WORDPDF

Settimo ciclo

Anno liturgico C (2021-2022)

Tempo di Pasqua

VI Domenica di Pasqua

(22 maggio 2022)

___________________________________________________

At 15,1-2.22-29;  Sal 66 (67);  Ap 21,10-14.22-23;  Gv 14,23-29

___________________________________________________

Le parole di Gesù sono la risposta alla domanda di Giuda: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?”. Domanda, che era stata originata dal parlare di Gesù: “Chi accoglie [letteralmente: chi ha] i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv 14,21). Ciò che aveva colpito l’apostolo Giuda era l’accenno alla manifestazione. Pensava che la manifestazione del regno si sarebbe dovuta imporre al mondo nel senso che la potenza di Dio avrebbe stabilito il suo regno vincendo tutti i nemici che fino a quel momento l’avevano avversato. Capisce però che Gesù dice altra cosa e per questo fa la domanda, che è la domanda messianica per eccellenza: come si rivelerà il regno di Dio? Come lo vedremo?

Gesù collega la manifestazione del regno all’esperienza dell’amore. E l’amore, nella spiegazione di Gesù, è colto a partire da una precisa condizione. Bisognerebbe leggere il testo letteralmente per comprendere. Prima Gesù parla del discepolo: ‘chi ha i miei comandamenti’ (e nient’altro che quelli nel cuore) vuol dire che è mosso dall’amore per me. Poi parla di sé: ‘viene il principe del mondo ma in me non ha nulla’ (v. 30). Da intendere: siccome in Gesù c’è solo l’amore del Padre, il demonio non ha alcun diritto su di lui nel senso che può rovesciargli addosso tutto il male che vuole [la passione di Gesù, con tutta la violenza e l’ingiustizia che comporta, è vista come l’azione del demonio che tenta di prevalere], ma senza poterlo deviare dal suo scopo, senza potergli sottrarre quell’amore; al contrario, suo malgrado, farà risplendere davanti a tutti quell’amore affascinando i cuori. Ecco la condizione: avere nel cuore solo il comandamento, vale a dire la parola d’amore del Padre che si riversa su tutto il mondo.

Parlando poi della sua ‘manifestazione’, evidentemente riferita al mistero di salvezza operato da Dio per l’uomo, ne mostra la realtà nel cuore dell’uomo. Così risponde Gesù a Giuda: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. ‘Prendere dimora’ allude al Regno che si manifesta, tanto che si potrebbe tradurre: ‘ci faremo dimora’ presso l’uomo che ha fede in me. Dio si fa casa per l’uomo, Dio si fa sorgente di amore e di vita per l’uomo, Dio si fa abitazione dell’uomo. È il mistero della Presenza! Quello a cui ogni preghiera sincera dell’uomo anela: entrare nella camera segreta dove abita il Signore, entrare nel ‘santo dei santi’ del cuore.

Per questo, quando Giovanni deve descrivere la Gerusalemme celeste, non può che annotare: “In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello”. La gloria di Dio non è che lo splendore del suo amore per i suoi figli e colui che di quello splendore è irradiazione è Gesù, l’Agnello immolato vittorioso. Proprio quel Gesù, morto e risorto, oramai abita nel cuore dei discepoli e l’invio dello Spirito Santo non è finalizzato che a rendere evidente al cuore proprio quell’amore sconfinato di cui Gesù è il testimone per eccellenza. Come di sé aveva detto: “bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco”. La promessa di Gesù è che, come è stato per lui, così sarà per i suoi discepoli.

Quello che risulta forse strano ai nostri occhi, proprio perché noi non abbiamo nel cuore solo i comandamenti di Gesù, è il fatto che la veridicità di quella esperienza in intimità non sia data nella relazione diretta con Gesù, ma nella relazione con il prossimo. In altre parole, la verità dell’amore per Gesù è data dall’osservanza del suo comandamento, che non riguarda lui direttamente, ma i nostri fratelli: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,12). Come ci dicesse: giocate la vostra umanità come me, la vostra umanità sia piena come la mia perché nella nostra umanità una cosa sola è in gioco: la manifestazione della grandezza dell’amore del Padre per i suoi figli. Ecco di cosa deve parlare l’amore vicendevole: dell’eterno, sconfinato, immenso, luminoso, amore di Dio. Ed è per questo che quel comandamento riassume tutti gli altri, perché ogni altro comandamento non costituisce che la condizione perché questo splenda in tutta la sua potenza. Sulle prime non sembra che l’amore vicendevole comporti un tale orizzonte, ma solo perché percepiamo i comandamenti in funzione ‘egoistica’, vale a dire come opera meritoria. Se la dimensione essenziale di Dio, ciò che lo esprime in se stesso e nel suo agire, è amore (s. Giovanni lo dice espressamente: Dio è amore!), allora l’uomo, che è fatto a immagine e somiglianza di Dio, non può essere definito diversamente. La cosa straordinaria che aggiunge Gesù, il Verbo di Dio fatto uomo, è che l’amore venga definito in termini di umanità, la sua umanità. Quel ‘come io vi ho amato’ costituisce l’assoluto riferimento, non come ideale, ma come spazio di rivelazione per il cuore dell’uomo: Dio si vede nel fratello e il fratello occorre vederlo in Dio.

Così, la letizia pasquale, che è per la comunione, si radica appunto nell’azione dello Spirito Santo nei nostri cuori per renderci, con Gesù, testimoni dell’amore del Padre per tutti. Lo proclama il salmo responsoriale: “Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti. Ci benedica Dio e lo temano tutti i confini della terra” (Sal 66/67,6.8). L’ansia di comunione non si placa finché tutti i confini della terra avranno veduto la salvezza del nostro Dio: così è la chiesa, che vive della dinamica pasquale. Ma così è anche il nostro cuore, che attende di essere conquistato dall’amore in tutte le sue pieghe.

***

I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  At 15,1-2.22-29

Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati».

Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.

Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 66 (67)

R. Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,

su di noi faccia splendere il suo volto;

perché si conosca sulla terra la tua via,

la tua salvezza fra tutte le genti. R.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino,

perché tu giudichi i popoli con rettitudine,

governi le nazioni sulla terra. R.

Ti lodino i popoli, o Dio,

ti lodino i popoli tutti.

Ci benedica Dio e lo temano

tutti i confini della terra. R.

Seconda Lettura  Ap 21,10-14.22-23

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.

È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte.

Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.

In essa non vidi alcun tempio:

il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello

sono il suo tempio.

La città non ha bisogno della luce del sole,

né della luce della luna:

la gloria di Dio la illumina

e la sua lampada è l’Agnello.

Vangelo  Gv 14,23-29

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]:

«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.

Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».