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Ottavo ciclo

Anno liturgico B (2023-2024)

Tempo Ordinario

XIX Domenica

(11 agosto 2024)

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1Re 19,4-8;  Sal 33 (34);  Ef 4,30-5,2;  Gv 6,41-51

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L’uomo, benché desideri la vita, ha paura a viverla. L’uomo fa difficoltà a cogliere e accogliere i segreti di Dio. Possiamo leggere in questa ottica il brano evangelico di oggi. Davanti all’offerta di un pane speciale da parte di Gesù, tutti chiedono: ‘dacci allora questo pane!’. Come la samaritana al pozzo, quando Gesù le parla di un’acqua speciale, chiede di averla. Forse, la richiesta, qui come là, nasconde una punta di ironia: sarebbe bello avere l’acqua, avere il pane, in modo da non avere più sete o fame, in modo da non fare più fatica, ma così non è. Chi promette questo non ci sta illudendo? Tuttavia, il desiderio del cuore è pur sempre quello e resta profondamente vero: il cuore cerca davvero un’acqua e un pane speciali, che ristorino, che rigenerino, che fortifichino, che facciano gustare la vita.

Nel rispondere alla folla, Gesù enuncia una segreta verità: “Non mormorate. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato”. E poco dopo aggiunge: “Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui …”. Essere attratti, ascoltare, imparare. Il contrario di quello di cui la folla è rimproverata: voi sapete, conoscete, vedete, ma non arrivate a credere, cioè non vi lasciate toccare dall’amore di Dio. Commentando questo brano, S. Agostino ha un’intuizione geniale e cita un verso del poeta Virgilio: “trahit sua quemque voluptas” (Egloghe 2). Vale a dire: ognuno è attratto dal suo piacere. Corrisponde a quello che cantiamo nel salmo: “cerca la gioia nel Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore” (Sal 37,4). In verità il testo del salmo non dice che Dio soddisferà i desideri del nostro cuore, ma che farà nascere i desideri del nostro cuore, il nostro cuore vorrà ciò che forma la sua felicità. In questo verremo ammaestrati da Dio, perché saremo attirati là dove il piacere del nostro cuore ci spinge. Gesù convalida la sua affermazione con la citazione del profeta Geremia: “tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato” (Ger 31,33-34). Ecco il punto, là dove si scopre l’amore del Signore: proprio nel Cristo siamo accolti nel perdono di Dio che ci consente di vederlo, di scoprirlo, cioè, nella sua verità di amore per noi. Quando Gesù proclama che lui è il pane di vita, dice essenzialmente che lui ci comunica quell’amore di Dio che è radice di vita e che ci permette di conoscere ‘direttamente’ Dio accogliendoci senza riserve nel suo perdono. Proprio questo è ciò che la folla desiderava nel profondo del suo cuore, ma alla fine si trova impossibilitata ad accettare perché non si riconosce adatta al mistero di Dio. È quello che il salmo responsoriale ci invita a godere: “Gustate e vedete com’è buono il Signore” (Sal 33,9).

Il brano della lettera agli Efesini, che leggiamo tutte le settimane nell’ora di compieta, al mercoledì, lo illustra meravigliosamente: “Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore”. Una precisazione sui termini. Benevolo corrisponde al termine buono del salmo 33. È lo stesso termine che usa Gesù per se stesso quando dice: ‘il mio giogo è dolce’ (Mt 11,30). In greco è sempre la stessa parola, con questa sfumatura di significato: si è buoni nel senso di servire, essere utili, giovare alla vita dell’altro. L’espressione poi “perdonandovi a vicenda …” andrebbe resa con “facendovi grazia gli uni gli altri come Dio ha fatto grazia di sé in Cristo a voi. Fatevi dunque imitatori di Dio”. Come lui ha fatto dono di sé agli uomini in Cristo, così noi siamo chiamati a fare dono di noi agli altri in Cristo.

Ora, tutta la difficoltà per l’uomo deriva proprio dal fatto che invece di accogliere la grazia ne cerca una a sua misura. Ma non esiste altra grazia se non quella, da parte di Dio, del suo ‘far grazia di Sé’ a noi, in benevolenza e misericordia, nel Cristo. Qui è racchiusa tutta l’abbondanza di vita che una rivelazione siffatta promette. La frase di Paolo in effetti continua: “se anche voi perdonerete”, cioè farete grazia di voi a tutti in Cristo, per indicare che, se il segreto di Dio è racchiuso in quella rivelazione, pure il nostro cuore trova in quel segreto le radici dei suoi sogni per sé e per il mondo. Aprire il cuore al credere significa approdare alla percezione di quella grazia, grazia che apre alla bellezza di un amore gustato e condiviso, nell’accondiscendere a quel movimento di abbassamento perché risplenda in questo mondo l’amore di Dio. La fede è proprio a servizio dello splendore di quell’amore che ‘discende dall’alto’ e di cui il pane eucaristico è simbolo perfetto.

In effetti, sembra risieda qui la risposta al perché l’uomo, per quanto desideri l’amore, fa resistenza a viverlo, per quanto desideri partecipare ai segreti di Dio se ne immagina illusoriamente di propri. La risposta va cercata proprio in quel movimento di discesa che caratterizza l’agire di Dio. Il ‘discendere dal cielo’, come di sé dice Gesù, non indica semplicemente la provenienza di Gesù; indica piuttosto il movimento dell’abbassarsi di Dio per comunicare il suo amore e far vivere. Gli uomini non amano abbassarsi, benché vogliano la vita e desiderino l’amore e quindi pensano sempre in termini di grandezza mondana, dove il potente la vince sul debole, dove l’alto la spunta sul basso, dove l’affermazione di sé presuppone l’innalzamento. Gesù, quando parla di innalzamento, allude sempre al suo essere innalzato sulla croce, là dove risplende l’amore di Dio per l’uomo, là dove l’uomo perde ogni paura perché si trova perdonato e a casa.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  1Re 19,4-8

Dal primo libro dei Re

In quei giorni, Elìa s’inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto una ginestra. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si addormentò sotto la ginestra.

Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: «Àlzati, mangia!». Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò.

Tornò per la seconda volta l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Àlzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». Si alzò, mangiò e bevve.

Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb.

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 33 (34)

R. Gustate e vedete com’è buono il Signore.

Benedirò il Signore in ogni tempo,

sulla mia bocca sempre la sua lode.

Io mi glorio nel Signore:

i poveri ascoltino e si rallegrino. R.

Magnificate con me il Signore,

esaltiamo insieme il suo nome.

Ho cercato il Signore: mi ha risposto

e da ogni mia paura mi ha liberato. R.

Guardate a lui e sarete raggianti,

i vostri volti non dovranno arrossire.

Questo povero grida e il Signore lo ascolta,

lo salva da tutte le sue angosce. R.

L’angelo del Signore si accampa

attorno a quelli che lo temono, e li libera.

Gustate e vedete com’è buono il Signore;

beato l’uomo che in lui si rifugia. R.

Seconda Lettura  Ef 4,30-5,2

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati per il giorno della redenzione.

Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.

Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.

Vangelo  Gv 6,41-51

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».

Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».