in tutto ciò che possiamo vivere noi, quello che è essenziale è scoprire e far valere la radice di vita, di senso, di sentimenti, che è il Padre dei cieli, Colui dal quale ogni bene riceviamo e verso il quale porta ogni bene vissuto. Senza questo ‘sconfinamento’, da dentro i legami degli affetti, l’uomo si insacca su se stesso e non trova più slancio e passione per un progetto grande di vita. In altre parole, non ritroverebbe più lo Spirito donato da Gesù. Perderebbe la sua umanità.
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]
Prima Lettura 1Sam 1,20-22.24-28
Dal primo libro di Samuèle
Al finir dell’anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuèle, «perché – diceva – al Signore l’ho richiesto». Quando poi Elkanà andò con tutta la famiglia a offrire il sacrificio di ogni anno al Signore e a soddisfare il suo voto, Anna non andò, perché disse al marito: «Non verrò, finché il bambino non sia svezzato e io possa condurlo a vedere il volto del Signore; poi resterà là per sempre».
Dopo averlo svezzato, lo portò con sé, con un giovenco di tre anni, un’efa di farina e un otre di vino, e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo: era ancora un fanciullo. Immolato il giovenco, presentarono il fanciullo a Eli e lei disse: «Perdona, mio signore. Per la tua vita, mio signore, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore. Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto. Anch’io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore». E si prostrarono là davanti al Signore.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 83 (84)
R. Beato chi abita nella tua casa, Signore.
Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
L’anima mia anela
e desidera gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente. R.
Beato chi abita nella tua casa:
senza fine canta le tue lodi.
Beato l’uomo che trova in te il suo rifugio
e ha le tue vie nel suo cuore. R.
Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,
porgi l’orecchio, Dio di Giacobbe.
Guarda, o Dio, colui che è il nostro scudo,
guarda il volto del tuo consacrato. R.
Seconda Lettura 1Gv 3,1-2.21-24
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo
Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito.
Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.
Vangelo Lc 2,41-52
Dal vangelo secondo Luca
I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.