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Ottavo ciclo

Anno liturgico B (2023-2024)

Tempo Ordinario

X Domenica

(9 giugno 2024)

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Gn 3,9-15;  Sal 129 (130);  2Cor 4,13-5,1;  Mc 3,20-35

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Sembra che la liturgia di oggi consideri la storia dell’umanità secondo il tentativo del diavolo di pervertire l’alleanza di Dio con l’uomo. Da questo punto di vista il diavolo è presentato come un essere radicalmente geloso: istilla nell’uomo l’idea che Dio sia geloso delle sue prerogative da ingannare l’uomo e istilla fra gli uomini l’idea di non credere al bene per non sentirsi da meno di nessuno. Il brano della Genesi e il brano evangelico fanno pensare in questi termini. In pratica, l’azione del diavolo tende a distorcere la visione di Dio nella sua bontà verso di noi. Se, con la prima lettura, il diavolo tende a prevaricare sull’uomo, con il vangelo risulta perdente e messo fuori gioco. Il mistero di questa lotta segreta è ben illustrato dal canto al vangelo: “Ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,31-32).

Rispetto alla persona di Gesù, i vangeli introducono il tentatore all’inizio del suo compito messianico, cercando di distorcerne il senso per indurre Gesù a conquistare gli uomini con il prestigio della gloria del mondo, di cui lui è detentore e poi, introducendo il racconto della passione con l’annotare: “viene il principe del mondo; contro di me non può nulla [in me non ha nulla di suo], ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco” (Gv 14,30-31). Gesù è totalmente occupato dall’amore del Padre per noi per cui il diavolo, venendo a saggiarlo, non trova nulla di suo su cui fare leva per piegarlo alle sue mire e così resta scornato.

Questo scorno, la preghiera dopo la comunione lo interpreta a nostro favore supplicando: “O Signore, la forza risanatrice del tuo Spirito, operante in questo sacramento, ci guarisca dal male che ci separa da te e ci guidi sulla via del bene”. Ecco, il diavolo tenta di separarci dal Signore facendo leva sulla gloria del mondo che ci attrae per piegarci alle sue mire. Così, non preghiamo semplicemente di evitare il male, ma di essere guariti da un certo male (il che significa che questo male ci insidia da dentro), vale a dire dal male in quanto ci separa dal Signore. Il potere del diavolo è direttamente proporzionale alla tragica possibilità di essere ingannati precisamente su questo punto. E l’inganno si configura come l’illusione del bene, come la pretesa di volere comunque il bene, senza però stare dalla parte di Dio. Non per nulla, Gesù si rivolge con severità al suo interlocutore che l’aveva chiamato ‘maestro buono’: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo” (Mc 10,18). Forse, la ragione segreta di questo giudizio perentorio sta nel fatto che solo Dio conosce il modo di vincere il male alla radice, conoscenza che si manifesterà nel suo splendore sulla croce, allorquando l’amore prevale vittorioso in tutto.

Se, dopo queste premesse, ci avviciniamo al brano evangelico di oggi, capiamo il valore della distinzione che regge tutto il passo. Tutto si gioca sulla contrapposizione tra un dentro e un fuori. Quanto al diavolo, che si era insinuato dentro la casa dell’uomo e ne aveva avuto il sopravvento, ora è fatto prigioniero da uno più forte di lui ed è cacciato fuori. Nel vangelo di Marco l’annotazione più comune per indicare l’azione rivelatrice di Gesù quanto al suo essere “Inviato”, è appunto la cacciata dei demoni. E se Gesù si circonda di collaboratori, con l’elezione dei Dodici, sarà per estendere questa azione rivelatrice: anche gli apostoli sono forniti del potere di cacciare i demoni. In effetti, poco prima, Marco aveva raccontato della decisione di Gesù di scegliersi collaboratori: “Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demoni” (Mc 3,13-14).

Se il gruppo dei farisei contesta questa azione rivelatrice del Regno da parte di Gesù non lo può fare che in mala fede. Vale a dire: interpretare il bene evidente con l’attribuirlo al male assoluto comporta la non possibilità di remissione (il cosiddetto peccato contro lo Spirito Santo) nel senso che è impedito ogni forma di pentimento. Di tutti i peccati ci si può pentire, ma del mettersi nella condizione di non possibilità di pentimento, questo significa rinnegare lo Spirito Santo. Faranno sempre in tempo ad accorgersi di questo e allora usciranno da questa impossibilità e tutto ciò che avranno causato di male al Figlio dell’uomo sarà perdonato perché lui è venuto proprio per aprire i cuori al perdono di Dio.

Quanto ai discepoli, anche per loro vale un dentro e un fuori. E la contrapposizione si gioca tra coloro che appartengono ai legami di sangue e coloro che sono introdotti in un altro genere di legami, quelli della fede in Gesù. Ricercato dalla gente, criticato dagli scribi per il suo stare con i pubblicani e i peccatori, Gesù ha suscitato certamente apprensione tra i suoi parenti, che in effetti vengono per portarlo via. È la prima annotazione significativa rispetto al mistero della persona di Gesù: non sono i rapporti parentali che hanno valore nei suoi confronti. I suoi non lo capiscono; non è la carne e il sangue che introduce nell’intimità con Dio. Pensano che sia fuori di testa! E il brano li descrive sempre nell’attesa, fuori. Gesù, invece, che parla dentro casa, risponde: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre”. Spiegato da Edith Stein: “Spirito divino, vita divina, amore divino equivale a questo: colui che fa la volontà di Dio, questi conosce Dio e lo ama. Infatti, nel momento in cui si fa con dedizione interiore ciò che Dio richiede, la vita divina diventa la nostra vita, si trova Dio in se stessi”.

È possibile interpretare in senso positivo il tormento dell’inimicizia col demonio, di cui facciamo le spese nella vita. Secondo il racconto della Genesi, dopo il peccato Dio proclama l’inimicizia tra il serpente e la donna, simbolo contemporaneamente di Maria e dell’umanità: la possibilità dell’inganno è sempre reale, ma quell’inimicizia dichiarata da Dio salvaguarda la nostra umanità, che non può trovare beatitudine nell’inganno e quindi non potrà compiersi stando dalla parte dell’avversario. Motivo per cui l’uomo, che anela alla pienezza, potrà sempre ricredersi, pentirsi e tornare al suo Dio. L’uomo, che è chiamato all’amore, ne vive tutta l’angoscia perché sa che, benché aneli all’innocenza, l’ha perduta. Ma Dio, che vuole intimi i suoi figli, li attira a sé rinnovandoli nel suo amore crocifisso e rendendoli capaci della dedizione di un amore ormai svincolato dalle prese del demonio. Gesù ci attira qui.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  Gn 3,9-15

Dal libro della Gènesi

[Dopo che l’uomo ebbe mangiato del frutto dell’albero,] il Signore Dio lo chiamò e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».

Allora il Signore Dio disse al serpente:

«Poiché hai fatto questo,

maledetto tu fra tutto il bestiame

e fra tutti gli animali selvatici!

Sul tuo ventre camminerai

e polvere mangerai

per tutti i giorni della tua vita.

Io porrò inimicizia fra te e la donna,

fra la tua stirpe e la sua stirpe:

questa ti schiaccerà la testa

e tu le insidierai il calcagno».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 129 (130)

R. Il Signore è bontà e misericordia.

Dal profondo a te grido, o Signore;

Signore, ascolta la mia voce.

Siano i tuoi orecchi attenti

alla voce della mia supplica. R.

Se consideri le colpe, Signore,

Signore, chi ti può resistere?

Ma con te è il perdono:

così avremo il tuo timore. R.

Io spero, Signore;

spera l’anima mia,

attendo la sua parola.

L’anima mia è rivolta al Signore

più che le sentinelle all’aurora. R.

Più che le sentinelle l’aurora,

Israele attenda il Signore,

perché con il Signore è la misericordia

e grande è con lui la redenzione.

Egli redimerà Israele

da tutte le sue colpe. R.

Seconda Lettura  2Cor 4,13-5,1

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, animati da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: «Ho creduto, perciò ho parlato», anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio.

Per questo non ci scoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne.

Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli.

Vangelo  Mc 3,20-35

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé».

Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni».

Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa.

In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro».

Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».