Ottavo ciclo
Anno liturgico A (2022-2023)
Tempo di Avvento
II Domenica
(4 dicembre 2022)
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Is 11,1-10; Sal 71 (72); Rm 15,4-9; Mt 3,1-12
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Lungo tutta la settimana abbiamo pregato: “Mostra la tua potenza e vieni, Signore”. E abbiamo fatto memoria del fatto che nel Figlio il Padre ha rivelato agli uomini la sua gloria. Ora, di che potenza e gloria si tratta? Il profeta Isaia ci ha accompagnato per entrare nella speranza della promessa del Signore: “la gloria del Signore sarà sopra ogni cosa come protezione”; “ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse”; “udranno in quel giorno i sordi le parole del libro; liberati dall’oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno”; “a un tuo grido di supplica il Signore ti farà grazia; appena udrà, ti darà risposta”. Sono le esortazioni risuonate lungo tutta la settimana. Per quale contesto, per quale visione?
Il brano profetico odierno la prospetta così: “la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare”. E per questo tutto sarà in armonia, non ci saranno più opposizioni e violenze, né ingiustizie e oppressioni. Ma a quale condizione? Ce lo ricorda il Battista che apostrofa i farisei accorsi per farsi battezzare (più avanti nel vangelo Gesù rimprovererà i farisei di non aver creduto alla predicazione di Giovanni Battista e di essere rimasti alla finestra, senza farsi coinvolgere e pentirsi): “Fate dunque un frutto degno della conversione”. Non basterà rivendicare la discendenza da Abramo, non servirà gran che millantare una propria giustizia, non ci si potrà più riparare dietro pratiche esteriori senza che il cuore ne sia toccato: fate un frutto degno della conversione.
E se la fatica o il timore dell’impegno prospettato rende recalcitranti, interviene s. Paolo a ricordare che il Dio della perseveranza è ugualmente il Dio della consolazione. Perseveranza allude ad una generosa pazienza che dura nel tempo e consolazione alla gioia ritrovata che ci dà il senso del cammino, nel ritorno sempre più sincero e autentico all’alleanza col nostro Dio. Io interpreterei così: il Dio della nostra afflizione (l’asprezza e la fatica del cammino) diventi il Dio della nostra consolazione (il compimento e il godimento di una relazione affettuosa).
È il senso delle parole che Pietro rivolge ai fedeli ricordando gli anni del suo ministero di evangelizzatore: “Infatti, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo …” (2Pt 1,16). Credo sia l’unica volta, nelle esortazioni apostoliche, in cui ‘la venuta’ del Cristo è riferita al passato e non al futuro. L’Avvento ci predispone a percepire la potenza di salvezza, cioè la possibilità di vivere la nostra umanità, nello splendore di un cuore purificato, in giustizia-mitezza-pace, che, se, da una parte, esprimono l’esperienza dell’incontro col Signore, dall’altra, strutturano lo spazio interiore per l’incontro con gli uomini. Come san Paolo prega: “…vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù”. Si realizza in modo nuovo l’avvertimento dei profeti alla conversione come ritorno incondizionato all’alleanza col nostro Dio. Sarà appunto il dono per l’umanità del Natale di Gesù.
Sostando più direttamente sul brano evangelico si possono notare tre termini carichi di allusioni: deserto, forza, conversione. Il Battista predica nel deserto della Giudea. È lo stesso territorio dove, all’epoca dei Maccabei, la gente che era rimasta fedele al Signore si ritira e dove sono stati rinvenuti i cosiddetti manoscritti del Mar Morto. Narra il libro dei Maccabei: “Allora molti che ricercavano la giustizia e il diritto scesero nel deserto per stabilirvisi” (1Mac 2,29). Viene applicata al Battista la profezia di Isaia che annunciava la liberazione del popolo: “Una voce grida: Nel deserto preparate la via al Signore” (Is 40,3).
Nel presentare colui che verrà dopo di lui, il Battista lo definisce ‘più forte di me’. Viene applicato al Messia, a Gesù, la qualifica tipica di Dio nell’Antico Testamento: il Forte. Per fare qualche esempio: “Dio grande, forte e terribile” (Dt 10,17); “Tornerà il resto, il resto di Giacobbe, al Dio forte” (Is 10,21); “Tu sei un Dio grande e forte” (Ger 32,18). Ora, dove si manifesterà la forza del Messia? Nel perdono dei peccati, nell’ottenerci il perdono dei peccati e la comunione alla stessa vita di Dio. Quando il profeta Geremia descriverà il compimento della nuova alleanza, non potrà che indicare la stessa cosa: “Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato” (Ger 31,33-34). Tutti mi conosceranno, perché tutti potranno accogliere il perdono del Signore e si ritroveranno uniti nella misericordia del Signore che tutti accomuna.
L’invito, forte, del Battista alla conversione, ha proprio a che fare con la ritrovata possibilità di questa ‘conoscenza’ del Signore. Nel linguaggio dei profeti la conoscenza del Signore segue la distruzione delle false sicurezze, delle illusioni o dei miraggi mondani. La conversione procede dal fatto che il nostro cuore custodisce, anche se come sepolta, la coscienza di un’alleanza che gli è stata offerta da Dio e che Lui non si è mai rimangiata, la coscienza di una felicità possibile, forse persa, ma sempre desiderabile e, nella speranza, ancora vivibile. Non è però scontata e per questo la chiesa fa pregare: “Dio grande e misericordioso, prepara con la tua potenza il nostro cuore a incontrare il Cristo che viene”. Fondamentalmente la conversione è un credere ancora possibile per il nostro cuore la felicità promessa da Dio, che in Gesù si fa accessibile e godibile.
E la felicità, di cui il cuore custodisce l’anelito, non può provenire che da quella nuova umanità, fatta germogliare da Gesù, in giustizia-mitezza-pace, di cui parla la colletta di oggi: “Dio dei viventi, suscita in noi il desiderio di una vera conversione, perché rinnovati dal tuo Santo Spirito sappiamo attuare in ogni rapporto umano la giustizia, la mitezza e la pace, che l’incarnazione del tuo Verbo ha fatto germogliare sulla nostra terra”. Giustizia nel senso di tornare a sentirci non solo oggetto di amore, ma soggetti degni di amore; mitezza nel senso di non lasciarsi più deviare da nulla rispetto allo scopo da perseguire, che è la fedeltà al bene comunque; pace nel senso di quel regno di Dio giunto a noi, cercato sopra ogni cosa, che ci ricolloca nella giustizia e ci induce alla mitezza.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]
Prima Lettura Is 11,1-10
Dal libro del profeta Isaìa
In quel giorno,
un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,
un virgulto germoglierà dalle sue radici.
Su di lui si poserà lo spirito del Signore,
spirito di sapienza e d’intelligenza,
spirito di consiglio e di fortezza,
spirito di conoscenza e di timore del Signore.
Si compiacerà del timore del Signore.
Non giudicherà secondo le apparenze
e non prenderà decisioni per sentito dire;
ma giudicherà con giustizia i miseri
e prenderà decisioni eque per gli umili della terra.
Percuoterà il violento con la verga della sua bocca,
con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio.
La giustizia sarà fascia dei suoi lombi
e la fedeltà cintura dei suoi fianchi.
Il lupo dimorerà insieme con l’agnello;
il leopardo si sdraierà accanto al capretto;
il vitello e il leoncello pascoleranno insieme
e un piccolo fanciullo li guiderà.
La mucca e l’orsa pascoleranno insieme;
i loro piccoli si sdraieranno insieme.
Il leone si ciberà di paglia, come il bue.
Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera;
il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso.
Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno
in tutto il mio santo monte,
perché la conoscenza del Signore riempirà la terra
come le acque ricoprono il mare.
In quel giorno avverrà
che la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli.
Le nazioni la cercheranno con ansia.
La sua dimora sarà gloriosa.
Salmo Responsoriale Sal 71 (72)
Vieni, Signore, re di giustizia e di pace.
O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto. R.
Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra. R.
Perché egli libererà il misero che invoca
e il povero che non trova aiuto.
Abbia pietà del debole e del misero
e salvi la vita dei miseri. R.
Il suo nome duri in eterno,
davanti al sole germogli il suo nome.
In lui siano benedette tutte le stirpi della terra
e tutte le genti lo dicano beato. R.
Seconda Lettura Rm 15,4-9
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché, in virtù della perseveranza e della consolazione che provengono dalle Scritture, teniamo viva la speranza.
E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo.
Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio. Dico infatti che Cristo è diventato servitore dei circoncisi per mostrare la fedeltà di Dio nel compiere le promesse dei padri; le genti invece glorificano Dio per la sua misericordia, come sta scritto:
«Per questo ti loderò fra le genti e canterò inni al tuo nome».
Vangelo Mt 3,1-12
Dal vangelo secondo Matteo
In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaìa quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!».
E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».