Settimo ciclo
Anno liturgico C (2021-2022)
Tempo Ordinario
XXI Domenica
(21 agosto 2022)
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Is 66,18b-21; Sal 116 (117); Eb 12,5-7.11-13; Lc 13, 22-30
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Nel vangelo di Luca la risposta di Gesù all’inutile domanda se siano pochi coloro che si salvano è collocata in un preciso contesto. Gesù è in cammino verso Gerusalemme dove sarà messo a morte e, passando nei vari villaggi, insegna, illustra cioè il regno di Dio. La domanda verte perciò sull’entrata nel regno di Dio. Nel vangelo di Matteo, invece, è collocata nel discorso sul monte, dopo la proclamazione delle beatitudini. La risposta di Gesù: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno” (Lc 13,24).
‘Sforzatevi’. Non significa semplicemente: costringetevi a volere fortemente, impegnatevi seriamente. Non allude a una specie di compressione interiore. Allude invece alla scoperta del tesoro del regno di Dio, allude al buon combattimento della fede, come dice Paolo nelle sue lettere a Timoteo: “Ho combattuto la buona battaglia” (2Tm 4,7); “combatti la buona battaglia della fede” (1Tm 6,12). Sforzarsi e combattere, in greco, sono espressi dallo stesso verbo. Allude all’orizzonte della fede che fa schiudere il cuore alla grandezza dell’amore di Dio che ci viene incontro. E ci viene incontro proprio in Gesù, l’Inviato nel mondo per farci conoscere l’amore del Padre e riunirci tutti alla stessa mensa. “Sforzatevi”. Acconsentite, cioè, alla forza dello Spirito, come fa pregare l’antica colletta: “… concedi a noi la forza del tuo Spirito, perché unendoci al sacrificio del tuo Figlio, gustiamo il frutto della vera libertà (da noi stessi, dalla curvatura su noi stessi) e la gioia del tuo regno (nel cuore, che vede così compiersi i desideri profondi che cela)”.
Gesù non sta parlando in generale. Mette in guardia coloro che non sanno più leggere la vita in termini di gratuità e misericordia, coloro che rispetto al Regno se ne sentono come in diritto. Tanto è vero che il brano terminerà con il dispiacere di Gesù di non essere accolto, di non essere visto come il sigillo di benevolenza del Padre per i suoi figli, paragonandosi a una chioccia che raduna i suoi pulcini sotto le ali senza però essere ascoltato. E potrei commentare: chi rivendica senza accettare l’agire in benevolenza di Dio per gli ultimi sarà rigettato. Non conoscendo lo spirito del Regno, non lo può riconoscere e non sarà riconosciuto a sua volta, come descrive la parabola di Gesù. Chi vanta qualche privilegio è perché non ha conosciuto la benevolenza di Dio.
In effetti, è Lui la porta stretta che prelude al passaggio della vita, proprio come per un bambino il quale, per nascere, deve passare per la porta stretta. É detta stretta perché ha la preferenza di Dio e non nostra, perché esprime la sapienza che viene dall’alto, che è contraria alla sapienza del mondo di cui siamo impastati; rivela il sentire di Dio, che si oppone al sentire della nostra carne. Rinunciare a ogni desiderio di privilegio o di rivendicazione presso Dio significa passare per la porta stretta. E se il canto al vangelo proclama che Gesù è via, verità e vita (cfr. Gv 14,6), possiamo intendere: non solo il suo insegnamento costituisce la via per arrivare al Padre, ma proprio Lui, la sua persona, è la via che mostra il Padre nella sua benevolenza per noi. Proprio perché lui mostra il volto del Padre in verità e ci introduce nella comunione con la vita sua, che è amore per noi. E se lui costituisce la porta stretta è perché l’illusione della carne la fa da padrona sul nostro cuore, che resta irretito in quello spirito mondano che è il contrario dello spirito evangelico.
La benevolenza del Padre appare grandiosa nella visione del profeta Isaia. Il profeta lascia ai credenti la visione finale del pellegrinaggio escatologico di tutti i popoli a Gerusalemme. Con loro torna anche il popolo di Dio disperso nella diaspora. E – cosa straordinaria! – Dio sceglierà i sacerdoti per il culto non solo tra gli ebrei senza il requisito della discendenza levitica o sadocita, ma anche tra gli stranieri convertiti. Il testo dice: “con le loro opere e i loro propositi. Io verrò a radunare tutti le genti e tutte le lingue” (Is 66,18). Ma secondo un’altra traduzione si dovrebbe leggere: “(Sarò) io, i loro atti e i loro pensieri …”, “Sono io che motiverò i loro atti e i loro pensieri quando verrò a radunare tutte le genti”. Da intendere: quando Dio diventa la fonte di ogni nostro atto e di ogni nostro pensiero, saremo passati attraverso quella porta stretta che conduce al regno della vita. E la strettezza, almeno per il nostro uomo esteriore, è descritta sempre dal profeta: “Su chi volgerò lo sguardo? Sull’umile e su chi ha lo spirito contrito e su chi trema alla mia parola” (Is 66,2). Ma scegliere l’umiltà e il cuore contrito significa scegliere il Signore Gesù, che di sé dice: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11,28-29).
La nascita al Regno è descritta qui da Gesù come un banchetto, per sottolineare il mistero della pienezza e dell’intimità dell’amore che hanno conquistato il cuore. L’immagine ha una valenza escatologica, non tanto però per indicare quello che avverrà alla fine dei tempi, ma per mostrare che quella ‘fine’ dei tempi è venuta a visitare il cuore e a far assaporare la densità dei misteri di Dio nella nostra storia.
La situazione di quelli che si accalcheranno alla porta, ormai chiusa, della sala del banchetto, corrisponde a quella di coloro che cercheranno di difendersi davanti al giudice nel giudizio finale: «Anch’essi allora risponderanno: ‘Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?’» (Mt 25,44). Se rileggiamo l’avvertimento della lettera agli Ebrei: è per la vostra correzione che soffrite, con il parallelo del giudizio universale, la deduzione non può che essere di questo tipo: la correzione riguarda l’opportunità di imparare ad amare. Rispetto all’amore, non conta la provenienza, ma la fedeltà; non contano titoli di nobiltà di nessun genere, ma solo lo ‘sforzarsi’, l’accompagnare il cuore, volente o nolente, al dinamismo dell’amore.
Una bellissima orazione ci fa pregare: “… perché possiamo conformarci in tutto alla tua volontà, rendici forti e generosi nel tuo amore”. Ora, la volontà del Padre è misericordia per i suoi figli e Gesù mostra nella sua persona e nel suo agire la bellezza di questa misericordia che si fa salvezza dei peccatori. Chi si oppone a tale misericordia in nome di qualche altro pur nobile ideale si oppone alla volontà del Padre e non verrà riconosciuto. Il fare la volontà del Padre comporta l’accogliere questa sua misericordia che, estendendosi a tutti, esige che sia condivisa con tutti, pena l’esclusione dalla comunione con il Padre, che è Padre di tutti.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]
Prima Lettura Is 66,18b-21
Dal libro del profeta Isaia
Così dice il Signore:
«Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria.
Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti.
Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore.
Anche tra loro mi prenderò sacerdoti levìti, dice il Signore».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 116 (117)
R. Tutti i popoli vedranno la gloria del Signore.
Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode. R.
Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre. R.
Seconda Lettura Eb 12,5-7.11-13
Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli, avete già dimenticato l’esortazione a voi rivolta come a figli:
«Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore
e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui;
perché il Signore corregge colui che egli ama
e percuote chiunque riconosce come figlio».
È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati.
Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire.
Vangelo Lc 13,22-30
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme.
Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.
Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».