Ottavo ciclo
Anno liturgico B (2023-2024)
Tempo Ordinario
XVIII Domenica
(4 agosto 2024)
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Es 16,2-4.12-15; Sal 77 (78); Ef 4,17.20-24; Gv 6,24-35
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Il senso del brano evangelico di oggi risalta maggiormente se teniamo conto di due particolari. Prima dell’incontro a Cafarnao, nella notte i discepoli avevano assistito a un altro miracolo: Gesù si era avvicinato loro camminando sulle acque e appena lo accolgono a bordo la barca tocca immediatamente terra. L’annotazione è preziosa perché alla fine, dopo il lungo discorso eucaristico di Gesù con la gente, anche per gli stessi discepoli le parole di Gesù suoneranno ostiche. Perché? Secondo particolare. Il brano è disseminato di allusioni scritturistiche. Gesù si presenta come il ‘Pane disceso dal cielo’, quindi come cibo. Ora, il cibo è in rapporto alla vita, e il passo da tenere bene a mente è l’affermazione solenne del prologo del vangelo: “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini” (Gv 1,4). Quando Gesù si definisce pane è a questa rivelazione che si riferisce. A sottolinearne l’assolutezza, Gesù ritorna al suo battesimo al Giordano quando si aprono i cieli e ode la voce del Padre: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento» (Mt 3,17). L’aspetto straordinario dell’allusione è dato dal fatto che viene riportata con gli stessi termini della sposa in Cant 8,6: “Mettimi come sigillo sul tuo cuore”. La relazione a cui si allude è una relazione di intimità di amore sconfinato. Presentandosi come ‘cibo per la vita eterna’, Gesù allude a quella relazione a noi partecipata perché è lui che fa conoscere il Padre nel suo amore per noi, è lui a introdurci nella sua stessa intimità con il Padre.
È tipico di Giovanni formulare la verità su Gesù attraverso un dialogo che, mentre allude all’esperienza della storia dell’alleanza di Israele con Dio, fa emergere gli aneliti e i sogni dei cuori. Al centro della pericope di oggi sta una grande questione: come decifrare i segni di Dio. E di conseguenza: quale opera il Signore ricerca dai suoi fedeli? Tutti avevano visto il miracolo, si erano entusiasmati per quel profeta straordinario e taumaturgo, ma alla fine tutti l’abbandonano. Perché non sono riusciti a vedere? Che cosa è mancato loro? Cosa si aspettavano?
L’esperienza del popolo di Israele è ben descritta dal salmo 77, vera griglia di lettura del miracolo della manna nel deserto, là dove si proclama: “Ciò che abbiamo visto e conosciuto e i nostri padri ci hanno raccontato, diremo alla generazione futura: le lodi del Signore, la sua potenza e le meraviglie che egli ha compiuto”. Hanno visto certi eventi, certi fatti straordinari, ma l’oggetto del loro racconto è altro: loro vogliono raccontare le meraviglie del Signore. Dicono la storia, ma raccontano Dio. Non si sono solo sfamati mangiando la manna, ne hanno colto il valore di segno: Dio li guidava, adempiva le sue promesse, restava fedele al suo amore per loro. Dal fatto si passa ad una storia, ad una relazione che mi ha costituito in essere e dà senso alle mie fatiche e ai miei drammi, che fa la mia storia.
La folla che aveva seguito Gesù vedendo il miracolo della moltiplicazione dei pani, non ha fatto questo passaggio nei suoi confronti. Ha preferito, delusa, giudicare il futuro a partire dal passato, l’inatteso a partire dall’atteso. Ha esigito di portare Dio nella sua testa piuttosto di aprirla a Dio. Ha preferito avere qualcosa che Qualcuno. Ora, se la folla, discepoli compresi, nonostante il fascino iniziale, non ha fatto quel passaggio, vuol dire che non è un passaggio scontato. Quando Gesù, per avvalorare le sue parole, risponde alla folla che su di lui il Padre ha posto il suo sigillo, dobbiamo rammentare le parole solenni, decisive e assolute con cui Giovanni presenta la singolarità di Gesù rispetto alle attese dei cuori: “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” (Gv 1,18).
A me pare che due siano le domande di fondo della folla. Recependo il valore dell’invito di Gesù, la folla anzitutto chiede: quali opere compiere? Ma Gesù fa notare: la domanda vera non è quali opere, ma quale opera di Dio va compiuta. Come a dire: le opere non coinvolgono la radice di senso, di intelligibilità della vita. Il cuore non troverà il compimento dei suoi desideri nelle opere. La gente capisce che Gesù si attribuisce un compito che viene da Dio e chiede di venire istruita su ciò che è gradito a Dio. La particolarità della risposta di Gesù, imprevedibile per l’immaginario interiore della folla, sta nel fatto che Gesù non indica alcuna nuova legge o comandamento da attuare. Un’opera sola ricerca Dio: credere in Colui che egli ha mandato, perché è Colui che dà la vita al mondo. Credere a Dio significa accogliere il suo amore per l’uomo, manifestato nel Figlio, al punto da non poter vivere che di quell’amore, che dentro quell’amore, che dà senso a tutte le opere che posso intraprendere. Non sono però le opere a precedere, ma l’amore di cui queste si nutrono. E senza questa esperienza le opere non porteranno gioia e non si risolveranno in conoscenza amorosa di Dio e in tenerezza per il prossimo.
L’agire gradito a Dio è quello in rapporto alla salvezza. L’agire però non è un assicurarsi la salvezza (faccio bene, così sarò ricompensato). L’agire, quello che nel testo suona ‘datevi da fare per’ significa lasciare agire la salvezza che viene da Dio (partecipo al Bene di Dio per il mondo). Se il Bene di Dio per il mondo si concentra nel Figlio, inviato per essere dato in cibo (ecco tutto il significato eucaristico del brano), allora credere in Gesù significa entrare nella manifestazione del Bene di Dio al mondo. È questo che dà lode a Dio; è questo che risulta gradito a Dio. Ed è questo che compie gli aneliti dei cuori. Quando Gesù dichiara che il pane che lui dà soddisferà la fame dei cuori intende dire che i cuori non avranno più fame di altro, non si disperderanno in altro, non si illuderanno più di trovare altrove. Tanto che la domanda della folla “che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?” potrebbe essere resa: “Come vivere in concreto il comando dell’amore?”, tenendo presente che l’unica possibilità per l’uomo resta quella offerta da Gesù: l’unione con lui comunica la vita di Dio, che è amore, al mondo.
La folla avanza il dubbio: ma come possiamo essere certi della verità che ci viene svelata? È il dubbio celato nella richiesta del ‘segno’. Ma il segno non è più qualcosa, è Lui, l’Inviato. Accoglierlo significa accogliere la storia dell’amore di Dio per l’uomo; significa radicare in quell’amore l’intelligibilità della nostra vita e del mondo stesso. Dio nel Figlio fa grazia di sé agli uomini perché gli uomini possano, nel Figlio, fare grazia di loro a tutti e così far splendere la signoria di Dio nel mondo. È questa la porta stretta della fede: dare fiducia incondizionata al Signore, all’amore del Signore, consegnandosi a quel Figlio che promette libertà, verità e vita. Come interpreta l’antifona alla comunione: “Ci hai mandato, Signore, un pane dal cielo, un pane che porta in sé ogni dolcezza e soddisfa ogni desiderio”.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]
Prima Lettura Es 16,2-4.12-15
Dal libro dell’Èsodo
In quei giorni, nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne.
Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine».
Allora il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge. Ho inteso la mormorazione degli Israeliti. Parla loro così: “Al tramonto mangerete carne e alla mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore, vostro Dio”».
La sera le quaglie salirono e coprirono l’accampamento; al mattino c’era uno strato di rugiada intorno all’accampamento. Quando lo strato di rugiada svanì, ecco, sulla superficie del deserto c’era una cosa fine e granulosa, minuta come è la brina sulla terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l’un l’altro: «Che cos’è?», perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: «È il pane che il Signore vi ha dato in cibo».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 77 (78)
R. Donaci, Signore, il pane del cielo.
Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato
non lo terremo nascosto ai nostri figli,
raccontando alla generazione futura
le azioni gloriose e potenti del Signore
e le meraviglie che egli ha compiuto. R.
Diede ordine alle nubi dall’alto
e aprì le porte del cielo;
fece piovere su di loro la manna per cibo
e diede loro pane del cielo. R.
L’uomo mangiò il pane dei forti;
diede loro cibo in abbondanza.
Li fece entrare nei confini del suo santuario,
questo monte che la sua destra si è acquistato. R.
Seconda Lettura Ef 4,17.20-24
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
Fratelli, vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri.
Voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, se davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, ad abbandonare, con la sua condotta di prima, l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, a rinnovarvi nello spirito della vostra mente e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità.
Vangelo Gv 6,24-35
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».