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Ottavo ciclo

Anno liturgico B (2023-2024)

Tempo Ordinario

XXXII Domenica

(10 novembre 2024)

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1Re 17,10-16;  Sal 145 (146);  Eb 9,24-28;  Mc 12,38-44

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I testi della liturgia di oggi suonano strani per il nostro modo di ragionare. Dio ordina al profeta Elia di rifugiarsi a Sarepta, in territorio pagano, perché una vedova provvederà a lui, ma quella donna non ha di che sfamarlo. Il salmo 145 (146) esalta la fedeltà di Dio, ma non è proprio così usuale in questo mondo vedere gli oppressi liberati; i ciechi, gli storpi, i malati, risanati; gli stranieri, gli orfani e le vedove, categorie di persone per eccellenza, nell’antichità, deboli, sostenuti; gli empi, i potenti, gli oppressori, abbattuti.

Tutta la liturgia di oggi può essere letta come il commento della Chiesa all’elogio che Gesù tributa a una povera vedova, a sua insaputa, per i due spiccioli che vi aveva buttato restando senza più risorse lei per vivere. La preghiera della vedova è proprio giunta al Signore, come canta l’antifona di ingresso: “Giunga fino a te la mia preghiera, tendi l’orecchio alla mia supplica, Signore”. Perché è a pieno titolo ‘familiare’ di Dio, come proclama il canto al vangelo: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. L’antifona alla comunione ne svela la ragione: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla …” Di questa certezza era colmo il suo cuore, certezza che fa dire a Gesù: “In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.

Se traduciamo letteralmente l’espressione di Gesù ne capiamo meglio la profondità. Si dovrebbe tradurre: “dalla sua mancanza gettò tutto quanto aveva, tutta la sua vita”. Il nostro Dio è un Signore strano: non chiede né poco né tanto né tutto; chiede quello che non hai. Il gesto della vedova, che trae dalla sua mancanza quello che costituiva la sua vita, assume una valenza spirituale paradigmatica. Basta pensare ai comandamenti. Dio ci comanda: “siate miti … portatori di pace … misericordiosi …”. Uno dà quello che ha, questa è la norma dell’agire tra gli uomini. Con Dio non vale: uno deve dare quello che non ha per averlo anche lui. Così, io, che non sono affatto mite, che non sono affatto in pace, sono richiesto di usare mitezza, di portare pace. Ma come è possibile? Sulla promessa della fedeltà di Dio al suo comandamento. Dare mitezza in nome di Dio a un fratello vuol dire fidarsi totalmente della promessa che farà gustare anche al mio cuore quella mitezza. Ed in questo gusto trovare finalmente la compagnia di colui che il mio cuore ama. Perché, se già non lo amassi, come farei a fidarmi? Per questo la vedova è tanto elogiata da Gesù. Il fidarsi del suo Dio rivela il suo amore per lui, per tutte le sue cose, vale a dire il tempio e il suo popolo per cui si portavano le monete al tesoro. Gesù vuol esaltare un tipo di legame, di attaccamento, di comportamento dei cuori tra Dio e i suoi servi. La vedova, nel dare tutto quello che aveva per vivere, fa affidamento alla promessa di Dio che, nella sua grandezza e generosità, non lascerà mancare il necessario ai suoi servi. Quella donna si fida del suo Dio, con tutto il suo cuore. E come sempre, la promessa di Dio, per rivelarsi nella sua gratuità, non ha bisogno di sfruttare nulla che appartenga all’uomo. Dio in effetti ha soltanto bisogno dello spazio di un cuore che si faccia semplicemente e totalmente accogliente, anche quando le apparenze sembrano giocare a sfavore.

La vicenda del profeta Elia e della vedova di Sarepta allude alla medesima realtà. Se la vedova si fida della parola del profeta, il quale si era fidato della parola di Dio, non solo non muore nella sua indigenza, ma con la sua indigenza, offerta, ricostituirà la vita sua e del profeta e del popolo dei credenti in generale. Nessuna offerta di questo tipo ha un valore meramente individuale. Riguarda sempre l’insieme, coinvolgendo insieme Dio ed il suo popolo, per cui la vita in questo mondo risulterà più vivibile e la presenza di Dio più tangibile, per tutti. Il canto al vangelo: ‘beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli’, se letto in rapporto alla vedova, acquista una risonanza più profonda. Lei è di quei poveri nei quali prevale la beatitudine promessa perché la fedeltà di Dio per lei è cosa saputa, vera, tanto da scavare nella sua indigenza la gioia del vivere, proprio perché con il suo Dio. Ma la beatitudine va letta non solo in rapporto al fatto che i poveri in spirito avranno parte al regno dei cieli, ma anche in rapporto al fatto che, se incontreremo questi poveri, avremo toccato il regno dei cieli, il regno dei cieli sarà reso visibile a noi. Così in effetti prega la chiesa dopo la comunione: “La forza dello Spirito Santo, che ci hai comunicato in questi sacramenti, rimanga in noi e trasformi tutta la nostra vita”. Come a dire: lo Spirito del Signore radichi i nostri cuori nello stesso atteggiamento di fede della vedova, che ha strappato a Gesù quell’elogio pieno di ammirazione.

Un’ultima annotazione. Il salmo responsoriale 146 è il primo dei cinque salmi che ogni mattina vengono proclamati insieme nella liturgia ebraica, l’Hallel quotidiano. I dieci alleluja che li caratterizzano sono paragonabili alle dieci parole con cui Dio ha creato il mondo (“Dio disse” ricorre dieci volte) e alla dieci parole dell’alleanza del Sinai. Creazione e alleanza percepite sotto il segno della lode, dentro una vita aperta allo splendore del regno. Questo la vedova elogiata da Gesù viveva nella sua indigenza per la fede nel suo Dio.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  1Re 17,10-16

Dal primo libro dei Re

In quei giorni, il profeta Elìa si alzò e andò a Sarèpta. Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un po’ d’acqua in un vaso, perché io possa bere».

Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo di pane». Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo».

Elìa le disse: «Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”».

Quella andò e fece come aveva detto Elìa; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elìa.

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 145 (146)

R. Loda il Signore, anima mia.

Il Signore rimane fedele per sempre

rende giustizia agli oppressi,

dà il pane agli affamati.

Il Signore libera i prigionieri. R.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,

il Signore rialza chi è caduto,

il Signore ama i giusti,

il Signore protegge i forestieri. R.

Egli sostiene l’orfano e la vedova,

ma sconvolge le vie dei malvagi.

Il Signore regna per sempre,

il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione. R.

Seconda Lettura  Eb 9,24-28

Dalla lettera agli Ebrei

Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte.

Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza.

Vangelo  Mc 12,38-44

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».

Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.

Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».