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Ottavo ciclo

Anno liturgico B (2023-2024)

Tempo Ordinario

XXV Domenica

(22 settembre 2024)

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Sap 2,12.17-20;  Sal 53 (54);  Gc 3,16-4,3;  Mc 9,30-37

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Il brano evangelico concatena tre contesti: il secondo annuncio della passione, la discussione tra i discepoli, l’esortazione di Gesù di accogliere i bambini. Partiamo dalla discussione dei discepoli. In effetti, non si tratta semplicemente di un parlarsi, ma della contesa della discussione, come esprime il verbo che usa Gesù quando fa loro la domanda: “Di che cosa stavate discutendo per la strada? …. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande”.

La liturgia ci introduce nei sentimenti di Gesù verso i discepoli con la lettura del libro della Sapienza. Il brano non va letto solo come un annuncio profetico della passione di Gesù, ma per la prospettiva nella quale la profezia dona la sua luce. Il brano riporta il discorso degli empi introducendolo con le parole: “Dicono fra loro sragionando…” e concludendolo: “Non conoscono i segreti di Dio”. Ecco, la rivelazione di Gesù consiste nell’essere messi a parte dei segreti di Dio, che sono appunto i misteri del regno dei cieli. E l’annuncio della passione rivela quanto i segreti di Dio siano lontani dalla mente degli uomini, eppur così essenziali alla vita dei loro cuori.

La ricerca della grandezza è tema sensibile per il cuore dell’uomo. Gesù non condanna i discepoli; accetta che l’uomo desideri essere grande. La sfida è appunto: quale grandezza cercare? Se si confrontano i passi paralleli di Marco 9 e di Matteo 18, potremmo interpretare la discussione dei discepoli tra di loro in questo modo. Marco si preoccupa di non tradire l’insegnamento di Gesù. Per lui, ‘grande’ allude al voler essere ‘primo’ in ordine di prestigio, di importanza. Matteo invece si preoccupa di non fallire l’entrata nel regno dei cieli. Per lui ‘grande’ allude alla conversione per il regno dei cieli: chi entra nel regno dei cieli?

Così al desiderio di grandezza dell’uomo segue l’indicazione della sapienza dall’alto che indica la strada e la natura della grandezza secondo Dio, come fa pregare l’antica colletta: “O Dio, Padre di tutti gli uomini…donaci la sapienza dall’alto, perché accogliamo la parola del tuo Figlio e comprendiamo che davanti a te il più grande è colui che serve”. La qualità della grandezza gradita a Dio è nell’ordine della comunione, della gioia per l’altro, della gioia condivisa con il Maestro. È questo il senso del servizio.

Nel racconto di Marco, quando Gesù dice: “Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”, pone se stesso a modello della grandezza. Di sé dice: “Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,27). Così, voler essere il servo di tutti significa voler essere ritrovato in colui che è il Primo e che si è fatto servo di tutti. Quando, nel racconto dell’Apocalisse, il Figlio d’uomo compare in visione a Giovanni, si presenta con queste parole: “Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente”. Quelle parole non attestano semplicemente la verità personale del Risorto, ma la dinamica di rivelazione dell’amore di Dio ai suoi figli che Gesù ha mostrato in tutto il suo splendore. Da intendere: io, che sono il primo, mi sono fatto ultimo, servo di tutti e perciò sono pieno della vita di Dio, che è amore per voi. Così voi, se vi fate servi di tutti, sarete innestati in colui che è Primo e godrete della vita che a lui appartiene.

L’esempio dei bambini è più misterioso. Marco riporta l’abbraccio di Gesù a un bambino mentre dice: “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me” (Mc 9,36). Accogliere un bambino, quindi al di là di ogni riconoscimento mondano del bene che si compie, significa vivere la propria umanità come espressione della gloria del Signore. Significa far splendere in questo mondo la gloria del Signore. Nel testo di Matteo 18,1-5, invece, leggiamo: “Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli”. Purtroppo, la traduzione ‘si farà piccolo’ è fuorviante rispetto al contesto di rivelazione dell’annuncio della passione. In effetti, il testo comporta il verbo ‘umiliare’ e la traduzione sarebbe: ‘chi umilierà se stesso come un bambino’. Il significato è più diretto rispetto all’annuncio della passione, perché Gesù è proprio colui che ha umiliato se stesso, facendo risplendere, nella sua umiliazione, tutta la potenza dell’amore di Dio per gli uomini e questo è motivo della sua grandezza. Gesù si confonde con ogni ‘bambino’, cioè con ogni uomo nella sua debolezza, tanto che chi onora un uomo nella sua debolezza onora lo stesso Signore Gesù e chi onora il Signore Gesù onora il Padre. I segreti di Dio sono ravvisabili in questa ‘equazione’, svelata nella sua bellezza dal Signore che per noi ha patito, è morto ed è risuscitato.

Quando accogliamo un uomo senza altra qualificazione se non quella della sua ‘umanità’, senza altro titolo di importanza o di merito o di demerito, allora accogliamo Gesù. E lo possiamo fare perché già abbiamo imparato a godere dell’intimità con il Padre, che in quella ‘umanità’ ha posto la sua compiacenza e di cui abbiamo potuto fare esperienza credendo al Figlio dell’Uomo dato per noi. Così diventare come bambini comporta l’esperienza di una umanità che non ha bisogno di altri titoli di gloria, proprio come davanti ai bambini non si guarda ad altro se non che sono bambini.

Se Giacomo, nella sua lettera, parla di una sapienza che viene dall’alto, indicandola come “pura, pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia”, allude proprio a quella rivelazione che ha conquistato il cuore e che lo muove con la potenza del suo dinamismo. E quando, nella preghiera dopo la comunione, domandiamo che ‘la redenzione operata da questi misteri trasformi tutta la nostra vita’, in realtà preghiamo perché il nostro cuore si apra a quella rivelazione e ne sia conquistato.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  Sap 2,12.17-20

Dal libro della Sapienza

[Dissero gli empi:]

«Tendiamo insidie al giusto,

che per noi è d’incomodo

e si oppone alle nostre azioni;

ci rimprovera le colpe contro la legge

e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta.

Vediamo se le sue parole sono vere,

consideriamo ciò che gli accadrà alla fine.

Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto

e lo libererà dalle mani dei suoi avversari.

Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti,

per conoscere la sua mitezza

e saggiare il suo spirito di sopportazione.

Condanniamolo a una morte infamante,

perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 53 (54)

R. Il Signore sostiene la mia vita.

Dio, per il tuo nome salvami,

per la tua potenza rendimi giustizia.

Dio, ascolta la mia preghiera,

porgi l’orecchio alle parole della mia bocca. R.

Poiché stranieri contro di me sono insorti

e prepotenti insidiano la mia vita;

non pongono Dio davanti ai loro occhi. R.

Ecco, Dio è il mio aiuto,

il Signore sostiene la mia vita.

Ti offrirò un sacrificio spontaneo,

loderò il tuo nome, Signore, perché è buono. R.

Seconda Lettura  Gc 3,16-4,3

Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Fratelli miei, dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Invece la sapienza che viene dall’alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera. Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia.

Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni.

Vangelo  Mc 9,30-37

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».

E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».