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Ottavo ciclo

Anno liturgico A (2022-2023)

Solennità e feste

Sacratissimo Cuore di Gesù

(16 giugno 2023)

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Dt 7, 6-11;  Sal 102;  1Gv 4,7-16;  Mt 11,25-30

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L’immagine del cuore di Gesù, spalancato sul mondo, che la ferita del colpo di lancia del soldato al calvario lascia intravedere, è espressa con le parole del salmo 33 riprese dall’antifona di introduzione: “Ma il disegno del Signore sussiste per sempre, i progetti del suo cuore per tutte le generazioni”. Ecco, i nostri pensieri sono mutevoli, i nostri progetti pure, ancor più i nostri desideri, ma ciò che Dio ha desiderato per l’uomo non viene mai meno. Percepire questo, significa cogliere e accogliere il segreto di amore che regge il mondo. Il fatto stesso che tale segreto possa essere svelato in tutto il suo splendore solo nel momento più drammatico della vita di Gesù la dice lunga sul fatto che quell’amore non sia scontato coglierlo e viverlo, per quanto desiderabile.

L’affermazione del Deuteronomio: “Il Signore si è legato a voi … perché vi ama” resta il fondamento dell’esperienza dei credenti. E quando il salmo 102, v. 8, proclama: “Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore” non fa che sottolineare la verità di quell’affermazione. Corrisponde alla rivelazione del Nome di Dio a Mosè sul Sinai dopo il peccato del vitello d’oro, quando l’angoscia del possibile rifiuto di Dio tormentava i cuori (cfr. Es 32-34). L’uomo ha paura che Dio si allontani da lui, ma Dio non si allontana mai.

Proprio come dice Giovanni nella sua prima lettera: “In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito … non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi” (1Gv 4,7.9). Il nostro guaio è che restiamo così insensibili alle vicende di quel ‘Figlio dato per noi’, così poco toccati nell’intimo dalla testimonianza della sua vita per noi da vivere la nostra vita più nella lamentela che nel rendimento di grazie, più nell’affanno che nella consolazione, più nel tormento e nel disprezzo che nella pace.

Potessimo comprendere quello che Gesù proclama solennemente davanti ai discepoli: “Tutto è stato dato a me dal Padre mio ...”! Vale a dire: tutta la verità a cui anela il cuore dell’uomo, tutto il bene di cui è capace il cuore dell’uomo, tutto il contenuto dei pensieri e dei desideri dell’uomo, tutta la gloria che un uomo può portare, tutti gli aneliti del cuore degli uomini nella loro immensità e profondità, tutto trova in lui il compimento, ha in lui il suo sigillo. È per questo che può continuare a dire: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”. Quello che cercate, quello che, non trovandolo, vi procura oppressione, quello per cui vanamente vi affaticate, tutto potrete avere in me! Gesù riprenderà questa affermazione alla fine del vangelo, prima di ascendere al cielo: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra” (Mt 28,18). In ragione dell’amore che tutto l’occupava, Gesù si conferma nel potere di rivelare il vero volto di Dio e nel potere di compiere ogni desiderio del cuore dell’uomo. In lui l’umanità si fa trasparente e della sua origine divina e della comunione fraterna nell’amore dell’unico Padre. Ed è per questo che ancora aggiunge: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”. La struttura della sua umanità è commisurata alla nostra e ci raggiunge là dove più misterioso è il segreto delle sue origini: siamo nel mondo, ma non del mondo.

Due particolari sono da rilevare nel passo evangelico proclamato: la beatitudine dei piccoli e l’invito a imparare. Non è convinzione psicologica, ma principio di sapienza spirituale: per amare è necessario farsi piccoli (piccolo è contrapposto a dotto, non a grande. In pratica significa che solo con l’amore si resta aperti alla meraviglia della vita, come lo sono i bambini); l’amore è rivelazione, non conquista. Gesù si è fatto ‘piccolo’, così piccolo da dimenticare totalmente la sua gloria e poter far arrivare agli uomini l’amore di Dio. Ora, la sua piccolezza ha a che fare con la situazione degli uomini, incapaci di vedere Dio perché non più capaci di amare (“Chi non ama non ha conosciuto Dio”), non più aperti alla rivelazione dell’amore (potrebbe essere spiegata così la situazione di peccato in cui versano gli uomini che tanto li inasprisce). Quando gli uomini si accorgono, guardando Gesù morire sulla croce, dell’amore di Dio per loro e chiedono perdono (chiedono cioè di uscire dalla corrosione della loro umanità ferita), non vogliono semplicemente mettersi a posto, ma vogliono tornare a godere dell’amore di Dio, in umiltà. Più l’umiltà sarà sincera e profonda, più faranno esperienza della tenerezza di quell’amore e più saranno disposti a condividerlo con tutti.

Se Gesù invita: “Imparate da me”, che cosa dobbiamo imparare? Credo che nel fatto di ‘imparare’ vada letta la sfumatura di significato di ‘essere attratti’, come si può arguire dal discorso di Gesù alla folla dei giudei riportato in Gv 6,45 (“Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me”). Imparare ed essere attratti comportano lo stesso movimento, alludono alla condivisione di una intimità di vita e di sentire che diventa potenza di azione. Imparare da Gesù significa perciò essere attratti a lui, per vivere della sua stessa vita donata. Significa imparare da lui a conoscere Dio e imparare ancora da lui a conoscere noi stessi, la nostra umanità. Se rispetto al male che devasta la nostra umanità noi ci giustifichiamo con l’attrattiva e la propensione che ci agita, subendo la tristezza del diavolo, rispetto al bene noi ci muoviamo secondo la forza di una nostalgia che ci abita, nostalgia che l’umanità del Signore ci accende.

Quando verrà meno la nostra diffidenza e verremo toccati da quella mitezza e umiltà che ci mostra il cuore di Gesù, potremo comprendere meno confusamente come le due definizioni di Dio dell’apostolo Giovanni (“Dio è amore”, 1Gv 4,8.16; “Dio è luce”, 1Gv 1,5) siano un tutt’uno. La luce allude alla santità di Dio nel suo splendore di amore per l’uomo, come l’amore è la dimensione della santità di Dio che rende l’uomo somigliante a sé. Il cuore di Gesù mostra sia l’amore di Dio che la sua santità. Non siamo attratti allo stesso titolo dall’amore e dalla santità e forse per questo l’amore, che è così desiderabile, ci riesce così irraggiungibile. Eppure, l’amore fa la santità della persona e la santità di vita non può che risolversi in splendore di amore. È quello che ci rammenta il cuore di Gesù, con la liturgia di oggi.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Dt 7, 6-11

Dal libro del Deuteronòmio

Mosè parlò al popolo dicendo:

«Tu sei un popolo consacrato al Signore, tuo Dio: il Signore, tuo Dio, ti ha scelto per essere il suo popolo particolare fra tutti i popoli che sono sulla terra.

Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli – siete infatti il più piccolo di tutti i popoli –, ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri: il Signore vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha riscattati liberandovi dalla condizione servile, dalla mano del faraone, re d’Egitto.

Riconosci dunque il Signore, tuo Dio: egli è Dio, il Dio fedele, che mantiene l’alleanza e la bontà per mille generazioni, con coloro che lo amano e osservano i suoi comandamenti; ma ripaga direttamente coloro che lo odiano, facendoli perire; non concede una dilazione a chi lo odia, ma lo ripaga direttamente.

Osserverai, dunque, mettendoli in pratica, i comandi, le leggi e le norme che oggi ti prescrivo».

Salmo Responsoriale  dal Salmo 102

L’amore del Signore è per sempre.

Benedici il Signore, anima mia,

quanto è in me benedica il suo santo nome.

Benedici il Signore, anima mia,

non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,

guarisce tutte le tue infermità,

salva dalla fossa la tua vita,

ti circonda di bontà e misericordia.

Il Signore compie cose giuste,

difende i diritti di tutti gli oppressi.

Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,

le sue opere ai figli d’Israele.

Misericordioso e pietoso è il Signore,

lento all’ira e grande nell’amore.

Non ci tratta secondo i nostri peccati

e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Seconda Lettura  1 Gv 4, 7-16

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.

In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.

In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.

Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi. In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito.

E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. E noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi.

Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui.

Vangelo  Mt 11, 25-30

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse:

«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».