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Settimo ciclo

Anno liturgico C (2021-2022)

Solennità e feste

Pentecoste

(5 giugno 2022)

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At 2, 1-11;  Sal 103 (104);  Rm 8, 8-17;  Gv 14, 15-16. 23b-26

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La liturgia della novena di Pentecoste ha predisposto i cuori a entrare più vivamente nel mistero dell’effusione dello Spirito. Nella settimana è sempre stato proclamato il capitolo 17 del vangelo di Giovanni, il capitolo della solenne preghiera sacerdotale di Gesù nell’ultima cena, nella quale promette l’invio dello Spirito Santo. Gesù prega perché i discepoli siano assunti nella stessa dinamica di intimità con il Padre nel suo amore per noi in modo che venga reso manifesto al mondo la grandezza di quell’amore. Le letture della veglia di Pentecoste illustrano l’azione dello Spirito che Gesù invierà. Con Gn 11, si dichiara che lo Spirito è sigillo delle differenze. Dio vuole l’unità della famiglia umana come unità di comunione nel bene e per il bene perché di lui si proclama: “Lui, che di ognuno ha plasmato il cuore e ne comprende tutte le opere” (Sal 32,15). Con Es 19, è sottolineata l’alleanza, che lo Spirito muove i cuori a onorare, con la confessione del popolo: “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo”, riconfermato più avanti: “Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!»” e “Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto” [faremo e ascolteremo, come legge di intelligenza della parola di Dio] (Es 24,3.7). Con Ez 37, viene presentata l’azione dello Spirito che ridà vita alle ossa inaridite, azione che la preghiera del credente innalza: “crea in me un cuore puro”. E infine con Gl 3, l’effusione dello Spirito riguarda tutti, come invoca il salmo: “mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra”.

Quando, nel giorno di Pentecoste, viene annunciato l’evento della Pentecoste con la lettura degli Atti degli apostoli, è evidente il riferimento al racconto della torre di Babele, dove si voleva un’unità creata da un imperio universale. Non è la forza a unire, ma l’amore. La comparsa delle lingue a Pentecoste proclama appunto: l’opera di Dio unisce tutti gli uomini. E l’opera di Dio è la verità del suo amore per gli uomini che in Gesù si è fatto toccabile. Il miracolo che a Pentecoste acquista una rilevanza fisica tanto che ognuno sente proclamare l’opera di Dio nella sua lingua nativa (= ogni lingua, ogni uomo, nella sua diversità, è chiamato a proclamare la stessa ed unica cosa), è lo stesso miracolo che è operato nei cuori dallo Spirito quando li convince a muoversi nella carità, aprendo la diversità alla comunione e facendo esperienza che così viene proclamato l’amore di Dio che riempie i cuori. Riconoscere, assecondare, favorire tale dinamica, significa aver ricevuto e agire nella potenza dello Spirito Santo.

L’aspetto singolare per i credenti è dato dal fatto che l’impegno della testimonianza, di cui è fatto loro comando, consiste proprio in questa lingua di comunione. La verità che lo Spirito fa conoscere è prima di tutto la verità dello splendore dell’amore di Dio per gli uomini che in Gesù rifulge, ragione per la quale l’unione dei discepoli con il Cristo precede e fonda la carità che sono chiamati a usarsi vicendevolmente. Anzi, quella carità sarà segnale per il mondo, perché testimonia la potenza della presenza del Signore nel mondo.

Il brano evangelico invece ritorna alla descrizione che dello Spirito fa Gesù nel suo parlare ai discepoli nell’imminenza della sua passione: “Ma il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”, espressione che va abbinata all’altra: “lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità” (Gv 16,13). ‘Ogni cosa’ e ‘tutto’ ha a che fare proprio con ‘tutta la verità’, cioè farà sì che tutto sarà vissuto nella logica dell’amore del Padre che Gesù ha manifestato al mondo, amore di cui i discepoli faranno esperienza in ogni situazione. Lo Spirito, ottenutoci dalla passione gloriosa di Gesù, svelerà al nostro cuore il colloquio eterno tra il Padre e il Figlio a proposito della salvezza dell’uomo, il colloquio tra il Padre e il Figlio che vive la sua umanità nell’amore per gli uomini. Tutto questo ‘colloquio’ lo Spirito ha udito e ce ne renderà partecipi. Così conosceremo la verità, vale a dire la grandezza dell’amore di Dio per l’uomo, che in Gesù si è fatto evidente, a noi accessibile, per la fede in lui. La guida dello Spirito è tesa proprio a far sì che nessun evento ci impedisca l’esperienza di questo amore; a far sì che ogni evento ci richiami a vivere la potenza di quell’amore, che nulla può mortificare. È la dimensione spirituale compiuta della nostra vita, il superamento dell’illusione mondana sempre serpeggiante nei nostri cuori.

Il fuoco, di cui si prega “Vieni, santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore”, secondo l’immagine delle lingue che compaiono sulla testa dei discepoli a Pentecoste, esprime appunto la cifra di quel colloquio, la condivisione di un segreto capace di far ardere il cuore. E collegare l’invio dello Spirito alla memoria di Gesù, che compie la volontà di bene per noi di Dio, significa ridare al cuore dell’uomo la percezione della verità del fuoco dell’amore di Dio che a lui arriva tramite Gesù. Se tale è la percezione del cuore, allora non potrà che vivere nell’onda di quell’amore e estenderlo a tutti, fino ai confini della terra. Qui si collega la responsabilità della testimonianza, che non sarà più vissuta tanto come impegno o dovere ma come sovrabbondanza: lo Spirito riempirà di Gesù i cuori fino a che tutta la sua verità risplenda e conquisti, me come tutti. La testimonianza è in funzione di uno splendore, non di un impegno!

Quando Paolo proclama che “l’amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito” (Rm 5,5) si deve intendere: è lo Spirito che ci dà la conoscenza del Signore Gesù, testimone dell’amore del Padre per i suoi figli e ci attira, insieme a Gesù, in quella stessa testimonianza di fronte al mondo. Si tratta di rivelazione per il cuore, non di semplice conoscenza. È un dono accolto, una scoperta inaspettata, una gioia immeritata.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  At 2,1-11

Dagli Atti degli Apostoli

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.

Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 103 (104)

R. Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.

Benedici il Signore, anima mia!

Sei tanto grande, Signore, mio Dio!

Quante sono le tue opere, Signore!

Le hai fatte tutte con saggezza;

la terra è piena delle tue creature. R.

Togli loro il respiro: muoiono,

e ritornano nella loro polvere.

Mandi il tuo spirito, sono creati,

e rinnovi la faccia della terra. R.

Sia per sempre la gloria del Signore;

gioisca il Signore delle sue opere.

A lui sia gradito il mio canto,

io gioirò nel Signore. R.

Seconda Lettura  Rm 8,8-17

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene.

Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.

Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio.

E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.

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SEQUENZA

Vieni, Santo Spirito,

manda a noi dal cielo

un raggio della tua luce.

Vieni, padre dei poveri,

vieni, datore dei doni,

vieni, luce dei cuori.

Consolatore perfetto,

ospite dolce dell’anima,

dolcissimo sollievo.

Nella fatica, riposo,

nella calura, riparo,

nel pianto, conforto.

O luce beatissima,

invadi nell’intimo

il cuore dei tuoi fedeli.

Senza la tua forza,

nulla è nell’uomo,

nulla senza colpa.

Lava ciò che è sórdido,

bagna ciò che è árido,

sana ciò che sánguina.

Piega ciò che è rigido,

scalda ciò che è gelido,

drizza ciò che è sviato.

Dona ai tuoi fedeli,

che solo in te confidano,

i tuoi santi doni.

Dona virtù e premio,

dona morte santa,

dona gioia eterna.

In latino:

Veni, Sancte Spíritus,

et emítte cǽlitus

lucis tuæ rádium.

Veni, pater páuperum,

veni, dator múnerum,

veni, lumen córdium.

Consolátor óptime,

dulcis hospes ánimæ,

dulce refrigérium.

In labóre réquies,

in æstu tempéries,

in fletu solácium.

O lux beatíssima,

reple cordis íntima

tuórum fidélium.

Sine tuo númine,

nihil est in hómine,

nihil est innóxium.

Lava quod est sórdidum,

riga quod est áridum,

sana quod est sáucium.

Flecte quod est rígidum,

fove quod est frígidum,

rege quod est dévium.

Da tuis fidélibus,

in te confidéntibus,

sacrum septenárium.

Da virtútis méritum,

da salútis éxitum,

da perénne gáudium.

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Vangelo  Gv 14,15-16.23b-26

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.

Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».