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Settimo ciclo

Anno liturgico B (2020-2021)

Tempo Ordinario

XXIII Domenica

(5 settembre 2021)

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Is 35,4-7a;  Sal 145;  Gc 2,1-5;  Mc 7,31-37

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I gesti e le parole di Gesù hanno un’alta valenza simbolica perché toccare gli orecchi e la lingua sono diventati specifici gesti battesimali che ancora oggi sono ripetuti nel rito del battesimo dei bambini. Il rito dell’effeta (dal brano evangelico odierno: effatà, àpriti) con le parole: “Il Signore Gesù che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua parola e di professare la tua fede, a lode e gloria di Dio Padre”, è l’ultimo rito nell’amministrazione del battesimo, dopo l’unzione del sacro crisma, la consegna della veste bianca e del cero acceso. La nuova nascita non può che risolversi nella proclamazione del ‘Padre celeste’ secondo la preghiera insegnataci da Gesù. Si tratta di entrare nella stessa intimità che Gesù ha con il Padre. Al rito dell’effeta segue appunto la proclamazione del Padre nostro. E anticamente, quando i battezzandi erano adulti, la Chiesa si riferiva loro come a bambini piccoli che imparano a parlare. E quale parola si suggerisce loro di dire? “Padre nostro” e non: ’padre mio’, rinunciando così ad ogni dipendenza nei confronti di qualsiasi altro padre terreno e carnale, cioè al diavolo. Proprio in questa rinuncia a una paternità terrena e carnale e nel riconoscimento di avere ormai un unico Padre celeste, si aprono gli orecchi per ascoltare la Parola di vita e si apre la bocca per proclamare la lode di Dio.

La lode finale in bocca alla gente che aveva visto il miracolo suona: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti”. È la lode che sorge spontanea davanti all’agire misericordioso e potente di Gesù. Per rendere meglio il significato di quella lode si potrebbe tradurre: ha fatto tutto in modo bello, in modo buono! L’espressione non può non richiamare la costatazione di Dio nei giorni della creazione. Dopo aver creato i vari esseri, Dio vede che è cosa buona. Per sei volte risuona l’espressione, finché alla fine, dopo aver creato l’uomo, Dio vede che è cosa molto buona. La differenza tra le prime espressioni e l’ultima è data dal fatto che con l’uomo Dio è riconosciuto Creatore, è riconosciuto nella sua Bontà. È l’uomo che raccoglie il senso della lode di tutte le cose per riferirlo a Dio. E quando l’uomo si fa lode di Dio nella sua stessa vita, allora Dio è adorato e glorificato nel suo essere Creatore e Salvatore. Tutto riprende il suo splendore e appare la santità di Dio nel mondo come amore per noi.

Da questo punto di vista, il salmo responsoriale di oggi è espressivo di come Dio vive il suo amore per noi. Gesù stesso se ne attribuisce la descrizione perché, quando i discepoli di Giovanni gli chiedono cosa devono riferire al loro maestro in carcere, dice: “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!” (Mt 11,4-6).  Così Gesù ha vissuto e annunciato il regno di Dio, mediante il lasciar regnare il Padre su di sé e su tutti quelli che lo incontrano. Perché il salmo 145 (146) descrive come Dio manifesta il suo regno sigillando la sua presentazione con l’affermazione: Dio mantiene la fedeltà per sempre, Dio rimane fedele per sempre. L’aspetto straordinario di questa descrizione dell’agire di Dio sta nel fatto che collega creazione e redenzione, riportando sotto un’unica luce tutto il mondo: nelle cose e nell’uomo splende l’amore di Dio che soccorre. Corollario di questa intuizione profonda è il fatto che la perfezione dell’uomo è descritta nel suo diventare lode di Dio nel mondo. La lode sposta il baricentro dell’uomo, non più centrato su di sé, ma tutto teso al suo Signore riconosciuto per l’immensità e la fedeltà del suo amore. Gesù è proprio questo che svela, proprio di questo si fa testimone tra di noi. Tutte le sue parabole parlano di questo. Tutta la sua vita illustra questo. Così la lode della gente non è una semplice annotazione di cronaca, ma diventa indicazione di percorso. La via della perfezione è diventare lode, farsi lode, trasparenza dello splendore dell’amore di Dio per il mondo.

Nella preghiera del Padre nostro, quando invochiamo: ‘venga il tuo regno’, intendiamo: possiamo lasciar regnare su di noi il Padre nel suo amore, come ha regnato sul suo Figlio. Così, nella tradizione, per riassumere il senso del cammino di ascesa verso Dio, che comporta la fioritura in umanità, apertamente si proclama: Cristo regni in noi! La nostra vita diventi manifestazione del regno di Dio che Gesù ha reso visibile e toccabile.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Is 35, 4-7

Dal libro del profeta Isaia

Dite agli smarriti di cuore:

«Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio,

giunge la vendetta, la ricompensa divina.

Egli viene a salvarvi».

Allora si apriranno gli occhi dei ciechi

e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.

Allora lo zoppo salterà come un cervo,

griderà di gioia la lingua del muto,

perché scaturiranno acque nel deserto,

scorreranno torrenti nella steppa.

La terra bruciata diventerà una palude,

il suolo riarso sorgenti d’acqua.

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 145

Loda il Signore, anima mia.

Il Signore rimane fedele per sempre

rende giustizia agli oppressi,

dà il pane agli affamati.

Il Signore libera i prigionieri.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,

il Signore rialza chi è caduto,

il Signore ama i giusti,

il Signore protegge i forestieri.

Egli sostiene l’orfano e la vedova,

ma sconvolge le vie dei malvagi.

Il Signore regna per sempre,

il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.

Seconda Lettura  Gc 2, 1-5

Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali.

Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi?

Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?

Vangelo  Mc 7, 31-37

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.

Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.

E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».