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Settimo ciclo

Anno liturgico B (2020-2021)

Solennità e feste

Commemorazione dei defunti

(2 novembre 2021)

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Gb 19,23-27 – Is 25,6-9 – Sap 3,1-9

Sal 26 (27) – 24 (25) – 41 (42)

Rm 5,5-11 – Rm 8,14-23 – Ap 21,1-7

Gv 6,37-40 – Mt 25,31-46 – Mt 5,1-12

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Se ieri, festa di tutti i santi, la chiesa guardava al mistero dell’amore di Dio per l’uomo dal cielo, oggi, commemorazione di tutti i defunti, lo guarda dalla terra. È lo stesso mistero di salvezza celebrato ieri ma contemplato nella logica degli affetti umani, che di quel mistero sono la cifra visibile.

Applico alla celebrazione odierna quello che la Chiesa vive nella sua preghiera eucaristica: “Per mezzo del tuo Figlio, splendore d’eterna gloria, fatto uomo per noi, hai raccolto tutte le genti nell’unità della Chiesa. Con la forza del tuo Spirito continui a radunare in una sola famiglia i popoli della terra, e offri a tutti gli uomini la beata speranza del tuo regno. Così la Chiesa risplende come segno della tua fedeltà all’alleanza promessa e attuata in Gesù Cristo, nostro Signore” (Preghiera eucaristica V/D). Tra l’altro, la preghiera per i defunti “L’eterno riposo” pesca in uno scritto cristiano in aggiunta al libro di Esdra, conosciuto nella sua redazione latina come il quarto libro di Esdra, attribuendo al sacerdote-scriba Esdra la visione profetica delle nazioni che si convertono al Signore a formare il nuovo popolo di Dio. Vedendo i popoli venire alla fede promette loro il riposo messianico nella luce meravigliosa dell’amore di Dio (4Esd 2,34-35).

Fare memoria dei nostri defunti significa alludere a quella forza unificante di Dio che ci raccoglie alla mensa del suo amore, dove tutti siamo invitati. Significa fondare la nostra speranza nel suo amore salvatore e misericordioso, oltre il dolore della separazione. La liturgia di oggi suscita un grande senso di solidarietà umana. Non si tratta solo di tenere viva la memoria dei propri cari, ma di fare esperienza di una solidarietà in umanità che gli affetti sanno custodire. È qualcosa che rivela la percezione di una realtà misteriosa, ma potente, coinvolgente, insopprimibile. La radice la ravviso nel brano del giudizio finale narrato da Matteo, il medesimo brano che viene proclamato anche nella solennità di tutti i santi. Con il suo giudizio il re manifesterà il segreto dell’agire di Dio fin dalla fondazione del mondo, lungo tutta la storia. Manifesterà il segreto sul quale si regge il mondo e che ne costituisce la dignità assoluta: Dio ha voluto farsi solidale con l’umanità a tal punto che chi tocca l’uomo tocca Dio, chi onora l’uomo onora Dio, chi disprezza l’uomo disprezza Dio. Tale segreto rifulge nella vita del Figlio dell’uomo, perché è lui che appare davanti agli occhi di Dio in ogni uomo. In un baleno apparirà tutta la verità dell’uomo e, contemporaneamente, tutta la gloria di Dio, che è gloria di amore per noi. La solidarietà negli affetti parla di questo ‘segreto’ di Dio.

La memoria per i nostri defunti tiene vivo nell’anima questo segreto nella prospettiva della supplica che si riveli loro in tutta la sua potenza, come capace finalmente di dare compimento ai desideri che hanno lavorato la terra dei cuori loro e nostri. Le letture di oggi definiscono i salvati come ‘nel riposo’ di Dio e si prega perché i defunti, coloro che ci hanno preceduto nel regno di Dio, godano il ‘riposo’ di Dio.

Quel ‘riposo’ allude al compimento di un atto di creazione particolare. Nel primo racconto della creazione, nel libro della Genesi, il testo dice che, dopo aver creato tutte le cose: “Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto”. Se i sei giorni precedenti non sono bastati a completare il lavoro, che cosa allora è stato creato il settimo giorno? La ‘menuchà’, la tranquillità, la serenità, la pace e il riposo, rispondono gli antichi rabbini (cf. Gen Rabbà, 10, 9). È lo stato in cui non vi è contesa né lotta, né paura né diffidenza; è felicità, pace e armonia; vita del mondo futuro, vita abbondante, vita eterna. Proprio secondo la promessa di Gesù: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Mt 11,28) e soprattutto “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo” (Mt 25,34).

Con il ricevere il regno che è preparato fin dalla fondazione del mondo, finalmente è svelato il senso del mondo, come la risurrezione di Gesù svela il senso della sua vita e della nostra. Ciò che da sempre ha mosso il cuore di Dio, ora, finalmente, si vede realizzato. In effetti, il riposo allude anzitutto alla condivisione dei sentimenti di Dio, al riposo dell’amore suo che tanta pena si è dato per convincere e conquistare; è il ristoro che segue l’incontro tra il desiderio di Dio e quello dell’uomo. Da far dire al profeta Isaia: “E si dirà in quel giorno: Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza” (Is 25,9).

La particolarità della liturgia di oggi è data dal fatto che la chiesa supplica il suo Signore perché quel riposo sia condiviso da tutti i suoi figli, che intercede presso di lui per tutti loro, fiduciosa nella misericordia immensa di Dio che si è dato pena per i suoi figli, nessuno escluso. La supplica procede dalla fiducia nella promessa di Dio che vuole con sé i suoi figli, ma anche dal desiderio, pieno di speranza, che finalmente potrà avverarsi, come dice Giobbe: “Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro”. Da interpretare anche così: ‘dopo che sarà stata distrutta questa mia pelle, è nella mia carne che contemplerò Dio … i miei occhi lo vedranno e lui non sarà un estraneo’. Se questo desiderio alberga in ogni cuore, la chiesa supplica perché tutti possano vederlo realizzato, possano sentirlo finalmente come la verità del loro cuore.

E le letture tratte da s. Paolo aggiungono che addirittura la nostra stessa carne rifiorirà incorruttibile, addirittura nella nostra stessa carne sperimenteremo l’amore salvatore del Signore che dà la vita. È l’altra caratteristica della liturgia di oggi: la chiesa professa la sua fede nella risurrezione della carne, la sua speranza nella potenza di Dio che esprimerà la vittoria sulla morte nella nostra stessa carne, insieme ai nostri cari.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

S. Messa I

Prima Lettura  Gb  19,1.23-27a

Dal libro di Giobbe

Rispondendo Giobbe prese a dire:

«Oh, se le mie parole si scrivessero,

se si fissassero in un libro,

fossero impresse con stilo di ferro e con piombo,

per sempre s’incidessero sulla roccia!

Io so che il mio redentore è vivo

e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!

Dopo che questa mia pelle sarà strappata via,

senza la mia carne, vedrò Dio.

Io lo vedrò, io stesso,

i miei occhi lo contempleranno e non un altro».

Salmo Responsoriale  dal Salmo 26

Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi.

Il Signore è mia luce e mia salvezza:

di chi avrò timore?

Il Signore è difesa della mia vita:

di chi avrò paura?

Una cosa ho chiesto al Signore,

questa sola io cerco:

abitare nella casa del Signore

tutti i giorni della mia vita,

per contemplare la bellezza del Signore

e ammirare il suo santuario.

Ascolta, Signore, la mia voce.

Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!

Il tuo volto, Signore, io cerco.

Non nascondermi il tuo volto.

Sono certo di contemplare la bontà del Signore

nella terra dei viventi.

Spera nel Signore, sii forte,

si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.

Seconda Lettura  Rm 5,5-11

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.

Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.

Vangelo  Gv 6,37-40

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse alla folla:

«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.

E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.

Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».