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Settimo ciclo

Anno liturgico C (2021-2022)

Tempo Ordinario

XXVIII Domenica

(9 ottobre 2022)

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2 Re 5,14-17;  Sal 97;  2 Tm 2,8-13;  Lc 17,11-19

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Il canto al vangelo della liturgia di oggi offre una finestra di luce speciale per cogliere il senso profondo della guarigione dei dieci lebbrosi. Viene riportato un passo della prima lettera ai Tessalonicesi, che, nella sua completezza, suona: “Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1Ts 5,16-18). L’esortazione è data nel contesto di un invito ad aver premura in ogni maniera dei deboli e a perseguire il bene, comunque, con tutti. È volontà di Dio per noi rimanere custoditi nella letizia, nella preghiera, nel rendimento di grazie, per godere del regno manifestato da Gesù. In effetti, la cosa diventa possibile ‘in Cristo Gesù’, per aver incontrato Gesù, per avere riconosciuto Gesù come l’Inviato, il Salvatore. Ciò appunto che capita al lebbroso samaritano che ritorna a ringraziare. La frase finale del racconto “la tua fede ti ha salvato” non riguarda la guarigione della malattia, ma la conversione. Anche gli altri nove sono stati guariti. Solo a lui però viene detto: la tua fede ti ha salvato!

Se consideriamo la guarigione dei lebbrosi nei vangeli, ci accorgiamo che i fatti sono riportati in doppia sequenza. Da una parte, sono narrati due episodi di guarigione di lebbrosi (Matteo 8 e Marco 1 riferiscono della guarigione di un lebbroso, Luca 17 di dieci lebbrosi); dall’altra, la guarigione dei lebbrosi è inserita nella serie dei ‘segni’ che accompagnano la venuta del regno e nelle ‘prerogative’ messianiche affidate agli annunciatori del vangelo (Mt 10,8: “Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni”. In particolare, Gesù elenca questi segni ai discepoli del Battista che erano venuti a domandare se fosse lui l’atteso o se dovessero aspettare altri). Il contesto della guarigione dei lebbrosi allude sempre alla venuta del Regno.

Due particolari nella guarigione dei lebbrosi rivelano la portata vera del miracolo. Sia Matteo che Marco, davanti alla richiesta di guarigione di un lebbroso, riportano l’assicurazione di Gesù: “Lo voglio! Sii purificato”. In quella volontà di bene di Gesù sta la nostra salvezza, è rivelata la Buona novella. Volontà di bene, che viene descritta come la compassione di Dio per l’uomo. Del resto, è sintomatico che proprio nella guarigione di un lebbroso si esprima questa volontà di bene di Gesù in tutta la sua compassione. Tanto che, quando il Signore Gesù si presenta, nella sua Passione, come uomo dei dolori, il profeta Isaia usa le parole confacenti a un lebbroso: “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia” (Is 53,2-3). Il Signore si è addossato i nostri mali da portarne tutto l’orrore, come un lebbroso.

Nel racconto di Luca, Gesù è in viaggio verso Gerusalemme e l’annotazione mette in risalto il fatto che ciò che avviene deve essere compreso nell’ottica di quel viaggio, per lo scopo segreto di rivelazione del mistero di Dio che si compirà. Non solo, ma subito dopo il racconto dei dieci lebbrosi segue la domanda dei farisei sul regno di Dio: “Quando verrà il regno di Dio?”. In ottemperanza alla legge di Lev 13,46, i dieci lebbrosi si fermano a distanza e gridano al Signore il loro tormento, chiedendo di essere guariti. Il loro dramma non deriva solo dalla malattia che lacera le loro carni, ma anche dal fatto che venivano esclusi dalla comunità, non potevano accedere al tempio per il culto. La lebbra evoca direttamente il destino orribile del peccato che insidia la fraternità, irrigidisce i rapporti, contamina a tal punto il cuore da renderlo inaccessibile al cuore degli altri, separa e opprime, impedisce al volto di Dio di risplendere. La guarigione di un lebbroso da parte di Gesù allude sempre alla purificazione del cuore che torna così a far risplendere i rapporti di comunione e ridà accesso al mistero di Dio. Nel linguaggio del narratore e in quello di Gesù la guarigione è sempre chiamata ‘purificazione’; nel sentimento dell’uomo guarito il termine è appunto: sono stato guarito. Alla fine, purificazione e guarigione suonano come salvezza.

In dieci chiedono di essere guariti. Tutti sono sinceri e tutti hanno fiducia in Gesù perché credono alla sua parola e si muovono per andare a presentarsi ai sacerdoti. Lungo il cammino si ritrovano guariti. La loro fiducia è stata premiata. Nove proseguono, uno solo torna indietro per ringraziare Gesù. È qui che il racconto rivela la sua vera portata. I nove che proseguono non si accorgono di quel che è avvenuto in verità. Non hanno sentito in loro la parola del profeta: “Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Is 43,19) o, per dirla con il v. 2 del salmo 97 (98), non hanno compreso che “Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza”.

Tutto ciò che riceviamo e abbiamo, tutti i doni di Dio comportano un’intenzione segreta, un appello al nostro cuore da parte di Dio. Il rimprovero che Gesù fa ai nove lebbrosi rivela la sordità di fronte a questo appello. L’uomo si confonde con il dono che ottiene e si richiude su di sé. È rimasto sordo e cieco, non ha visto di cosa si trattava realmente.

Gesù, accogliendo il samaritano che torna a ringraziarlo, dice: “Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?”. ‘Rendere gloria’ è un’espressione semita per ‘dire la verità’. Spesso l’uomo dice cose vere, ma senza dire la verità. Oppure, in altri termini, diciamo di essere sinceri, ma spesso non siamo veri. Il fatto è che la sincerità ha a che fare con il dire quello che sentiamo, mentre la verità ha a che fare con quello che siamo. Ringraziare di un dono ricevuto non significa solo esprimere la propria riconoscenza ma prendere atto della benevolenza dell’altro che ci fa sussistere. Dire la verità implica sempre la responsabilità del nostro essere di fronte a Qualcuno. Questo è mancato ai nove che si sono dileguati, mentre è risultato così determinante per la conversione del samaritano. La conversione è appunto ritornare a gustare l’alleanza con Dio vivendo ormai la propria vita nella logica e nel calore di quell’alleanza. Se il rendere grazie è espressione dell’incontro avvenuto, allora tutta la nostra vita ne sarà irradiata perché sono state toccate le radici del cuore.

Con molta sagacia s. Bernardo, commentando il salmo 97 (98), vi vede descritte tre venute del Cristo che definiscono la salvezza di Dio per l’uomo: la prima, con l’incarnazione, Cristo si fa nostra redenzione (cfr. Lc 2,30-31: si è manifestata la sua salvezza); la seconda, con la risurrezione e la venuta gloriosa alla fine dei tempi, quando Cristo si rivelerà come nostra vita; la terza, intermedia alle prime due, con la venuta in Spirito e potenza, diventando il Cristo nostro riposo e consolazione. La conversione ha a che fare con questa terza venuta che dalla prima ci guida alla seconda e si rivela al nostro cuore come riposo e consolazione, come Gesù dice di sé: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita” (Mt 11,28-29).

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  2 Re 5,14-17

Dal secondo libro dei Re

In quei giorni, Naamàn [, il comandante dell’esercito del re di Aram,] scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola di Elisèo, uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato [dalla sua lebbra].

Tornò con tutto il seguito  da [Elisèo,] l’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo». Quello disse: «Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò». L’altro insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò.

Allora Naamàn disse: «Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 97 (98)

R. Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.

Cantate al Signore un canto nuovo,

perché ha compiuto meraviglie.

Gli ha dato vittoria la sua destra

e il suo braccio santo. R.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,

agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.

Egli si è ricordato del suo amore,

della sua fedeltà alla casa d’Israele. R.

Tutti i confini della terra hanno veduto

la vittoria del nostro Dio.

Acclami il Signore tutta la terra,

gridate, esultate, cantate inni! R.

Seconda Lettura  2 Tm 2,8-13

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

Figlio mio,

ricòrdati di Gesù Cristo,

risorto dai morti,

discendente di Davide,

come io annuncio nel mio vangelo,

per il quale soffro

fino a portare le catene come un malfattore.

Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.

Questa parola è degna di fede:

Se moriamo con lui, con lui anche vivremo;

se perseveriamo, con lui anche regneremo;

se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà;

se siamo infedeli, lui rimane fedele,

perché non può rinnegare se stesso.

Vangelo  Lc 17,11-19

Dal vangelo secondo Luca

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.

Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.

Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.

Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».