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Ottavo ciclo

Anno liturgico B (2023-2024)

Tempo Ordinario

IV Domenica

(28 gennaio 2024)

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Dt 18,15-20;  Sal 94 (95);  1Cor 7,32-35;  Mc 1,21-28

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L’antica colletta della liturgia di oggi ci propone una cosa assolutamente straordinaria. Dopo averci condotto a riconoscere che Gesù è il Maestro che ci introduce nei segreti di Dio e il Liberatore dal male che ci insidia e opprime, fa pregare così: “O Dio …. rendici forti … perché testimoniamo la beatitudine di coloro che a te si affidano”. Dà per avvenuta l’esperienza della gioia invincibile che deriva dalla fede nel Signore Gesù. In tutta sincerità: siamo ancora capaci di pregare in questo modo?

In altre parole: siamo ancora capaci di stupirci di fronte alla parola di Gesù? Nel brano odierno Gesù parla e agisce come uno che ha autorità, che ha potere. Potere di che cosa, per che cosa? Chi è davvero Gesù? Come rapportarci a lui? Sono le domande di chi assiste all’episodio della cacciata dei demoni nella sinagoga di Cafarnao. Le Scritture ci aiutano a farci un’idea di quel maestro, affascinante e temuto nello stesso tempo.

La prima lettura riporta la promessa di Mosè al popolo da parte di Dio: “Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto” (Dt 18,15). Il brano è tratto dal secondo grande discorso di Mosè al popolo prima di entrare nella terra promessa. Il giudaismo posteriore ha scorto in questa solenne promessa di Mosè l’annuncio di un profeta eccezionale, a volte identificato con il Messia, tradizione che riaffiora nei rappresentanti delle supreme autorità giudaiche quando chiedono a Giovanni Battista: “Sei tu il profeta?” (Gv 1,21). La tradizione cristiana l’ha riferita a Gesù. Ma quello che è straordinario è il confronto tra i due personaggi, Mosé e Gesù.

Nella Scrittura Mosè è elogiato come l’uomo che conosceva il Signore faccia a faccia (Dt 34,10), come l’uomo della casa di Dio con il quale Dio parla bocca a bocca (Nm 12,8); di lui si dice che era un uomo assai umile (mite) più di qualunque altro sulla faccia della terra (Nm 12,3). La Scrittura però annota che quel parlare faccia a faccia non comporta la visione della faccia di Dio, perché chi vede Dio muore, ma il fatto di vedere come la forma di Dio, come una persona vista di spalla (cfr. Es 33,20-23; Nm 12,8). Ora, la solenne presentazione di Gesù nel prologo del vangelo di Giovanni riporta chiaramente: “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato [narrato, spiegato senza veli, raccontato, fatto conoscere]” (Gv 1,18). E quando Gesù vuole presentarsi ai suoi discepoli dirà: “Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita” (Mt 11,27-29). Gesù si qualifica come Mosè: uomo mite e umile. Solo che quella qualifica è direttamente rivelativa della natura stessa di Dio. Per questo viene detto che chi vede Gesù vede il Padre.

Ed ecco perché il suo insegnamento è nuovo, dato con autorità. Perché pesca in questa comunanza di vita con il Padre che ama i suoi figli. Perché in Gesù si rivela la potenza dell’amore misericordioso di Dio che viene a salvare l’uomo. La sua autorità si esprime con il far conoscere il Signore, proprio nel movimento di rivelazione di quello che il salmo 144,3 proclama: “Signore, che cos’è l’uomo perché tu l’abbia a cuore?” [nelle antiche versioni greca e latina: perché tu ti sia fatto a lui conoscere?]. Ed ecco perché chi si affida a questa ‘autorità’ non può che rimanerne saziato, non resterà sulla sua fame. È la dimensione più segreta dell’agire di Gesù, che fino alla fine resterà come velata, fino a che la sua passione, morte e risurrezione non svelerà compiutamente l’amore straordinario che lo muove nel desiderio di attirare tutti nell’intimità con il Padre.

Marco, che vuole presentare Gesù come il nuovo profeta ai suoi lettori, si ricollega alla figura di Mosè. Non per nulla i vangeli iniziano al Giordano, collegandosi idealmente alla fine del libro del Deuteronomio e all’inizio del libro di Giosuè. L’annotazione di Marco: “insegnava come uno che ha autorità” tende a definire la singolarità di Gesù con negli orecchi l’eco della ingiunzione di Mosè: “A lui darete ascolto”. Non solo i fedeli gli daranno ascolto, ma anche i demoni! E se gli danno ascolto anche i demoni, allora il regno di Dio è venuto, è in mezzo a noi. Gli astanti nella sinagoga di Cafarnao ancora non lo sanno, ma i lettori del vangelo già lo sanno. Perché Gesù ha questa autorità? Perché è il Figlio di Dio, come è stato testimoniato al battesimo al Giordano e sul monte della trasfigurazione.

A lui darete ascolto” sembra così che riecheggi nella voce che sigilla la visione della trasfigurazione di Gesù sul Tabor: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!” (Mc 9,7). Marco sembra alludere proprio a quel testo del Deuteronomio e comunque la sottolineatura nel brano odierno di un Gesù che ‘parla con autorità’ e ‘ha potere sui demoni’ si rivela nella sua ragione specifica e nella sua potenza se la colleghiamo a quella rivelazione.  É tipicamente l’autorità di chi ha tutto il potere e la capacità di svelare il vero volto di Dio, di rivelare i segreti di Dio. E chi conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare? (cf. Lc 10,22). Ha anche potere sui demoni nel senso di sottrarre alla loro influenza gli uomini e di rimetterli nella luce di Dio. In questo si rivela il suo potere di guarigione, che porterà alla rivelazione del suo potere di rimettere i peccati, cosa che svelerà definitivamente, in lui, come Dio si sia appressato all’uomo. È la novità che suscita stupore, sbalordimento, esultanza, perché il male è vinto e l’uomo ritorna nella signoria di Dio che vuole gli uomini commensali al suo amore e alla sua gioia. Qui pesca l’invocazione dell’antica colletta di testimoniare la beatitudine per chi ha accolto la testimonianza di questo Profeta.

Così, presentare Gesù come profeta, il cui insegnamento è nuovo, diverso rispetto a quello degli scribi, porta allusione al mistero dell’intimità tra lui e il Padre. Gesù introduce poco a poco i suoi ascoltatori a questo segreto, nel quale tutta la Scrittura si riassume. Ascoltare le parole di quel profeta significa intuire e percepire quel segreto di intimità con il Padre che tanto ama il mondo da mandare il suo Figlio, tanto che in ogni parola da lui pronunciata, in ogni azione da lui compiuta, si apre l’accesso anche per noi all’intimità da lui goduta. Dire poi che Gesù ha il potere di guarirci, di scacciare dal nostro cuore i demoni, equivale a illustrare il mistero dell’accondiscendenza di Dio per gli uomini da farli partecipi dei suoi segreti, da condividere con loro la gioia del suo amore sempre e comunque.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  Dt 18,15-20

Dal libro del Deuteronòmio

Mosè parlò al popolo dicendo:

«Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: “Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”.

Il Signore mi rispose: “Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire”».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 94 (95)

R. Ascoltate oggi la voce del Signore.

Venite, cantiamo al Signore,

acclamiamo la roccia della nostra salvezza.

Accostiamoci a lui per rendergli grazie,

a lui acclamiamo con canti di gioia. R.

Entrate: prostràti, adoriamo,

in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.

È lui il nostro Dio

e noi il popolo del suo pascolo,

il gregge che egli conduce. R.

Se ascoltaste oggi la sua voce!

«Non indurite il cuore come a Merìba,

come nel giorno di Massa nel deserto,

dove mi tentarono i vostri padri:

mi misero alla prova

pur avendo visto le mie opere». R.

Seconda Lettura  1Cor 7,32-35

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso!

Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito.

Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.

Vangelo  Mc 1,21-28

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».

La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.