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Settimo ciclo

Anno liturgico C (2021-2022)

Tempo Ordinario

V Domenica

(6 febbraio 2022)

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Is 6,1-2a.3-8;  Sal 137 (138);  1Cor 15,1-11;  Lc 5,1-11

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Secondo il racconto dei vangeli, Gesù chiama gli apostoli a seguirlo fin dall’inizio della sua predicazione. Matteo e Marco non si preoccupano di definire la circostanza speciale in cui gli apostoli decidono di seguire Gesù, mentre Luca la descrive bene. In realtà, il gruppo dei primi apostoli conosceva Gesù da tempo, fin dal battesimo di Gesù al Giordano, quando Giovanni Battista li indirizza verso il nuovo profeta. Dopo la morte del Battista, Gesù torna in Galilea, come del resto anche Pietro, Andrea, Giovanni, che erano tornati alle loro case e al loro lavoro e lì comincia a girare per i villaggi annunciando il regno di Dio.

La descrizione di Luca è dettagliata. Si svolge in tre scene. Gesù, pressato dalla gente, chiede di salire sulla barca di Pietro e da lì continua la sua predicazione. Finito, chiede a Pietro di andare al largo con la barca e di gettare le reti per la pesca, che risulta straordinaria. Di fronte al prodigio (Pietro, da provetto pescatore, che aveva faticato tutta la notte senza riuscire a prendere nulla, non poteva che leggere l’evento così!) scatta qualcosa nei cuori da indurre tutti loro, invitati direttamente da Gesù, a lasciare tutto e a seguirlo. Luca è l’unico a sottolineare che i discepoli lasciano tutto per seguire Gesù.

La liturgia di oggi abbina la ‘vocazione’ dei primi apostoli alla ‘vocazione’ del profeta Isaia. Le corrispondenze sono specialissime, se i brani si leggono nel loro contesto. Il profeta aveva già avuto visioni, ma non aveva ancora raccontato in quale visione è scattato qualcosa nel suo cuore da immaginare tutta la sua vita in funzione di un compito ricevuto da Dio stesso. In particolare, nel capitolo precedente, aveva composto un cantico d’amore del Diletto per la sua vigna. In quel contesto di ‘scoperta’ dell’amore immenso di Dio per il suo popolo, avviene la visione della gloria di Dio che lascia il profeta esterrefatto, come annichilito, tanta è la coscienza della sua miseria. Ma sopraggiunge un serafino con il carbone ardente prelevato dal braciere dell’atrio del tempio per poggiarlo sulle sue labbra e purificarlo, vale a dire per farlo sentire in corrispondenza con la santità di Dio, che è tutto amore di misericordia per i suoi figli. A quel punto, di fronte al desiderio impetuoso di Dio di salvare il suo popolo, il profeta non può che proferire sommessamente: “Eccomi, manda me!”. Sarà la stessa parola pronunciata dal Figlio, come richiamata dal salmo, in tutta intimità con il desiderio di Dio di attrarre a sé il suo popolo. È ancora quella parola a risuonare, per ora come segretamente, ma poi sempre più convinta, nel cuore dei primi apostoli con la decisione di ‘lasciarono tutto e lo seguirono’. Il ‘tutto’ lasciato è perché ormai il cuore è tutto occupato dall’invito che si è affacciato alla loro coscienza nelle parole di Gesù: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini”.

La percezione del cuore del profeta, come degli apostoli, nell’accoglienza del compito affidato loro da Dio, risulta intessuta da tre dimensioni concatenate. Quello è il volere del Signore, vale a dire il movimento di salvezza per il suo popolo, scaturito dalla immensità e intensità del suo amore. Il ‘chiamato’ deve essere purificato, vale a dire non potrà più parlare a titolo proprio (nel brano evangelico, il prostrarsi di Pietro alle ginocchia di Gesù, proclamandosi peccatore, ha lo stesso valore del serafino che purifica le labbra del profeta con un carbone ardente. La tradizione ha sempre interpretato questa ‘purificazione’ come il fuoco del pentimento). La missione ha come unico scopo di svelare a tutti quella volontà di salvezza da parte di Dio.

Vorrei fare semplicemente tre sottolineature. La prima. Lasciare tutto per seguire Gesù comporta non semplicemente la rinuncia alla propria vita quotidiana con i suoi affari e le sue preoccupazioni, ma la condivisione di un altro stile di vita quotidiana, un partecipare a un segreto di vita, di cui si subisce il fascino senza ancora sapere dove porterà. La narrazione del vangelo, dal punto di vista degli apostoli, non sarà che la scoperta graduale di quel segreto, la scoperta del fino a che punto quel segreto agirà nel loro cuore, imparando a conoscere e ad incollarsi al loro Maestro. Mi sembra che il punto culminante, almeno per Pietro, di questo ‘lasciare tutto’ per seguire il Maestro, sia descritto da Giovanni alla fine del suo vangelo quando, dopo che Gesù ha fatto confessare a Pietro il suo amore per lui per tre volte, Gesù gli comanda: “Seguimi” (Gv 21,19.22). Non sarà però più un invito, per quanto esigente, ma una realtà: sarà come per il suo Maestro, che ha dato la vita per i suoi amici. Allora Pietro capirà che il ‘lasciare tutto’ significa lasciare anche ogni forma di presunzione, ogni prestigio di potere, ogni tipo di sgabello, sarà un affidarsi generoso all’amore del Signore che lo attira a sé nell’annunciare a tutti la compassione di Dio.

La seconda. La reazione di Pietro davanti all’esito della pesca, dopo che aveva faticato vanamente tutta la notte, è particolarmente significativa: “Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore” (Lc 5,8). Coglie la straordinarietà della situazione; in particolare, coglie la manifestazione della potenza di Gesù rivolta al suo cuore. Gesù ha agito nei termini che un pescatore poteva comprendere e Pietro riconosce l’azione di Dio nella sua vita. Nemmeno sa cosa significa diventare pescatore di uomini, ma sa fin da ora che seguirà il suo Maestro che gli ha parlato così. La verità dei suoi sentimenti è espressa proprio dalla profonda indegnità da cui è travolto. Le sue parole suonano ancora più potenti se ci si immagina la scena. Lui cade ai piedi di Gesù, sulla barca e, mentre gli stringe le gambe, gli dice: allontànati da me! Proprio quando l’uomo si sente totalmente indegno vuol dire che è stato toccato dalla potenza di salvezza di Dio.

La terza. La ‘vocazione’ comporta la missione. E siccome la missione riguarderà la chiamata di tutti gli uomini all’amore di Dio, occorre che l’annuncio provenga da cuori purificati, cioè dove l’amore di Dio ha tolto ogni sapore di contesa e prevaricazione e superiorità. La coscienza della propria miseria, della propria fragilità, dei propri peccati, non solo non insidia la verità della chiamata, ma la esalta perché solo così se ne può conoscere la gratuità e la potenza in quanto viene esaltato l’amore del Signore. Anzi, è l’esperienza della propria indegnità davanti a Dio che garantisce la verità e la gratuità dell’incontro con Lui. Il profeta Isaia vede il Signore e trema, come Pietro, come Paolo. Non è possibile continuare a vivere la vita di prima, rimanere nell’ingiustizia, mantenere un cuore impuro e menzognero, quando ti appare il Signore della gloria e risplende davanti a te la sua santità. Il Signore non convive con la nostra iniquità ma cerca i nostri cuori, cerca di mostrarsi ai nostri cuori. Vedere Lui comporta così vedere la nostra iniquità nell’attimo stesso che viene bruciata dal suo amore. E se davanti a Lui vale l’esperienza della gratuità del suo amore, davanti al prossimo vale la memoria della nostra iniquità, per non ritenersi sopra nessuno, per non rinnegare di nuovo la potenza della sua misericordia, che vale per me come per tutti.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono tratti dal sito della Chiesa Cattolica italiana: chiesacattolica.it]

Prima Lettura  Is 6,1-2a.3-8

Dal libro del profeta Isaìa

Nell’anno in cui morì il re Ozìa, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo:

«Santo, santo, santo il Signore degli eserciti!

Tutta la terra è piena della sua gloria».

Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi:

«Ohimè! Io sono perduto,

perché un uomo dalle labbra impure io sono

e in mezzo a un popolo

dalle labbra impure io abito;

eppure i miei occhi hanno visto

il re, il Signore degli eserciti».

Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse:

«Ecco, questo ha toccato le tue labbra,

perciò è scomparsa la tua colpa

e il tuo peccato è espiato».

Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 137 (138)

R. Cantiamo al Signore, grande è la sua gloria.

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:

hai ascoltato le parole della mia bocca.

Non agli dèi, ma a te voglio cantare,

mi prostro verso il tuo tempio santo. R.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:

hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.

Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,

hai accresciuto in me la forza. R.

Ti renderanno grazie, Signore, tutti i re della terra,

quando ascolteranno le parole della tua bocca.

Canteranno le vie del Signore:

grande è la gloria del Signore! R.

La tua destra mi salva.

Il Signore farà tutto per me.

Signore, il tuo amore è per sempre:

non abbandonare l’opera delle tue mani. R.

Seconda Lettura  1Cor 15,1-11

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Vi proclamo, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano!

A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè

che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture

e che fu sepolto

e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture

e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.

In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.

Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me.

Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.

Vangelo  Lc 5,1-11

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.

Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.

Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».

E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.