XXXII Domenica T.O.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo Ordinario – XXXII Domenica (10 novembre 2024)

Se traduciamo letteralmente l’espressione di Gesù ne capiamo meglio la profondità. Si dovrebbe tradurre: “dalla sua mancanza gettò tutto quanto aveva, tutta la sua vita”. Il nostro Dio è un Signore strano: non chiede né poco né tanto né tutto; chiede quello che non hai. Il gesto della vedova, che trae dalla sua mancanza quello che costituiva la sua vita, assume una valenza spirituale paradigmatica. Basta pensare ai comandamenti. Dio ci comanda: “siate miti … portatori di pace … misericordiosi …”. Uno dà quello che ha, questa è la norma dell’agire tra gli uomini. Con Dio non vale: uno deve dare quello che non ha per averlo anche lui. Così, io, che non sono affatto mite, che non sono affatto in pace, sono richiesto di usare mitezza, di portare pace. Ma come è possibile? Sulla promessa della fedeltà di Dio al suo comandamento. Dare mitezza in nome di Dio a un fratello vuol dire fidarsi totalmente della promessa che farà gustare anche al mio cuore quella mitezza. Ed in questo gusto trovare finalmente la compagnia di colui che il mio cuore ama. Perché, se già non lo amassi, come farei a fidarmi?

XXXI Domenica T.O.

Anno liturgico B (2023-2024) – Tempo Ordinario – XXXI Domenica (3 novembre 2024)

Il brano del vangelo di Marco comporta una particolarità unica nei vangeli. È l’unico passo di tutto il vangelo in cui Gesù si congratula con uno scriba. Quello scriba, che alla fine riceve l’elogio di Gesù: ‘Non sei lontano dal regno di Dio’, aveva assistito alla discussione di Gesù con i sadducei a proposito della risurrezione dei morti. Aveva certamente notato che la forza del ragionamento di Gesù si basava sul fatto che Dio era proclamato Dio dei vivi: “Non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio Giacobbe?  Non è Dio dei morti ma dei viventi!” (Mc 12,26-27; cfr. Es 3,6). Se Dio è Dio dei viventi, vuol dire allora che la morte non costituisce barriera per Lui; vuol dire che la morte non distrugge la Sua fedeltà che tutto sovrasta. Quando si proclama la verità di Dio, la prima cosa che il cuore enuncia è la realtà di un Dio fedele al suo amore, che arriva all’uomo nonostante il suo peccato e la sua miseria, capace di tenere insieme la sua storia. Dio non è un oggetto di conoscenza, ma un Soggetto di relazione.